Andiamo al Cinema a Noleggio
Ci sono lui e lei, chiusi in una stanza d'albergo.
Ma questa non è una storia d'amore.
Lui è un ricco ereditiere che sta per prendere in mano la catena di alberghi di famiglia.
Lei è lì per giudicarlo, in un'intervista che rischia di sconfinare in domande intime.
Come?
Ok, allora lui è un ricco e annoiato ereditiere che ha bisogno di soddisfare le sue fantasie erotiche.
Lei è lì per soddisfarle, interpretando una parte, attenendosi al copione minuziosamente scritto, anche quando si va fuori tema.
Come?
Ok, forse lui resta quell'ereditiere con pulsioni e bisogni precisi, niente di male, anche se ha una moglie che lo aspetta e per cui potrebbe essere ricattato, ora che non ha più bisogno di lei e di lei un po' si vergogna.
Lei capisce di essere alle strette, di volere di più, soprattutto ora che l'eredità è arrivata e lei non potrebbe più essere necessaria.
E se fosse amore?
Come?
Allora, forse lui è affascinato da lei, pure un po' spaventato. L'ammira nella devozione, nella bravura di calarsi nella parte e anche in quella di combattere per il suo ruolo, e per come è riuscita a renderlo negli anni di servizio.
Lei è intelligente, molto intelligente, e un'attrice da premio Oscar: è innamorata davvero? Lo sta manipolando? Vuole intascare un ricatto considerevole? Vuole averlo tutto per sé?
Chiusi in una stanza d'albergo per tutta la durata del film (unica concessione, l'ascensore) assistiamo a una prova di resistenza e a una prova di attori.
Cambiano continuamente le forze in campo, gli equilibri di potere, e non si capisce quanto si resti fedeli al copione, quanto si improvvisi.
Chi la vittima, chi il carnefice, chi è al servizio di chi.
Siamo lontani per toni e significato da Il piacere è tutto mio.
Anche lì c'era un escort pagato per soddisfare determinati bisogni, c'era una relazione che si instaurava, un gioco di forze che andava a formarsi dentro una stanza d'albergo.
Ma lì si trattava la sfera emotiva, sbloccando ricordi e bisogni.
Qui si è più dalla parte psicologica, con bluff e studi di personalità.
E riguarda sia i personaggi che gli attori, in quella che è una doppia lettura che riguarda un'escort e il suo cliente esigente, e un regista e i suoi attori.
Zachary Wigon. non poteva chiedere di meglio: Christopher Abbott e Margaret Qualley sono fra i migliori della loro generazione, e se il primo continua a scegliere grandi ruoli in piccoli film in cui brilla (ultimo da segnalare: On the count of three), la figlia d'arte che si è fatta conoscere con la serie Netflix Maid non si è montata la testa, continuando a sfidare se stessa.
Sexy senza essere volgari, eccessivi senza mai esagerare, la sfida che portano avanti riesce a mantenere in equilibrio un film che, chiuso in una stanza, in un tempo preciso, con soli due attori in campo, era facile sbagliare.
Rendere pesante, rendere poco credibile.
Invece se la regia si concede di giocare e stupire, tra luci e ombre, Micah Bloomberg calibra bene il suo copione, tra svolte, cambi di rotta e pure un balletto in cui si sfonda momentaneamente la quarta parete rendendo ancor più intrigante il tutto.
Pur ammiccando su poster e tagline a momenti sensuali, Sanctuary non ha avuto la giusta pubblicità, uscito com'è stato in piena estate.
Un peccato, perché una prova così, un film così, chiuso in se stesso ma capace ancora e ancora di stupire, era un po' che non lo vedevo.
Ci sono lui e lei, chiusi in una stanza d'albergo.
Ma questa non è una storia d'amore.
O forse sì.
Voto: ☕☕☕½/5
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