7 settembre 2020

Venezia 77 - The World To Come | Pieces of a Woman

The World to Come

Prendere Ritratto della giovane in fiamme, trasportarlo nell'America del Midwest, nel 1856 per la precisione e metterci dentro due mariti agli antipodi.
Così si ha The World to Come.
In realtà, il film è tratto da un racconto di Jim Shepard e si sente.
L'origine letteraria non è nascosta e così il film si compone quasi interamente di una voce narrante tratta dal diario e dalle lettere di Abigail, della sua vita in una fattoria, della dura vita che ci trascorre con un marito innamorato ma che forse lei non ha mai amato.
C'è stata una figlia, a regalare attimi di idillio.
Poi più niente.
Fino all'arrivo di Tally di suo marito, con un'amicizia che nasce e si trasforma, dando vitalità, slancio, un senso alle lunghe giornate solitarie di Abigail.



Il loro rapporto è fatto di pettegolezzi, ricordi e confidenze private, e se Tally appare tanto libera esteriormente, sicura di sé e coraggiosa, a casa deve vedersela con un marito che la Bibbia la prende alla lettera e pretende e domanda.
Abigail che sembra invece più chiusa, più timida, ha un'intelletto da coltivare e un marito che la ama e la sa capire, pur vivendo con malinconia la loro distanza, la non corrispondenza.
Quello che succede in giorni che su carta sembrano tutti uguali, è la nascita di un amore, di un bisogno, di una passione.
Costruito però fin troppo su quel che Abigail scrive, il risultato appare più piatto e pesante del previsto.
Il film di Mona Fastvold si regge sulle interpretazioni sentite di Vanessa Kirby e Katherine Waterston, con l'aggiunta di Christopher Abbott e di Casey Affleck con la sua solita aria dimessa pure produce.
Senza essere visivamente potente come il Ritratto francese, questa versione americana non regala nemmeno lo stesso coinvolgimento.

Pieces of a Woman

Un'altra Vanessa Kirby in concorso, pure qui alle prese con un lutto di quelli indicibili.
La conosciamo incinta, prossima al parto.
La vediamo e la sentiamo partorire, assistendo ad ogni doglia, ogni dolore, ogni fatica con lei.
Ma qualcosa va storto.
Quella bambina tanto desiderata vive appena un paio di minuti.
Di chi è la colpa?
Di quell'ostetrica sostituta non gradita?


Poco importa a Martha, che si rinchiude in se stessa, non ammette la vicinanza di un compagno che rischia di ricadere nella spirale della dipendenza, e che ci prova a salvarla, a riavvicinarsi.
Ha bisogno di spazio e di tempo, Martha, ha bisogno di capire e di sbattere la testa contro il muro, mentre un processo si fa mediatico, coinvolge l'intera famiglia.
Se la Kirby splende nuovamente calandosi anima e corpo nel personaggio e rendendosi regina di questa Mostra, se Shia LaBeouf conferma il filone d'oro che è tornato a trovare, il film si dilunga e si appesantisce.
Prodotto da Martin Scorses catturato dalla mano di Kornél Mundruczcò, poco aggiunge alla filmografia dedicata ai lutti, facendosi a tratti banale, a volte solo irritante nel modo che ha di mostrare il dolore e il processo per riuscire a conviverci.

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