Andiamo al Cinema
Vorrei dire che a convincermi a recuperare film su Paddington è stata l'ultima vacanza a Londra in cui la metro di riferimento era proprio quella in cui l'orsetto arrivava dal Perù per finire adottato dalla famiglia Brown.
Vorrei dire che è stato anche grazie a un prode e gioioso aiutante della metro, che la Circle Line non capirò mai in che direzione prenderla, con il suo dirmi felice di salutarlo, Paddington se mi fosse capitato di incrociarlo.
Vorrei dire che sono stati i peluche in ogni dove, i gadget e le statue fuori da quella metro, ma invece se con 10 anni di ritardo, sotto Natale e in attesa di questo terzo capitolo ho finalmente visto i primi due di una saga che spero non finisca mai, di un orso pasticcione e della Londra colorata in cui finisce a vivere, dicevo, se li ho recuperati è solo merito di Nicolas Cage.
Meglio, di Pedro Pascal, che a sua volta nei panni di Javi ne Il Talento di Mr. C ha convinto il Nicolas Cage metacinematografico a vedere il capitolo numero 2, a piangere ogni sua lacrima e a voler essere una persona migliore.
Com'è andata con me?
Ho pianto ogni mia lacrima e ho sentito la spinta a voler essere una persona migliore.
I film di Natale, quando per tutta la famiglia, quando leziosi e buonisti rischiano di essere… beh, troppo leziosi e troppo buonisti.
Urticanti per chi un po' cinico lo è.
Temevo questo effetto e probabilmente nel 2014 e nel 2017 avevo evitato di andare al cinema proprio per questo, e pensare che su Rotten Tomatoes aveva battuto il punteggio di un certo Quarto Potere.
Che errore!
Perché per quanto a portata di tutti, per quanto leziose e buoniste le avventure di un orso che arriva a Londra cercando una nuova casa dopo un terremoto devastante e con una zia troppo vecchia per prendersene cura, incontrando la famiglia Brown fatta di personaggi così caratterizzati che sembra di conoscerli da sempre.
Una madre artistoide, un padre assicuratore burbero e spaventato dal mondo e dei figli divisi da questi spiriti opposti, più una nonna tuttofare e avventurosa.
Mettici poi la colorata via di Windsor Gardens, con le sue case da invidia e i suoi vicini un po' ficcanaso e un po' amichevoli, mettici il cattivo della situazione che è prima una curatrice di museo perfida come Nicole Kidman e poi un attore vanesio come Hugh Grant, e hai due capitoli ricchi di avventure, di pasticci da risolvere, di inseguimenti al cardiopalma e di sguardi che fanno capire quando si ha torto.
Combinando guai in giro per Londra cercando un fantomatico esploratore o in un carcere cercando prove d'innocenza, ho riso e ho pianto, a più riprese.
Scena preferita? Quella nel bagno del primo capitolo.
Colpo di scena migliore? Quello di un cuoco in carcere che si dà alla marmellata d'arance.
E le lacrime?
Versate qua e là sono scese copiose fino a sfigurarmi nel finale del secondo capitolo, lì dove l'amore che Paddington ha saputo regalare, torna indietro.
Temevo quindi un terzo capitolo in Perù come si temono sempre i seguiti.
Si sarà mica dato alla testa, Paddington?
Vorrà mica sfruttare il suo charme per un'avventura fuori canone, un fanservice precotto che poco aggiunge di nuovo?
Per fortuna, no.
Sono passati 8 anni in fondo perché una macchina quelle grandi produzioni inglesi si rimettesse in moto e l'ha fatto con calma, senza sentire la pressione per un altro capitolo e un altro, subito!, ma prendendosi il suo tempo per trovare la storia migliore e il modo migliore di raccontarla.
È un capitolo diverso, questo terzo, che fuori dall'Inghilterra guadagna molto in azione, ma non troppo nonostante gli inseguimenti, i doppi giochi, una foresta in cui perdersi, un fiume in cui sopravvivere e una El Dorado da trovare.
Ma in questo Perù che per la famiglia Brown significa tornare a stare insieme ora che l'adolescenza li divide e un tornare a casa ora che Paddington è ufficialmente cittadino inglese, c'è come sempre spazio per i buoni sentimenti e soprattutto per una produzione a cinque stelle.
Ci sono rimasta male nello scoprire che il Perù intero è stato ricostruito nelle campagne inglesi, ma allo stesso tempo mi sono riempita gli occhi di magia nel cercare di capire quanto lavoro e quanto impegno c'è dietro per essere riusciti a renderlo così credibile.
Anche se i figli sono cresciuti, anche se la madre è cambiata (Emily Mortimer sostituisce degnamente Sally Hawkins, tanto che non mi sono accorta del cambio fino alla fine, grazie memoria di ferro!), anche se i cattivi della storia sono piuttosto scontati tra un Antonio Banderas con i suoi avi con la febbre dell'oro e la suora sorridente e sospettosa di Olivia Colman, anche se non sono una fan delle scene d'azione e qui ce ne sono di lunghissime fra città sperdute della foresta Amazzonica, mi sono divertita, ho pianto, mi sono sciolta in mille lacrime.
Scena più divertente? Il canto delle suore in stile The Sound of Music.
Colpo di scena migliore? Il coraggio di Hugh Bonneville.
E le lacrime?
Sono arrivate come sempre in un finale che sorprende, in una morale non scontata.
Il potere è tutto in questo orsetto creato digitalmente in modo perfetto, nei suoi occhioni che vedono il buono in tutto e in tutti, e che il buono richiedono, nella voce tenerissima di Ben Whishaw a doppiarlo e infine in un messaggio inclusivo che il film riesce a far arrivare senza essere né lezioso né buonista.
In fondo Paddington era stato creato proprio per questo da Michael Bond, per accudire i più piccoli, per farli sentire accolti anche se si sentivano diversi, in minoranza, confusi dal mondo dei grandi e magari anche da una città caotica.
Ma anche il 3! |
Paddington me l'ha fatta un'altra volta, ha tirato fuori il meglio di me e la me bambina, mi ha fatto venir voglia di essere una persona migliore e di spingere più persone possibili a scoprire la sua magia.
Grazie Nicolas, grazie Pedro, grazie gioioso aiutante della metro. Se un giorno lo incrocerai davvero quest'orsetto a spasso per Londra, ringrazialo da parte mia!
Voto alla Saga: ☕☕☕☕½/5
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