10 settembre 2022

Venezia 79 - Il Leone di Caffè

Signori, è record.
Quest'anno non ho badato a spese, e con la somma notevole di 46 film visti in 10 giorni, posso dire di aver passato più ore in sala che al sole.
Una follia?
Forse, ma quando il programma è così denso, quando i bei film superano le perdite di tempo, posso anche dire che ne valeva la pena.


Ora è arrivato il momento di mettere ordine a giornate che si confondono e che un sistema di prenotazione inizialmente macchinoso, ha finito per rendere meno stressanti e più facili da gestire.

Andiamo a scoprire Il Leone di Caffè di quest'anno, via con la classifica:


I NO

46.
Padre Pio 
di Abel Ferrara


In 10 anni di Mostra non ero mai uscita da una sala, al massimo, mi ero addormentata.
Ma la povertà della realizzazione e un Shia LaBeouf più gangster che santo nelle sue imprecazioni, 
mi hanno fatto prendere e alzare.


45.
Call of God 
di Kim Ki-duk


L'ultimo film di un grande regista che assomiglia però a una soap-opera priva di sostanza e di idee.
Imbarazzante.
44. 
Chiara 
di Susanna Nicchiarelli


Una fiction Rai che cerca di essere pop con soluzioni che fanno alzare gli occhi al cielo.


43. 
Dead for a Dollar 
di Walter Hill


Un altro grande regista che in povertà di fondi gira un western piatto e privo di ogni originalità.

42. 
Siccità 
di Paolo Virzì


Virzì è tornato, ma la sua storia corale che fonde i mostri generati da pandemia e cambiamento climatico è un film vecchio ancor prima di uscire.
Il finale, insensato e inconcludente, è la ciliegina sulla torta.


41. 
Master Gardener 
di Paul Schrader


Il Leone d'oro alla carriera di quest'anno, porta fuori concorso un film che è la copia di sé stesso e dei suoi più riusciti titoli.

40. 
Un Couple 
di Frederick Wiseman


Frederick Wiseman a 92 anni esordisce nella finzione.
Anche se, questo monologo di 60 minuti, sembra più teatro registrato che cinema.


39.
Godard Seul Le Cinema 
di Cyril Leuthy


Godard stesso non avrebbe gradito questo documentario didascalico e cronologico che racconta la sua carriera sperimentale.

38. 
Desperate Souls, Dark City and the Legend of Midnight Cowboy
di Nancy Buirski



L'unico pregio di questo documentario non troppo ispirato?
L'avermi spinto a recuperare Midnight Cowboy.

I QUASI

37.
Don't Worry Darling 
di Olivia Wilde


Se si parla più delle scaramucce dietro le quinte che del film in sé, già si capisce che il film non è niente di che.
Tutti bravi e tutti belli, ma l'originalità non è di casa.

36. 
Nuclear 
di Oliver Stone


Lo spottone di Oliver Stone a favore del nucleare.
Dove il contro dibattito non è ammesso.


35.
Princess
di Roberto De Paolis


Quei film pesanti che raccontano la pesante vita di una donna di strada.
Peccato che per lei è davvero difficile provare simpatia.

34.
Blanquita
di Fernando Guzzoni


In questa denuncia di abusi vera anche se falsa, tutto funziona bene.
A parte il finale, sospeso a dir poco, che rovina quanto costruito.

33.
Palimpsest
di Hanna Västinsalo


Dalla Finlandia, la cura per il ritorno alla giovinezza, con tutte le questioni morali che ne seguono.
Una sforbiciata avrebbe giovato, ma che freschezza.

32.
Dreamin' Wild
di Bill Pohland


La storia vera di un successo che arriva con 30 anni di ritardo, riaprendo ferite e l'incapacità di fidarsi in un cantautore.
Casey dimostra di essere l'Affleck bello, bravo e pure con una gran voce, ma al film manca il fuoco.

31. 
Athena
di Romain Gravas


Un Les Miserables per la generazione di Netflix: epico e esagerato.
Nel bene e nel male.

