8 novembre 2023

Anatomia di una Caduta

Andiamo al Cinema

Una baita isolata.
La versione musicale di P. I. M. P. di 50 Cent a volume altissimo.
Un corpo sulla neve.
Quello di padre e di un marito.
È caduto?
È stato spinto?
Quello che si sa è che è stato trovato dal figlio ipovedente e dal suo cane, che la madre, scrittrice, era in casa e non si è accorta di niente.
Dice.
Non l'ha spinto lei.
Non c'ha litigato, nonostante quella musica.
Ma come giustificazioni non bastano e scatta l'arresto.


Come difendersi, allora, da un'accusa che mette una vita sotto esame?
Si prepara la difesa, si cercano prove, esperti, si seminano dubbi 
E se si fosse suicidato?
Parte così una sfida che mette Sandra, scrittrice, sotto i riflettori, con il procuratore dell'accusa a portare anche i suoi romanzi sul banco dei testimoni, con la difesa che cerca di difendersi, anche da nastri che rivelano quello che fra le mura domestiche accadeva.
E che fa, Sandra?
Si attiene alla sua innocenza, non cede. Mantiene la calma, per quanto può.
E quel figlio? Come la vive lui che non sa se sospettare della madre, che confonde ricordi e che ricorda all'improvviso? 
Come farsi un'idea di quello che è davvero successo?


Meglio dirlo subito, non si può.
È un questione di fede, di sensibilità.
Non dà risposte, Justine Triet, mostra i fatti e mostra come questi possono essere distorti.
Analizza minuziosamente un rapporto di coppia dove gli equilibri mancano e ne fa un film processuale teso e che non molla mai.
Poco importa arrivare alla verità, soprattutto se così inafferrabile.
Importa il processo, appunto, per deliberare.
E i rapporti umani che nel mentre si rompono o si rafforzano.


La Francia sembra andare forte in un genere che è spesso relegato alle serie TV e ai podcast, con la passione per i crime a essere un'ossessione per molti, me compresa.
Ma se Venezia ha dato il suo Leone d'argento a Saint Omer, Cannes ha premiato Triet con la Palma d'oro e nonostante la decisione di preferire La Passion de Dodin Bouffant per le polemiche della passionaria regista contro il Presidente Macron, per la corsa agli Oscar è probabile che ci ritroveremo Sandra Hüller tra la rosa delle protagoniste.
Lei, tedesca, chiamata a recitare in inglese e a difendersi in francese, una questione linguistica che ha il suo peso in un film che si basa sulle parole, così tanto da fare di una registrazione la pistola (non troppo) fumante del caso. E il fatto che il testimone chiave sia ipovedente, è la metafora aggiuntiva da sottolineare.
Poi c'è il fascinoso Swann Arlaud, a cui affidare la propria vita, c'è un procuratore odioso che il suo lavoro lo svolge al meglio e c'è soprattutto un cane bravo come Snoop a meritarsi il Palm Dog Award.
In quello che è un film processuale, basato sulle parole, caricato sulle spalle degli attori, in cui ogni sguardo, ogni tic, viene analizzato.


Questione di fede, si diceva.
E se il pensiero corre a The Staircase e alla sua trasposizione seriale vista una caduta e una coppia sotto inchiesta, Triet ha ammesso di essersi ispirata al caso Meredith Kercher/Amanda Knox in una giustizia che non lascia soddisfatti e che alla verità fatica ad arrivare.
Per fortuna, immersi in un'aula di tribunale, isolati in una baita, ad interessare davvero e a tenere avvinti è il processo con cui si cerca di arrivarci.

Voto: ☕☕½/5

2 commenti:

  1. Poco si è detto della validità di una discussione registrata appositamente da uno dei due interessati. Non saremmo tutti noi condizionati? Esegeti magari inconsapevoli di un atteggiamento forzato, magari portato a suscitare o reprimere, comunque interpreti?

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    1. Quella registrazione/pistola fumante è un colpo per l'accusa ma ricordo che la difesa avesse sottolineato il fatto che il litigio poteva essere stato provocato e esagerato proprio dal marito, che stava registrando e voleva materiale. Se registrava spesso, e senza avvisare, non so se la moglie poteva mettere su una maschera, non sembrava. Ma appunto, è sempre questione di fede, della verità a cui credere.

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