#LaPromessa2025
Alieni, egizi, geroglifici da decifrare, viaggi nel tempo o forse nello spazio, basi segrete, pure un protagonista biondiccio e carino nel suo essere impacciato.
Ovvio che se vedi Stargate in TV da piccola ne resti affascinata!
Lo rivedi volentieri, anno dopo anno, aspettando il momento in cui quel portale misterioso e dalla forma intrigante viene mostrato, aspetti che si attraversi quel portale con quegli effetti davvero speciali per l'epoca, la sabbia, i riti, pure quegli amori improvvisi che in un film d'azione e di fantascienza non possono mancare negli anni '90.
Ma il resto della trama?
Com'era? Come si sviluppava? Da dove arrivava quel portale?
Con la memoria che è quella che è e la nostalgia ad essere sempre più canaglia, ho accontentato senza problemi il giovine e anche la me bambina innamorata di James Spader (non me ne vogliano gli occhi di ghiaccio di Kurt Russell) inserendo ne La Promessa di quest'anno ormai agli sgoccioli Stargate.
Film datato 1994, e non si direbbe.
Non tanto per una trama che scomoda molti mondi, molti generi e li amalgama meglio che può, quanto per gli effetti speciali.
Cos'è successo a un reparto che riusciva a ricreare mondi e teletrasporti e scene d'azione credibili anche quando di mezzo ci sono navicelle spaziali e caschi meccanici rispetto a un oggi in cui la fotografia che toglie ogni colore abusa di CGI che non ha la stessa pasta, la stessa credibilità, paradossalmente?
È una domanda che mi faccio sempre più spesso nel guardare i filmoni patinati in un'estetica che mi sembra sempre più impersonale e tornerò a farmela fra poco, il 7 novembre per la precisione, quando il Frankenstein di Guillermo del Toro arriverà su Netflix con quella fotografia e quegli effetti speciali che nella mia mente collego subito ai live action Disney a renderlo così poco del Toro.
Ma torniamo a Stargate, torniamo agli anni '90.
Torniamo a un film che a distanza di 30 anni è ancora moderno e lo dico senza aver visto i seguiti tra film e serie TV, che va bene il senso di completezza ma qui mi sa che uscirei dai miei gusti.
È un film in cui esercito e scienza collaborano pur nel complottismo sotterraneo e segreto, in cui ci si affida con fede alle parole di un geniale professore che riesce nell'impresa di decodificare un codice che ai più, per anni, era sfuggito, è un film che nel mostrare un viaggio nel tempo e nello spazio mostra soprattutto l'importanza delle storie.
E delle parole.
Quelle che vengono cancellate impedendo a un popolo di leggere e di scrivere, ma che vengono tramandate oralmente, sperando nel giusto vento della ribellione e della rivoluzione.
Che arriva, sotto forma di esercito americano e di uno scienziato che si innamora della bella del popolo, certo, soprassediamo suvvia sul patriottismo che Roland Emmerich ha sempre abbracciato.
La premessa del film è breve e incisiva.
Bastano poche scene, poche presentazioni perché si deve andare subito al sodo, si deve viaggiare in quel di Abydos.
Basta una foto, una frase di sceneggiatura buttata lì per essere proprio didascalici per capire quanto è rotto il Colonello Jack O'Neil, basta una lezione, una frecciatina, lo scherno, per mostrare quanto è geniale e laterale il Dottor Daniel Jackson.
Poco importa di presentarceli per bene, ci penseranno le loro figure (muscoli e berretto vs capelli lunghi e occhialini) e le loro azioni, che siano di sacrifico, che siano dettate dall'amore, per la scienza o l'umanità, per la libertà e il senso del dovere, a inquadrarli.
Arrivati a Abydos è subito un restare a bocca aperta.
Per gli effetti speciali, certo (e non parlo del vortice psichedelico quanto di piramidi, e sabbia, e miniere), per il numero di comparse e per la verità che poco a poco si ricostruisce. Il tutto sottolineato dalla colonna sonora enfatica di David Arnold.
Nell'interrogarsi se i nostri eroi riusciranno a tornare a casa e a condividere la grande scoperta di un passaggio fra le stelle, c'è una popolazione soggiogata da aiutare e una rivoluzione da portare in atto.
E come si fa a non esaltarsi nel vedere giovanissimi ribelli scendere a patti con generali e soldati che si sacrificano con loro? Come si fa a non cercare di capire chi ce la farà e chi no, che colpo di scena aspettarsi, che colpo di genio pure, mentre si freme per una bomba innescata senza una ragione precisa alzando il livello della tensione?
Ora, capisco i critici dell'epoca che hanno massacrato il film.
Roger Ebert scrisse "The movie Ed Wood, about the worst director of all time, was made to prepare us for Stargate", probabilmente esagerando visto come fu un campione d'incassi diventando un cult generazionale. A suo modo.
Li capisco i critici perché ci sono molte facilonerie, molte prevedibilità, poco approfondimento e un senso dell'eroismo datato fin dagli anni '90.
Visto con gli occhi da bambina questi difetti non li coglievo, anzi, erano quelle facilonerie a farmelo amare, quella piramide che vola nel cielo, quei caschi che si tolgono, quei teletrasporti da sfruttare e quei geroglifici da decifrare a tenermi incollata allo schermo.
Oggi, pure. E gioca a mio favore il senso di nostalgia verso film così facili, che non vogliono vendermi altro, non vogliono essere chissà quale metafora anche se il popolo oppresso e liberato, il popolo tenuto oscuro del proprio passato e impedito a ricordarlo, beh, è una metafora tutt'altro che sottile di un presente non così diverso che aspetta non uno scienziato biondo ma un Presidente arancione e i suoi modi bruti da dover elogiare per respirare almeno un po'. Purtroppo.
Ma in un film senza grossi grigi, che divide in bianco e nero, in bene e male, in azione e amore e scienza e storia e colpi di fortuna e di sacrificio, visto proprio il presente in cui impera l'arancione, si sta bene. Si pensa poco, o poco si vuole farlo.
Dicevo, Stargate sa essere un semplice film da popcorn e commenti sonori attivati, sa essere quel giocattolo che si può montare e smontare a piacimento e che nel finale lascia sospese le sue carte.
Il progetto di farne una trilogia nonostante la buona risposta del pubblico non è mai andata in porto, anche se sono state realizzate serie TV che non hanno avuto lo stesso seguito, anche se uno zoccolo duro di fan c'è e freme per l'annunciato reboot della MGM datato 2023.
Alla fine è sempre questione di nostalgia, per un certo cinema che sembra lontano come gli effetti speciali artigianali e digitali degli albori, per certi film che facevano sentire la loro aurea di film per tutti, da godere sullo schermo della TV, insieme, senza pensare all'aria che tirava là fuori.
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