30.
The Eternal Daughter
di Joanna Hogg


Una doppia Tilda Swinton, madre e figlia e la loro incomunicabilità in un hotel abitato dai loro fantasmi.
Meno autorialità e più sostanza, avrebbero giovato.

29.
The Son
di Florian Zeller


Dopo il padre, il figlio.
Ma Florian Zeller continua a stare appresso a un padre che non capisce il figlio, e purtroppo il problema sta in una sceneggiatura caricata e retorica che non premia nessuno.

28.
Bones and All
di Luca Guadagnino


Nonostante la critica italiana lo veneri, quest'ultimo Guadagnino con i suoi shock cannibali, per quanto ben fatto mi è sembrato il racconto di un amore adolescenziale autoriale.
Che parte benissimo, ma si perde nei confronti.

I Sì

27.
Mountain Onion
di Eldar Shibanov


Il Kazakistan mi dà sempre grandi soddisfazioni a Venezia.
La complicata storia di una famiglia che sta per sfaldarsi e di due bambini alla ricerca del viagra per salvarli, è tenera e una ventata di leggerezza.

26.
No Bears
di Jafar Panahi


In prigione da luglio, Panahi riesce ad essere in concorso con un film che rispecchia le sue paure e la voglia di libertà, ma anche di adesione alle tradizioni del suo Iran.
Meno complicato di quel che si pensi, un film nel film nel film.

25.
En los margenes
di Juan Diego Botto


Quei film sociali e socialisti che raccontano i margini e chi lotta per aiutare gli altri, dimenticando se stesso.
Quei film necessari a cui Penelope Cruz presta volto e fama.

24.
Argentina, 1985
di Santiago Mitre


Un film-compitino, una ricostruzione classica dove tutti i tasselli spingono alle lacrime e agli applausi.
Ma se questi arrivano, che male c'è?

23.
L'Origine du Mal
di Sébastien Marnier


Un thriller nero francese tra doppie identità e famiglie ricche e infelici.
Teso e ben orchestrato.

22.
Luxembourg, Luxembourg
di Antonio Lukich


Dall'Ucraina, una ventata di leggerezza improvvisa.
Due gemelli diversi e le difficoltà per raggiungere il padre morente in Lussemburgo.
Risate, a sorpresa, garantite.

21.
Les Miens
di Roschdy Zem


Ah, come vorrei più film così in Mostra!
Brevi ma intensi, semplici ma densi, in cui ci si sente in famiglia, tra crepe e grandi tavolate.

20.
Il Signore delle Formiche
di Gianni Amelio


Un film classico italiano, impostato e austero, per una storia che andava raccontata.

19.
L'Immensità
di Emanuele Crialese


Un'altra storia italiana al 100%, ma questa volta fresca, riuscita, ad omaggiare un periodo e un cambiamento.

18.
Les Enfants des Autres
di Rebecca Zlotowski


Un tranche de vie parigino, pieno di classe e di passione, quelle di una donna che vorrebbe essere madre e si trova a gestire la figlia del compagno.
Intenso e inaspettatamente pieno di calore.

17.
Beyond the Wall
di Vahid Jalilvand


Chiusi in casa con un cieco che dà rifugio a una donna ricercata, i suoi incubi, le sue urla, nascondono una verità che a poco a poco ci si compone.

16.
Amanda
di Carolina Cavalli


La nostra Harold, alla ricerca della sua Maude.
Un film che deve molto a quelli indipendenti americani, ma con una sceneggiatura che gronda ironia e black humour.
Complimenti.

15.
Living
di Oliver Hermanus


Le prime lacrime a Venezia, il primo giorno.
Un adattamento riuscito per un protagonista notevole, che torna a vivere dopo una sentenza terminale.

14.
Blue Jean
di Georgia Oakley


Essere lesbiche, sotto la Thatcher.
Non è facile venire a patto con la propria sessualità e con quella degli altri.
Un ritratto intimo e sofferto, riuscito.

13.
Monica
di Andrea Pallaoro


Sguardo fisso su lei, Monica, e sul suo ritorno a casa.
Una casa in rovina, come la famiglia che la abita.
Intimo e autoriale, con una protagonista splendida.

