11 settembre 2020

Venezia 77 - Nowhere Special | In Between Dying | Crazy, not insane

Nowhere Special

Uberto Pasolini colpisce e affonda ancora.
Lasciando in una valle di lacrime.
Proprio come in Still Life lo fa con la semplicità e la tenerezza di una storia.
Ispirata alla realtà.
Quella di un padre che sta per morire, che deve decidere a chi affidare il figlio di 4 anni.
Una madre non c'è mai stata, scappata quando il piccolo era ancora in fasce.
John con quel cancro che se lo sta portando via, deve prendere la decisione più importante della sua vita e i servizi sociali, nei panni di una giovane assistente, infrangono protocolli e regole andando con lui di famiglia in famiglia, in cerca di quella giusta.
Ma come capirlo?
Cosa fa di una coppia quella adatta per prendersi cura di Daniel?
Bastano i soldi, la volontà, la simpatia o gli ideali?



Non lo capisce John e rifiuta, passa, senza affrontare l'argomento con suo figlio, nemmeno quello della sua morte.
Le loro giornate fatte di piccola quotidianità, di attività che non stancano ma in cui lo sguardo di Daniel è sempre attento, sono speciali nella loro semplicità.
E ci si strugge con John per il destino amaro che lo aspetta, lo si vede chiudersi in sé, osservare quel mondo, quei ragazzi, che lui non vedrà.
Anche Daniel capisce, ma tace. Imita il padre, nel lavoro di lavavetri, nei passi e nei tatuaggi.
Uberto Pasolini incanta, e porta su schermo una storia piena d'amore. Nowhere special si basa sì sulle parole, sulle realtà che si incontrano, ma ha il pregio maggiore di consegnarci un James Norton da applausi, recalcitrante e vero com'è, e un meraviglioso Daniel Lamont, piccolo protagonista che proprio come il film, ruba il cuore.

In Between Dying

Il rischio che vinca a dispetto del mio giudizio è alto.
Mi limito quindi a dire che sono i film così che non fanno per me, che non sopporto.
Chiusi in loro stessi, che hanno bisogno di una chiave fornita dal regista per leggerli e comprenderli appieno, lasciano fuori lo spettatore.


Lo lasciano brancolare in parole che si ripetono e sembrano poesie, in tappe che sanno di assurdo e contengono invece una vita intera, in un inseguimento che si fa testimonianza.
Cosa vuole dirmi la giornata di Davud passata a scappare perché omicida, seminando morte e redenzione ad ogni sua fermata?
Non lo so e francamente non mi interessa.
Anche se le immagini fatte per lo più di quadri a macchina da presa ferma incantano, quello che cerco dal cinema è altro.

Crazy, not insane

Alex Gibney è un documentarista di successo.
Si interroga su cosa spinga certi esseri umani ad uccidere.
Per rispondere, chiede aiuto alla psichiatra Dorothy Otnow Lewis che indaga da decenni sulle menti di killer e serial killer ed è stata l'ultima persona a parlare con Ted Bundy.


Solo le rivelazioni riguardanti il più famoso fra i serial killer cattura, per il resto, per chi mastica il crime, il documentario di quasi due ore non sembra dire niente di nuovo e procedendo in modo non lineare, la sensazione che se ne potesse fare una serie divisa in episodi, è alta.

2 commenti:

  1. Uh, non sapevo che il film fosse di Pasolini! Allora, dopo Still Life, mi preparo psicologicamente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ri-prepara i fazzoletti!
      Visto di prima mattina con un'intera sala scoppiata in una valle di lacrime. Impossibile trattenersi semplice e bello com'è.

      Elimina