#LaPromessa2025
Se Wicked era stata la sorpresa che aveva chiuso l'anno, mi sembrava giusto inaugurare la nuova Promessa partendo da Il Mago di Oz.
L'originale, quello datato 1939, considerato tale nonostante fosse già l'ottavo adattamento del romanzo di L. Frank Baum, il terzo in sonoro ma quello che ne ha definitivamente confermato l'immaginario.
Pur essendo basato solo sul primo dei 13 romanzi che compongono la saga che chissà come prosegue visto che tra citazioni e omaggi, la storia di Dorothy, di un leone senza coraggio, di uno spaventapasseri senza cervello e di un uomo di latta senza cuore, l'abbiamo vista in tutte le salse. Ma sempre quella.
Mi ero dimenticata, poi, di averla già vista nella salsa targata Victor Fleming, prima di passare nel giro di pochi mesi a un racconto più serio come Via col Vento. Come sia riuscito a gestire due grandi produzioni così nello stesso anno, resta per me un mistero degno di ogni applauso.
Ma dicevo, io da bambina mi limitavo al vedere qualche spezzone dei suoi filmoni che già avevano più di 50 anni. In una delle tante repliche TV, l'avevo sicuramente sfiorato ma ero riuscita a dimenticare la fifa che quel leone umanoide e quello spaventapasseri sogghignante mi avevano provocato.
Un film per bambini così, come lo si affrontava?
Con gli occhi d'adulta, è invece proprio il reparto del trucco e degli effetti speciali ad avermi stregato.
Spiace per Buddy Ebsen, attore allergico ai metalli che nei panni dell'uomo di latta si è ritrovato ricoverato in ospedale e privato della parte a favore di Jack Haley, ma nel loro essere artigianali, trucchi, costumi e effetti, hanno del portentoso. Alla faccia di computer e intelligenza artificiale, qui le senti le menti in azione per cercare di rendere un tornado verosimile, non riesci a contare le comparse composte da bambini e persone affette da nanismo che compongono la folla ciarliera dei Mastichini, cerchi di capire com'è che quel trucco resiste a cadute e voli e scontri. Le vedi le montagne di cartapesta, gli sfondi dipinti, applaudi pure un canetto perfetto come Toto.
Erano altri tempi, ma erano tempi decisamente magici.
Erano tempi in cui però i ritmi erano precisi e intransigenti, così tanto da spossare una Judy Garland con un vocione notevole, che dopo varie apparizioni viene consacrata ufficialmente alla tenera età di 16 anni.
E pensare che Somewhere Over the Rainbow, canzone che arriva davvero in fretta, quando siamo ancora in un Kansas color seppia minacciato da un tornado, rallenta effettivamente il ritmo del film, fortuna che Mervin LeRoy si è battuto per lasciarla lì dov'è regalandoci cover su cover su cover. Anche se, conoscendo Hollywood, mica la si sarebbe buttata, sarebbe stata riciclata in un altro film cambiando forse la storia, forse no, come già per le altre canzoni di questo film che si basano su arie già passate a Broadway.
Di certo, resta la migliore fra le tanti presenti in questo musical in cui ogni personaggio ha la sua parte da cantare, in un'avventura che riesce a essere nuova nonostante le mille salse già viste. Quella di Futurama resta per me fra le migliori.
Dicevamo, per quelli che non hanno mai acceso uno schermo: abbiamo Dorothy, che non vuole vedere soppresso il suo amato cagnolino Toto, incompresa da zii impegnati nella loro fattoria, abbiamo un Mondo di Oz in cui precipitare uccidendo sul colpo la temibile Strega dell'Est, con quella dell'Ovest a giurarle vendetta (e siamo già a due minacce di morte e un'uccisione in appena un quarto d'ora di film per famiglie), abbiamo uno spaventapasseri e un uomo di latta e un leone e Dorothy, appunto, sulla via dei mattoni gialli a cercare l'udienza del mago di Oz, ognuno per veder realizzato il suo desiderio.
Questa, la storia che sempre si conosce.
Un continuo do ut des, ovviamente, e uno scontro inevitabile con quella strega che ha le fattezze non certo generose di Margaret Hamilton, capace di soprassedere alla richiesta del regista di partecipare al casting, proposta non certo lusinghiera visto che si ricercava una megera tutt'altro che affascinante.
E infine abbiamo la grande rivelazione, il grande dubbio su quel mago più umano e meno magico, e un finale stranamente aperto ad un sequel che non arriverà mai.
Nonostante il successo, la fama, conquistata da Judy e dal film.
Wikipedia mi informa che mi sbaglio, che ci ha provato la Disney nel 1985, con Nel fantastico mondo di Oz impegnato ad adattare il secondo e terzo romanzo della saga, ma chi lo ricorda davvero nonostante l'Oscar conquistato guarda caso per gli effetti speciali?
Sarà che la struttura di questo primo romanzo e di questo primo film è perfetta così com'è da poter passare all'eternità, sarà che in un'industria cinematografica un soggetto simile in una realizzazione che non bada a spese e che mostra tutto il sapiente uso artigianale di set e scenografie, trucchi e parrucchi, basta a mostrare il mondo di Oz al suo meglio, tanto che Wicked, con i suoi effetti speciali di green screen e di fotografia ritoccata in quella saturazione densa tipica dei live action Disney che sono il mio tallone d'Achille, riesce a risultare più potente -semplicemente perché più attuale e pop- ma allo stesso tempo meno magico.
La bambina che è in me è guarita dalla paura di leoni e spaventapasseri umanoidi e posticci, l'adulta è incantata per quanto sapeva essere speciale Hollywood nel pieno della sua industria.
Capace di rendere semplice un film in realtà così laborioso, capace di far sentire la magia di un mondo sconosciuto.
Ah, quanti ricordi!
RispondiEliminaNessuno però è associato alla paura :)
Già da bambino mi aveva sorpreso: immaginavo fosse una cacchiata clamorosa, e invece proprio no