12.
Love Life
di Kōji Fukada


Come affrontare il lutto peggiore, per due genitori?
Tra amore e vita, la morte aiuta ad andare avanti e ad affrontare il passato.

11.
Music for Black Pigeon
di Jørgen Leth e Andreas Koefoed


Il documentario che mi ha fatto fare pace con il jazz.
Merito di personaggi meravigliosi, di una musica calda e avvolgente, di ritratti meritevoli.

LA TOP 10

10.
Blonde
di Andrew Dominik


Non mi ha convinto del tutto, questo puzzle confuso da ricostruire, tra cambi di formato e di colore.
Ma la bravura di Ana de Armas è innegabile, e la luce che si è fatta sulle ombre di Norma Jean e sulla sua Marilyn, sono di gran classe.
Anche se di feti e fellatio ne avremmo fatto a meno.

9.
White Noise
di Noah Baumbach


Parole, parole e parole.
Noah Baumbach adatta DeLillo e lo fa esagerando, omaggiando, e alla fine convincendo anche se non appieno.
Dopo 10 giorni, però, ancora tormentato scene prodigiose, un finale musicale.

8.
The Listener
di Steve Buscemi


Il cinema come piace a me: fatto di parole.
Una protagonista, addetta al telefono amico, e una sua notte ad ascoltare gli altri, ad aprirsi un po'.

7.
All the Beauty and the Bloodshed
di Laura Gravas


Una storia che raccontando vita privata e artistica della fotografa Nan Goldin parla di famiglie bigotte, della NY queer degli anni '70, delle stragi dell'AIDS e dei farmaci oppioidi,
in cui l'arte è sempre protagonista.
Onestà e lacrime.

6.
Saint Omer
di Alice Diop


Richiede pazienza, questo processo per infanticidio seguito da una documentarista.
Ma l'attenzione, in quell'aula di tribunale, non cala mai, avvinti dalle parole, dal loro ritmo.

5.
Tàr
di Todd Field


La lenta caduta di una grande artista.
Il ritratto di una Cate Blanchett irraggiungibile che appassiona e fa amare anche la musica classica.


4.
Margini
di Niccolò Falsetti


Il colpo di fulmine di questa Mostra, arriva da Grosseto.
E a ritmo di punk rock racconta di una generazione di provincia, della vitalità che la smuove, di grandi amicizie.
Quanta bellezza!


3.
The Whale
di Darren Anofosky


Aronofsky è tornato, e anche se calca la mano per avere le nostre lacrime, l'umanità che infonde alla sua balena Brendan Fraser offusca tutte le critiche.


2.
Bardo
di Alejandro González Iñárritu


Un film grande, esagerato, trasbordante come i sogni, come la vita.

LEONE DI CAFFÈ

1.
The Banshees of Inisherin
di Martin McDonagh


Per Martin McDonagh ho un debole.
Per lui, le sue sceneggiature impeccabili, i suoi personaggi scontrosi ma ricchi di umanità.
E che umanità!
Una riflessione sul tempo, sugli scontri, sull'amicizia che riempie il cuore di sorrisi e di commozione.

➡ La giuria presieduta da Julianne Moore sarà d'accordo con me?
Appuntamento a questa sera per scoprirlo!

2 commenti:

  1. Ecco il momento tanto atteso, forse anche più dell'annuncio del Leone d'oro. Ma togliamo pure il forse. :)

    L'anno scorso Sorrentino (poi visto con il solito ritardo rispetto a Venezia) si è rivelata un'ottima scelta. Sarà così anche quest'anno?
    Sulla carta The Banshees of Inisherin mi sembra un po' troppo fordiano per i miei gusti e a scatola chiusa mi ispirano di più le cannibalate, come Chalamet, Styles, Aronofsky e Marilyn Ana, però poi chissà alla prova della visione come andranno le cose.

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  2. Forse per la prima volta nella storia il tuo Leone di caffè coincide con il mio! :)
    Poi sul resto della classifica ci sarebbe tanto, troppo da dire... mi limito ad applaudire la tua preferenza per il piccolo "Margini", davvero tanto carino. Girato e prodotto da due miei corregionali, qui in Toscana sta spopolando: spero che presto riesca ad allargare i confini!

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