19 settembre 2025

Highest 2 Lowest

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Dal più basso al più alto dove lo piazzi quest'ultimo film di Spike Lee?
Decisamente in basso, quasi al fondo della sua filmografia.
Vero che ormai il regista è diventato un'icona di stile, un nome di culto, e lo è più per le prime opere fresche e dirompenti, forti e personali, vero è che pure lui come altri mostri sacri degli anni '90 sembra passare più il tempo a curare l'immagine dei suoi film che il film in sé, dagli anni '70 di BlacKkKlansman al Vietnam di Da 5 Bloods, e pure qui mi diventa arredatore d'interni di lusso, tra opere d'arte, una penthouse da sogno con vista su Manhattan, ma la storia dove la lascia?


La storia, qui, prende spunto da un altro classico, l'Anatomia di un Rapimento di Akira Kurosawa che colpevolmente non ho visto ma che in fondo serve solo da canovaccio visto che Kurosawa mica scriveva di un produttore di musica rap e hip-hop, re Mida che forse ha perso il tocco d'oro ma che lo vuole riprendere riprendendosi la sua intera casa discografica in un magheggio di investimenti pericoloso.
Lo spunto è però lo stesso: un rapimento sbagliato, non a danni di David King e di suo figlio, ma del suo collaboratore e del rispettivo figlio, e i dubbi morali e etici che ne conseguono. Deve pagare comunque King il riscatto per l'errore di un rapitore sbadato? Vale più la sua carriera, i suoi soldi, o lo sguardo degli altri, un pubblico pronto a cancellarlo e una famiglia a lasciarlo?
Se Lee si fosse concentrato su questo aspetto amletico, Highest 2 Lowest sarebbe uscito migliore.
Invece quello che gli interessa è l'azione, far correre Denzel Washington su e giù per Brooklyn, fargli prendere la metro, farsi giustizia da solo, mostrare il più possibile la città e la sua natura multietnica.
E lasciare spazio alla musica.


La colonna sonora è ingombrante come poche, tanto che Eddie Palmieri & The Salsa Orchestra  sono presenti nei titoli di coda come protagonista e lo è in modo imbarazzante: non tanto per le canzoni in sé quanto per come queste cozzino con l'azione di cui sono sottofondo. Si alzano, prendono posto, diventano il centro mentre è in corso uno scambio di denaro ad alta tensione, mentre ci sono inseguimenti e depistaggi, mentre Denzel Washington ci prova come al suo solito a far vedere il suo carisma, e carica di tic, esagera in movenze e faccette, si dà a quei suoi manierismi che me lo rendono sempre poco credibile, troppo Denzel, poco David King.
Purtroppo per lui, il suo crederci troppo si sposa male con l'incapacità degli attori co-protagonisti, da una moglie oggetto a un figlio imbronciato, da poliziotti urlatori e un Jeffrey Wright timorato di Dio che non si capisce se sono solo recitati con estrema leggerezza (per usare un eufemismo) o se sono scritti così male da non poter essere approfonditi.
Tutte qui le mie lamentele?


No, ovviamente, perché passano anche per il montaggio che cerca la firma in un doppio punto di vista appena possibile che distrae e appesantisce i 133 minuti, fino ad arrivare proprio alla regia di Spike Lee, una regia più d'estetica che di contenuti, che indugia in particolari irrilevanti, che fa volare droni, che segue Denzel e il suo passo appesantito che non sembra riuscire a tenere le redini di un film sbagliato nella sua concezione e nel suo sviluppo, nella trovata di un cattivo e di un confronto con questo capitolo al limite del cringe, giusto per usare una parola cringe.
Vorrei dire che è semplicemente un film non riuscito, che ci crede troppo come il suo protagonista, che perde di vista il punto pur essendo un'ode alla musica -nera-, un'ode a una città -e a Brooklyn in particolare-, ma è alla fine solo un brutto film.

Voto: ☕½/5

1 commento:

  1. Mi dispiace non ti sia piaciuto, secondo me funziona molto bene nella filmografia di cui fa parte ed è un buon "mixtape" del film di Kurosawa, a cui si rivolge in maniera coerente e rispettosa, come dovrebbe fare sempre una buona cover musicale, e poi ha una scena in metro fantastica ;-) Cheers

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