18 gennaio 2025

Emilia Pérez

Andiamo al Cinema

Prima delle polemiche, delle barricate e degli slogan, c'è il film.
Che è uno dei più originali di questi tempi.
E che è strano, nella sua natura ibrida sotto ogni aspetto.
Un film francese, di un regista francese, ambientato in Messico e con attrici che messicane non sono.
Un film che parla di gangster e riassegnazione di genere e di corruzione e di amore e lo fa sotto forma di musical.
Un film originale proprio per questo, e strano proprio per questo.
A sottolineare come la Francia con il suo cinema sa osare.
Sempre di più.
Terreno fertile per produzioni che sconfinano e toccano Hollywood, capace di sostenersi con le grandi e piccole commedie che affollano i cinema da siure, ma anche di zampate di grandi registe e registi che incantano i Festival, li vincono, e poi arrivano alla stagione dei premi a fare incetta.
Jaques Audiard non è nuovo alle luci della ribalta, ai grandi premi e alle scelte fantasiose.
Tra drammi e amore, migranti e western, ora si dà al musical.


Dopo The Substance, Emilia Pérez quindi.
Che prima si chiamava Manitas Del Monte, boss di un cartello da cui vuole uscire, che assolda l'avvocato Rita Mora Castro per trovare il chirurgo giusto, per gestire le carte, l'esilio delle famiglia e infine il grande ritorno.
Per lei, finalmente un corpo in cui riconoscersi, per Rita la possibilità di far valere quella testa che difende troppo spesso i colpevoli e la possibilità di cambiare vita e vedere il mondo.
Ritrovarsi comporta però una presa di coscienza, su quella famiglia abbandonata che forse non appartiene nemmeno più, e sulle colpe che ci si porta appresso, omicidi e desaparecidos, tombe da scavare e assegnare.


Originale e strano, per una storia messicana, sì, ma raccontata da un francese e interpretata da una dominicana, una spagnola e un'americana, e prevedibilmente ricca di cliché che però reggono.
Nel loro essere cliché voluti e nel loro rappresentare senza bisogno di dover scavare ancora, che l'immaginario, purtroppo, è quello ed è universale.
Ci sono le canzoni e i momenti musical, allora, ad alzare l'asticella verso l'originalità e lo strano.
Canzoni pop, punk, rap e melodiche, balletti scatenati e sfondamenti della quarta parete, in cui Zoe Saldaña dà il meglio di sé meritandosi quella luce che la computer grafica le nega da tempo in Avatar, relegando Karla Sofía Gascón al ruolo di comprimaria dalle note più dimesse. Dimessa e arrabbiata, sexy e vendicativa, è la sua Rita Moreno, la luce di Emilia Pérez, quanto a Selena Gomez, dalla filmografia invidiabile, ha conquistato una nomination ai Golden Globe francamente imbarazzante come il suo spagnolo, come il suo ruolo, come le canzoni poco accattivanti che le sono state assegnate. Niente per cui brillare, se non una capacità di azzeccare titoli e collaborazioni da invidia.
La nota di merito va quindi a Camille che assieme a  Clément Ducol, riesce a mettere in musica arringhe di tribunali e listini chirurgici, lettere d'amore e inni di vendetta, con El Mal a elevarsi e a essere la probabile candidata finale agli Oscar.


E le polemiche?
Aiuteranno il film nella promozione, ma possiamo tenerle a bada, per piacere?
E le aspettative?
Purtroppo, sono da ridimensionare, perché pur nella sua originalità dirompente, nella sua stranezza straniante, Emilia Pérez manca il centro proprio sul finale.
Dopo aver costruito un film epopea, un viaggio di andata e di ritorno passando per la Svizzera e per Londra in un doppio giro di coscienza, si arriva a una resa dei conti più frettolosa del dovuto, più sanguinolenta del necessario, che azzoppa una sceneggiatura che non stava sbavando.
In tempi in cui tanto ci si lamenta di minutaggi fiume, i 132 minuti sembrano troppo brevi per raccontare a dovere la storia di Emilia e di Rita e di Jessi.
Le loro decisioni avventate bruciano in fretta lasciando storditi e alla ricerca del giusto ritmo in un musical originale e strano, teatrale e vivo, da cui mi aspettavo qualcosa di più.

Voto: ☕☕/5

2 commenti:

  1. Io, invece, adorato. Ho trovato elettrizzante il modo in cui Audiard, ultra settantenne, sia sempre capace di essere così nuovo, vitale, mutaforma. El mal nella mia testa da giorni!

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  2. Il finale in effetti se lo potevano giocare meglio, però nel complesso c'ho trovato tanta, tantissima roba buona al suo interno :)

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