Mondo Serial
È uno di quei registi che non sa stare fermo, Steven Soderberg.
E che ama sperimentare.
Dopo aver girato un film con IPhone o nel mezzo di una crociera transatlantica dopo essere riuscito a realizzarne un altro in piena pandemia, a pochi giorni di distanza se n'è uscito non con una, ma con due miniserie.
Command Z
Uscita a sorpresa, disponibile solo nel sito dedicato e con un "biglietto" di ingresso destinato alla beneficienza, Command Z è una serie che vince facile con me. Che mi perdo in viaggi nel tempo, paradossi temporali, sfide e un cast striminzito raccolto in unica stanza.
Siamo in un futuro imprecisato, e un ricco magnate decide di voler salvare il mondo, ormai sommerso e tossico grazie a tre semplici impiegati che hanno il compito di tornare indietro nel tempo e con piccole e astute mosse far cambiare idea a influenti personalità del 2023 che potrebbero così sistemare l'emergenza climatica.
Non fisicamente, però, ma entrando nelle loro teste e nei loro pensieri, influenzandoli.
Da CEO a semplici influencer, da bambini a, ovviamente, quel magnate di cui sopra, piccole e semplici parole portano a... piccoli risultati, che possono però cambiare il futuro. O forse il presente.
Si gioca con le attese, con i personaggi, in brevissimi episodi strutturati allo stesso modo e che fanno emergere le diverse personalità dei tre coinvolti: l'entusiasta JJ Maley, il saggio Roy Wood Jr., la sarcastica Chloe Radcliffe, guidati da un Michael Cera che non si prende sul serio ed è la summa di quei magnati che imperano oggi, ben rappresentati anche da un Liev Schreiber che si becca il monologo migliore.
Alla fine di ogni episodi, Soderbergh consiglia altri titoli per approfondire vuoi l'energia nucleare, i viaggi nel tempo o anche il rapporto con i cani, a dimostrazione che non si prende sul serio nemmeno lui pur credendo possibile un cambiamento ai vertici di chi sta aiutando a distruggere il nostro pianeta.
Divertente e divertito ma comunque serio, ricorda Safety Not Guaranteed che sarebbe ora di rivedere per cambiare idea, senza bisogno che qualcuno mi entri in testa.
Full Circle
Il cerchio da chiudere è complicato.
Di mezzo c'è un rapimento, una vendetta, un tradimento, una denuncia passata, una speculazione e edilizia e pure un omicidio.
Coinvolte una ricca famiglia newyorchese, la criminalità guianese, la polizia che indaga.
Partiamo dall'inizio, da un rapimento da portare a termine come parte di un rito che possa scacciare il malocchio.
Il rapimento ai danni di quella famiglia newyorchese ad opera della criminalità guianese su cui si troverà ad indagare una poliziotta postale, affiancata poi dall'FBI.
Tutto dovrebbe filare liscio se solo alcuni giovani guianesi arruolati per la missione non cambiassero idea decidendo di salvare il ragazzo, e soprattutto se il ragazzo rapito fosse quello giusto.
Che fare, allora, da genitori ricattati e nel panico se si trova il proprio figlio sano e salvo?
Cosa può succedere, poi, con le indagini che vanno avanti, i doppi giochi che rischiano di crollare e i segreti passati di emergere?
È un bel guazzabuglio questo Full Circle.
E quando i nodi si sciolgono, resta anche poco.
Un peccato per gli attori coinvolti, con Zazie Beetz a tenere tutti in riga e a reggere le scoperte da fare, con la coppia mal assortita formata da Claire Danes e Timothy Olyphant che gioca in solitaria, con i giovani attori Adia, Sheyi Cole e Gerald Jones ad avere gli unici cuori ben piazzati.
Se l'episodio pilota piazza un colpo di scena finale che alza l'attenzione, man mano che tutto si ingarbuglia con piccoli passi rivelatori da fare mentre c'è chi scappa dalla verità o dalla vendetta, Soderbergh sembra perdere in sicurezza, perdere pezzi in una miniserie che avrebbe funzionato se asciugata di qualche personaggio, di qualche scambio.
Tutto è connesso, il cerchio che chiude la vicenda non protegge nessuno dei coinvolti e purtroppo nemmeno il risultato finale.
Grandi nomi, buona idea, cerchio imperfetto.
Voto: ☕☕½/5
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