Un Film Fatto per Bene
(Bravo Bene!)
Franco Maresco è arrabbiato con il mondo.
Con quello del cinema in particolare, in cui tutti hanno una possibilità, in cui tutti possono fare un film.
Il suo? Quello che stava realizzando dedicato alla figura di Carmelo bene dopo vari problemi sul set è un stato cancellato da Andrea Occhipinti e la Lucky Red.
Che fare, allora?
Questo film diventa un film che indaga su cosa ne è stato di quel film e di Maresco stesso, scappato e nascosto chissà dove.
L'amico Umberto Cantone parte alla sua ricerca e per farlo intervista attori e collaboratori, ripercorre la carriera del regista cercando risposte.
Raccontato così, potrebbe sembrare un film folle ma lineare, in realtà siamo sempre nelle mani di Maresco e quindi diventa un folle viaggio nella memoria e nei dietro le quinte ricamati e esagerati ma che puntano il dito contro un'industria e un mondo in modo ironico ma appuntito.
Non a caso dedicato a Goffredo Fofi, protagonista di un altro suo corto presentato qui alla Mostra, una breve ma intensa e ironica intervista.
Si ride, spesso a denti stretti, altre sguaiatamente, grazie a una mente libera e politica.
In lotta, sempre.
Come ti Muovi, Sbagli
Un professore che si gode la sua vita di pensionato, solo nel suo appartamento ordinato, ha appuntamenti fissi, fissazioni e amici di quartiere. Si è costruito abitudini in cui sta bene così, senza che qualcuno lo disturbi.
Tutto cambia quando alla sua porta si presenta la figlia, con i nipoti, scappata dalla Germania e da un marito, professore a sua volta, che l'ha tradita.
Improvvisamente impegnato a essere nonno, a gestire una casa più caotica e la rottura di un matrimonio, accetta con amarezza la nuova situazione cercando di sponda di aiutare anche il genero che parte a piedi dalla Germania per espiare le sue colpe.
È un classico film di Gianni Di Gregorio, un film piccolo, fatto di quotidianità e buon saper vivere, con battute sagaci, momenti dolceamari che riconcilia con il cinema più mainstream. Perché resta piccolo e di qualità, resta carico di umanità, dimostrando solo, per quanto si possa usare questo termine, l'importanza della famiglia.
Si ride, si sorride, si applaude, e a volte va bene così.
La Valle dei Sorrisi
Di horror in Italia se ne fanno pochi.
Lo stesso Paolo Strippoli era emigrato e si era finto americano per A Classic horror story per poi provarci in patria con Piove. Ora ci riprova a fare di una valle italiana, di un classico paesino di provincia italiano, l'ambiente di una storia da paura.
E ci riesce.
Che a Remis qualcosa non quadra, Sergio lo capisce subito. Lì per solo 3 mesi, supplente di ginnastica, trova insopportabili tutti i sorrisi, tutta la bontà che c'è fra i paesani, lui che ha un lutto da sopportare e lo fa attraverso l'alcol.
Ma l'incontro con lo studente Matteo Corbin, o meglio, un suo abbraccio, cambia tutto. Mostrando la vera natura di quel paese che passa attraverso un credo religioso, un uso smodato di Matteo e del suo potere curativo. Finché si può, ovviamente, finché proprio Sergio non si mette in mezzo, con il suo fare paterno e espiatorio, facendo crescere la ribellione adolescenziale in Matteo con ogni sua tragica conseguenza.
È un horror molto europeo più che italiano, che segue il filone dei folk horror, dove la tensione e i brividi sono dati più dai suoni, dai cambi di scena, dalla stranezza di queste scene, che dalla crudezza e dal sangue. Che comunque ci sono.
Michele Riondino si presta volentieri al genere e porta equilibrio in parti recitate con un filo minore di convinzione e maggiore italianità.
Di brividi ne regala, di incubi pure, e man mano che la tensione cresce, ci si trova ad applaudire a un horror italiano che pur con i suoi difetti italici, può funzionare anche fuori confini.
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