5 settembre 2023

Venezia 80 - Enea

Era atteso al varco Pietro Castellitto.
Apprezzato per la composizione della sceneggiatura de I Predatori, se ne esce con il suo secondo film con quella che Barbera stesso ha definito "La Grande Bruttezza".
Siamo a Roma, la Roma dei giovani arricchiti, fatta di feste e di noia, di giri loschi.
Enea e l'amico gestiscono un ristorante di sushi ma soprattutto un giro di droghe che si fa troppo grande, troppo pericoloso per loro che criminali non sono.
Per loro e per come intendono la vita, da prendere leggera, come viene, una festa dopo l'altra.
Le famiglie non capiscono, urlano e reprimono, si buttano dalla finestra per la depressione o distruggono stanze nel silenzio.


A questo giro, però, più che una sceneggiatura con poche idee e molti dialoghi irripetibili nella realtà, Castellitto si concentra sulla regia, sorrentiniana appunto, che sembra voler dimostrare ad ogni scena "guarda come sono bravo" cercando il punto di vista, il movimento, lo stacco giusto per ribadirlo.
Così funziona anche la colonna sonora, piena e ingombrante che prende piccole canzoni pop italiane rendendole grandi.

E quindi, cosa resta di Enea?
Lo si segue, nelle sue disavventure e nei suoi ragionamenti, rimanendo in parte affascinati, in parte freddi.
Superflua, per dire, la storia d'amore con una Benedetta Porcaroli senza spessore, dal personaggio anonimo, eccessiva sembra la durata che si dilunga in più finali via via sempre giusti, fino ad essere troppi, concedendo invece ampio spazio al padre Sergio e al fratello Cesare.
Il secondo film è sempre il più difficile, e a questo giro, pur con battute da incorniciare, Castellitto sembra crederci troppo, credere nel suo fascino, che però non sempre basta.
Non quando il risultato non graffia come voluto.

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