Lydia Tár è una direttrice d'orchestra di straordinario successo.
Geniale e talentuosa, elegante e sofisticata, critica apertamente il politicamente corretto che rivisita la storia di autori e artisti.
La sua vita è fatta di conferenze e interviste, un'autobiografia da promuovere, una registrazione da portare a termine e quindi prove e ripensamenti con l'Orchestra di Berlino dove la moglie è primo violino.
Udito sopraffino, la tormentano le minacce di una stagista con cui ha avuto una relazione.
Minacce che si trasformano in invasioni domestiche, in piccoli cambiamenti e in piccoli rumori che sola nota.
La sua fine è vicina?
La sua sicurezza può essere incrinata?
Diciamolo, come ha detto già Todd Field, Tár non avrebbe potuto esserci senza Cate Blanchett, che dimostra ancora una volta tutto il suo talento, tutta la sua bravura, calandosi in modo perfetto nei panni elegantissimi di una compositrice e direttrice che vive di musica, e che la sa raccontare così bene, dal carattere spigoloso e dalla personalità ingombrante.
La stessa regia è musicale, limitando il montaggio, puntando su lunghe scene che sottolineano la bravura e la bellezza di Cate in un mondo fatto di raffinatezza e lusso.
Si dà ritmo, quindi, dopo un inizio alla rovescia che non trova spiegazioni, si entra nella musica classica e nel suo mondo, e si aiuta a mantenere l'attenzione desta per la lunghezza fiume di 158 minuti.
Tár, come la sua protagonista, è un film appassionato e freddo allo stesso tempo, un film ancorato al passato ma che deve fare i conti con il pensiero sociale di oggi.
La caduta si fa inevitabile, ma è allo stesso tempo l'ascesa che porterà sicuri premi a un'attrice innegabilmente di un'altra fattura.
Quindi Cate Blanchett si prenota già il suo terzo Oscar?
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