1 marzo 2025

I Ragazzi della Nickel

Andiamo al Cinema su PrimeVideo

Quand'ero molto più giovane mi ero chiesta com'è che nessuno avesse mai pensato di girare un film dalla prospettiva del protagonista.
C'era qualche scena, qualche momento buffo nei telefilm o nei film horror, ma un intero film?
Mi ha risposto qualche anno dopo il professore di Storia di Cinema all'Università, con il flop che ha rappresentato Lady in the Lake nel 1947 e quello straniamento a cui lo spettatore non è abituato, soprattutto se portato avanti per un intero film.
Un punto di vista diverso, difficile, una sfida per il regista, gli attori e la produzione, e per il pubblico. Non a caso, nemmeno nei romanzi l'io è così amato, come narratore.
Ribalta la situazione, a sorpresa, RaMell Ross che decide di adattare il romanzo premio Pulitzer di Colson Whitehead I ragazzi della Nickel e di raccontarlo dal punto di vista dei due protagonisti.


Quello di Elwood, nipote modello, studioso serio e appassionato che nella Florida degli anni '60 riesce ad avere una possibilità con dei corsi gratuiti al college per vedere presto ribaltata la sua intera vita con un'accusa ingiusta e la condanna da scontare al riformatorio Nickel.
E quello di Turner, che il riformatorio sa come viene gestito, conosce le pene ulteriori, le sevizie, i soprusi e come starci alla larga, sognando la fuga e la libertà.
I due diventano amici, si fanno coraggio e si sostengono e la pensano diversamente: tanto Turner sogna di andarsene e lasciarsi tutto e tutti alle spalle, quanto Elwood sente il senso di ingiustizie che li circonda e forte delle parole di Martin Luther King segna quel tutto e quei tutti per esporli e denunciarli.
È una storia forte e dolorosa, una storia immersa nella Storia americana e che è anche un storia vera.
Whitehead si è basato sulla Dozier School for Boys e sugli anni di dicerie nei suoi confronti, fino all'apertura di un'inchiesta nel 2010 e la scoperta di centinaia di tombe senza nome in cui i minorenni -per lo più di origine afroamericana- sono stati seppelliti in segreto.


Una storia che Colson Whitehead ha scritto all'indomani della prima presidenza Trump, consapevole di non poter passare ad argomenti più leggeri dopo The Undeground Railroad, a sua volta diventato una serie TV.
RaMell Ross riprende questa urgenza ancora non pericolosa per l'Academy, e ci cala in tutti i modi nei panni di Elwood e di Turner, ci fa provare che significa avere quel colore della pelle, che significa sentirsi un mirino sulla schiena e che significa cercare di evitare sguardi, punizioni, di essere scoperti o visti.
Un esercizio di stile non fine a se stesso ma allo stesso tempo non facile da sostenere.
Ci vuole pazienza, ci vuole tempo per abituarsi, e così la durata che sfiora i 140 minuti è pensata sia per dare respiro a una storia che fa un salto di vent'anni, lasciando qua e là indizi sul futuro e aperture sull'inchiesta in corso, ma anche per consentire al pubblico di entrare in questo modo così diverso nella storia.
E per una volta, il fatto che sia arrivato direttamente in streaming aiuta, su schermo la sfida sarebbe stata forse più difficile, con il formato in 4:3 a stringere ancora di più lo schermo.


Il lavoro di Ethan Herisse e Brandon Wilson è quindi diverso dagli altri attori arrivati alla nomination agli Oscar, fatto di interazione con la macchina da presa e sostituzione ad essa.
Li vediamo con gli occhi l'uno e dell'altro, e dentro riflessi a cui fare caso.
Viviamo e assistiamo alla doppia vita di Elwood e di Turner, in una Florida che non perdona e non aiuta, in un'America che chiude gli occhi.
Serviva uno scossone, servivano due personaggi con l'innocenza e la sbruffonaggine dei giovani assetati di libertà e di giustizia e anche se il film chiede, ripaga in un montaggio finale che fa male, che dà risposte, che rende ancora più intensa la visione. L'esperienza.

Voto: ☕☕☕/5

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