9 settembre 2025

In Breve: Long Story Short - Stick - Hacks S04

Mondo Serial

Smaltita la sbornia veneziana, torniamo a parlare di schermi più piccoli.
E confortevoli, con tre titoli che sono tre serie TV classificabili come feel good, anche quando fanno versare qualche lacrima:

Long Story Short

In Breve: in breve, ma anche no. 
Perché la storia breve sarebbe quella della famiglia Schwooper: una madre piuttosto opprimente a cui piace stare al centro dell'attenzione giocando sul vittimismo, un marito che per starle accanto annulla il suo potere decisionale, e tre figli. Il maggiore che cresce con parecchi complessi verso quella madre sposando una donna non ebrea, quella di mezzo in aperta ostilità con la madre che accetta invece di buon grado la sua compagna, convertita, e infine il più piccolo, nato con molti anni di distacco, che cerca se stesso in imprese via via fallimentari.
Una famiglia confusa e allargata, che si segue per anni raccontati in modo non lineare, in episodi che finiscono per segnarla arrivando pure ai nipoti/figli e all'oggi che corrisponde alla pandemia e alle sue conseguenze di isolamento.
Una storia breve, ma non troppo, universale, ma anche no.

Chi c'è: c'è prima di tutto Raphael Bob-Waksberg, che torna a una serie animata dopo il successo di BoJack Horseman. I paragoni si sprecano: ancora figli vittime della madre, ancora una genitorialità ingombrante resa più asfissiante dalla religione, ancora quel filo di depressione che corre tra un divorzio, un lavoro perso, un posto nel mondo da trovare e ovviamente un lutto da affrontare e elaborare.
Le voci sono invece quelle di Ben Feldman, Abbi Jacobson, Max Greenfield, Lisa Edelstein e James Franco.


Funziona? Sì, anche se richiede pazienza.
Pazienza nell'entrare, pazienza con episodi più o meno riusciti, episodi che emozionano, altri che indignano, altri a cui manca qualcosa.
L'animazione colorata, piena di dettagli, anche ricorrenti, è tutta umana, come i credit tengono a precisare.
I migliori, un po' a sorpresa sono Kendra's Job (1x07), dedicato a quella compagna workaholic che trova la pace, infine, e Yoshi & Baby (1x05) dedicato al figlio minore e a un'avventura tutta-in-una-notte con un finale tanto assurdo quanto bello.

Tornerà? La pensavo una miniserie con una sue perfetta conclusione dolceamara, invece Netflix l'ha già rinnovata per una seconda stagione.

Voto: ☕☕½/5

Stick

In Breve: Pryce Cahill è un ex campione di golf in bolletta. Vive nel disordine di una casa che deve essere venduta, vivacchia come commesso in un negozio sportivo e allenatore privato, non essendosi più ripreso dalla morte del figlio e da una crisi diventata virale sul campo da golf che l'ha portato al ritiro.
Uno spiraglio di speranza gli arriva quando vede e sente giocare il giovane Santi, che al golf ha rinunciato dopo che il padre/allenatore l'ha abbandonata ma che trova in Pryce e nel suo piano di farlo gareggiare nei campionati amatoriali in giro per il Paese la spinta giusta per riprovarci.
Nel viaggio saranno accompagnati dall'ex caddy di Pryce, con la testa sulle spalle, e la madre di Santi, lì per proteggerlo e godersela.


Chi c'è: c'è un Owen Wilson che si fatica a non vedere come alter ego di Stick, con quel suo fare malinconico e quei suoi momenti ispirati. Ci sono poi Marc Maron sempre saggio e sempre personaggio migliore, Mariana Treviño, e il giovane sosia di Timothé, Peter Dager. Purtroppo c'è anche Lilli Kay che rappresenta il peggio della Gen Z con i suoi cliché identitari che per fortuna sa redimersi durante il viaggio e infine compensa Timothy Olyphant che è sempre un bel vedere anche quando interpreta l'antagonista sbruffone.

Funziona? Sì, si va di cliché e trame trite e ritrite tra piccoli tradimenti, grandi sconfitte, ritorni in pista, pardon, sul campo, e un finale strappalacrime. Ma è tutto molto genuino, con momenti molto meno scontati, accompagnato da un colonna sonora di classici del rock. Insomma, è un una serie feel good e non a caso a dirigere gli episodi c'è il duo Valerie Faris & Jonathan Dayton che di piccole storie di famiglie che si scelgono hanno fatto un marchio di fabbrica.
L'episodio migliore è senza dubbio Clark the Mark (1x08) con una truffa ben orchestrata e riuscita.

Tornerà? Il finale è di per sé conclusivo e abbonda di scelte sbagliate e non proprio condivisibili a livello di scrittura, pur riuscendo a commuovere, ma per fortuna la serie è stata rinnovata per una seconda stagione in cui il gioco di Santi dovrà crescere.

Voto: ☕☕/5

Hacks - Stagione 4

In Breve: Deborah ha realizzato il suo sogno e si appresta a essere la prima donna a condurre un Late Night. Ma come può essere il suo programma? Classico e geriatrico? Innovativo e poco nelle sue corde? Il fatto di dover gestire Ava che l'ha tradita e ricattata non aiuta, c'è da metterci una pezza e da capire se è davvero questo il sogno da inseguire visti i compromessi che chiede.


Chi c'è: sempre loro, la coppia vincente formata dalla splendida Jean Smart e da una più trasandata che mai Hannah Einbinder.
Cercano di rubare la scena, e ci riescono, Paul W. Downs e Megan Stalter, in una stagione più corale, che dà spazio a ospiti ricorrenti per ampliare almeno un po' il giro.

Funziona? Al quarto giro, diciamo che iniziano a sentirsi gli scricchiolii.
Siamo ormai al quarto grande litigio tra Deborah e Ava, siamo alla quinta pace stipulata e anche se si mostrano le contraddizioni interne al team di scrittura e ai volere di un network, la speranza è che arrivi un gran finale prima che il brodo si allunghi troppo.

Tornerà? Sì, è già stata confermata la quinta stagione. L'ultima, spero.

Voto: ☕☕½/5

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