Andiamo al Cinema
Chi ci credeva ancora in Ferzan Ozpetek?
Non io, lo devo ammettere.
Viste le sue ultime uscite, lo davo ormai per un regista consegnato al fan service, alla ricerca più della forma che del contenuto, più attento alle case, ai terrazzi, agli abiti e alle canzoni, che alla storia da raccontare.
Chiuso in un suo mondo privilegiato e ricco, dove dar sfoggio di eleganza e di sensualità, ricercando bellocci a piacere, tra un pranzo all'aperto e l'altro.
Insomma, un Almodovar turco-italiano.
Per fortuna, abbandonata questa china, Ferzan Ozpetek è tornato in sé.
Certo, può continuare il gioco alcolico ubriacandosi ad ogni nota di Mina, alla vista di una tavolata apparecchiata e a un modello poco espressivo messo in scena per la gioia dei suoi occhi.
Ma questa volta osa, e c'azzecca, mettendo in scena prima di tutto se stesso, in una versione metacinematografica in cui apparecchiare uno di quei pranzi che sempre abbiamo visto su schermo e immaginato nella sua casa, un pranzo le cui invitate sono attrici con cui ha collaborato, con cui vorrebbe collaborare, a cui propone un film.
Un film che è sempre un Ozpetek all'ennesima potenza, ambientato com'è in una sartoria di Roma, una sartoria i cui clienti sono grandi registi, grandi attrici, grandi produzioni di Cinecittà.
Gestita da due sorelle, dal temperamento e dalle ferite diverse, che devono sostenere ritmi difficili dettati da attrici difficili e la scelta di accettare un nuovo importante cliente che potrebbe decretare la loro svolta.
E poi, ovviamente, ci sono le sarte.
Con il loro carico personale, fatto di amori sbagliati, amori violenti, di libertà conquistata e di ispirazione e abnegazione che in un lavoro tanto manuale quanto artistico, può dare le sue soddisfazioni.
Insomma, il materiale per farne un Ozpetek come si deve, dove mettere in scena la sorellanza, la comunità femminile che diventa fronte comune per amore, per protezione, per un successo non solo personale ma collettivo, c'è tutto.
Ed ecco spiegato com'è che Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi e Milena Vukotic hanno deciso di partecipare a un progetto che sembra andare molto al di là di quello che vediamo, in un'amicizia e in un set condiviso che crea rapporti, prima che storie.
La storia, per fortuna, qui c'è.
C'è e si intreccia con la Roma degli anni '70, la Roma delle proteste e della rinascita del cinema, la Roma in cui la rivoluzione sessuale fa il suo capolino e in cui cercare un equilibrio.
C'è il cinema, soprattutto, in tutto questo.
C'è un lato del cinema che spesso viene snobbato, a cui non sempre si dà valore, che il suo valore lo riconquista, per come un abito riesce a dare forma a un personaggio, una visione, una storia.
In un cast così femminile è difficile decidere a chi dare voce.
Se alla rigida Luisa Ranieri o alla sofferente Jasmine Trinca, se all'ironica Geppi Cucciari o alla solare Nicole Grimaudo, se alla materna Mara Venier o all'ispirata Anna Ferzetti. Questo gruppo di attrici diventa un collettivo, che canta, che balla, che cuce e che si supporta, come è difficile immaginarlo nel mondo del cinema, com'è facile pensarlo nel cinema di Ozpetek.
Immerso nel suo ambiente, nella Roma che ha conosciuto, nelle sartorie che ha frequentato e in quel cinema di dive che non smette di venerare e a cui dedica il film, ritroviamo un regista abbonato ai cliché, che riesce a dare quello che il suo pubblico a lui chiede, questa volta senza abbassare le aspettative.
Una rinascita non scontata, nel segno di un omaggio.
Voto: ☕☕☕/5
Visto a Natale e apprezzato (e io non sono un fan di Ozpetek). Secondo me riesce nell'intento di seguire molte storie chiudendole tutte in maniera soddisfacente. Un po' straniante la presenza degli inserti "reali", forse decisa per mettere in prospettiva le storie più drammatiche.
RispondiEliminaDifettoso, ma di cuore. Una miniserie, anziché un film, avrebbe giovato.
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