28 gennaio 2025

Somebody Somewhere

Mondo Serial

Le classifiche di fine anno sono una benedizione.
Non quando le si deve stilare, cercando di ragionare su posizioni e gradimenti come se questa fosse la cosa più importante del mondo, ma quando si possono consultare quelle degli altri, cercando quel film che ci è sfuggito, quella serie TV che chissà perché non si è visto.
Nel 2024 molti critici americani hanno premiato Somebody Somewhere, una piccola serie TV targata HBO che non avevo mai sentito.
Fatto ancora più grave, era appena terminata, con la terza stagione.
Com'è che non l'avevo mai incrociata, una clip, una menzione da qualche parte?


Siamo a Manhattan, Kansas.
La piccola mela, una cittadina fatta di bar, locali, strade e negozietti e fattorie.
Una paese tranquillo, con una vita tranquilla, dove tutto sembra scorrere senza lasciare il segno.
Da qui se n'era andata Sam, con il sogno di qualcosa di grande, di qualcosa di diverso, in cui sentirsi meno sola.
Torna, e lo fa per una sorella in fase terminale che aleggia come un fantasma, argomento tabù in famiglia, casa da occupare senza cambiare nulla.
E resta, e lo fa per la famiglia che ha bisogno di lei, e per lei stessa.
Che deve ricalibrarsi, senza un lavoro, senza affetti, con le magagne che sono pesate sulle spalle della sorellina minore a passare sulle sue, mentre una madre non nasconde più il suo alcolismo e un padre dalle poche parole va avanti come può.
Ci vorrebbe un amico, e Sam lo trova inaspettatamente in Joel, il ragazzo timido e impacciato, gay per giunta, invisibile a scuola che ritrova senza riconoscere in un lavoro grigio e che la accoglie nella sua community colorata.
In mezzo a chiese di ogni tipo e genere, in mezzo a fattorie e negozi che si danno la sfida, Sam trova Joel e Joel trova Sam, in un'amicizia speciale come ce ne sono poche, soprattutto se partono quando la soglia dei 40 anni è vicina e una famiglia come si deve non c'è più.


Come da titolo, Somebody Somewhere é una serie TV semplice, su quei qualcuno, da qualche parte, con le loro giornate normali, i loro lavori normali, le loro gioie normali e i loro dolori normali.
Niente di speciale, ma speciale è il racconto.
Intimo e divertente, bellissimo nel mostrare come si mettono maschere di sarcasmo per camuffare la paura della solitudine, come si alzano scudi fatti di acidità e frecciatine per non pensare alla propria infelicità, a come si può trovare l'altro e crescere e sentirsi finalmente a casa.
In tre stagioni che toccano tematiche semplici e avanzano a piccoli passi, Sam e Joel e Tricia e Fred e Brad, diventano anche i nostri amici, o quelli che vorremmo avere per tirarci su di morale, capaci di farci compagnia anche nei momenti peggiori seduti sulla tavoletta del cesso.
Bridget Everett che mette molto di sé in Sam, è una sorpresa per chi come me non conosceva la sua carriera di cabarettista, con il suo vocione, la sua esuberanza e le sue ferite, mentre intona Janis o Miley o Shubert, mentre canta e balla e intrattiene a matrimoni o pub o semplicemente in auto, diventa quella stella splendente che ha sempre voluto essere.
Jeff Hiller non è da meno, con l'abbronzante più vistoso, i tic, i sorrisi curiosi è la metà dolce di questa coppia, quella che non ha paura di entrare in contatto con le proprie emozioni e si fa male proprio per questo.


Lo zampino dei fratelli Duplass si sente tutto, il loro cercare storie ordinarie che raccontano qualcosa di straordinario, piccoli cambiamenti, che passano per una sorella che accetta gli altri e se stessa, un padre che ascolta e che continua ad esserci anche se va fuori scena (Mike Hagerty è mancato alla fine della prima stagione, ma continua a farsi sentire come una presenza benevola fino al finale), in un lutto da elaborare che è anche quello verso vite immaginate e la ricerca dell'amore più verso se stessi che verso gli altri.
Ho perso il conto delle lacrime versate e delle risate di cuore fatte in questi 21 episodi.
Tre sole stagioni, brevissime, che decidono di fermarsi sul più bello, senza esagerare, senza pretendere troppo, andando oltre ora che la felicità e un briciolo di stabilità sembra arrivata.
Le speranze per un film, più avanti, ci sono comunque.
Chissà.


Mi sono sentita a casa, a Manhattan, Kansas, mi sono fatta delle sonore sbronze, ho divorato french toast, ho cantato e ballato la zumba, sono stata partner di spionaggio casereccio e spettatrice di concerti leggendari, sono stata invitata a un matrimonio commovente e sono sopravvissuta a un tornado.
Mi sono sentita capita e ho trovato quella speranza che solo le piccole cose speciali sanno regalare.
Come le classifiche di fine anno, quelle degli altri.

Voto: ☕☕☕☕/5

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