Tutto parte da un esperimento.
Io -che l'amore l'ho conosciuto in carne e ossa e l'ho vissuto in era pre-social- mi sarei infiltrata in app e siti di incontro, per capire un po' come funziona un mondo nuovo, dove contano le parole, conta il raccontarsi senza vedersi, e contano le foto scelte per rappresentarci, accuratamente selezionate.
Doveva essere facile, un gioco che non si sarebbe spinto oltre, con il giovine ben allertato e non preoccupato.
L'esperimento, però, è durato appena mezzora.
Come a
Stanford, le cose hanno iniziato a scemare velocemente, a prendere pieghe strane, con numeri che facevano davvero girare la testa, e io che alzavo bandiera bianca.
Neanche ci sono arrivata ad app più spinte o semplicemente alle app (ché poi, avendo l'ormai defunto Windows Phone, in quanto ad app la scelta era già limitata). Ho semplicemente creato un profilo su Meetic, senza pagare alcun tipo di abbonamento, e dopo aver risposto a domande piuttosto banali ché neanche alle elementari ci si chiedeva fra fidanzatini, sono stata bombardata da messaggi, visite, sono stata la sbandata per molti, aggiunta ai preferiti da altrettanti.
E no, la foto messa non era certo provocante, non ho dato corda a chissà chi, diciamo ad un paio, diciamo per un paio di domande, per subito stancarmi del gioco.
Al momento in cui scrivo, i numeri continuano a crescere, con almeno un centinaio di messaggi che nemmeno aprirò, e almeno 800 "sbandate".
Capire perchè non è difficile: la legge dei grandi numeri.
Butti l'amo, rompi il ghiaccio in modo scontatissimo, fai la solita battuta del caso (mi sono registrata come Lì -mio diminutivo, perchè sì, anche un nome di 4 lettere può essere diminuito) come "cosa ci fa Lì, Qui ahahah" e speri. Nel mentre, fai la stessa cosa con chissà quante altre, passando una serata a guardare uno schermo.
C'è chi c'ha provato da subito senza perdere tempo, chiedendo foto, andando dritto al punto chiedendo se fossi fidanzata, se preferissi un biondo o un moro, c'è chi con un "ciao come stai?" cercava di attirare l'attenzione.
Poi, ovviamente, ci si mette Meetic di mezzo, che non è lì a far la carità ai cuori solitari, ma chiede in modo pressante di abbonarsi, di pagare badge, o certi messaggi nemmeno te li fa aprire.
Tutto questo, l'ho capito standoci mezzora.
Mezzora in cui continuavo a pensare alle pagine di un libro che potevo leggere, alla puntata di
Shameless che doveva rimanersene ancora lì in attesa.
Il punto, poi, è che non mi serviva nemmeno iscrivermi a un simile sito per capire che simili siti non fanno per me, né ora, né in un presente parallelo da single.
Tutto diventa come una gigantesca discoteca, e se in discoteca ti bastava un certo sguardo, un non rivolgere la parola, un girare la testa per far capire che no, non ci saresti stata, con uno schermo davanti le cose si complicano.
Che poi, non sono moralista/vecchia scuola/intransigente, perchè c'è chi in discoteca odia andarci, come conoscere qualcuno non sa come farlo, e qui si butta, con più sicurezza, con qualche filtro che aiuta, e magari l'amore lo trova davvero.
Io mi sento comunque immensamente fortunata ad aver incrociato in discoteca (rock, che sia messo in chiaro) lo sguardo giusto, di non aver voltato la testa e di aver iniziato a parlare e biascicare come meglio potevo con un giovine altrettanto imbarazzato.
Mi sento fortunata a non averlo dovuto giudicare in base alle foto sui suoi social, facendo la conta delle ex, degli amici, dei suoi gusti, ma chiedendoglielo, poco a poco, appuntamento dopo appuntamento.
Mi chiedo se sono le nuove generazioni, o anche i single della mia, a perdere qualcosa, o io a perdere l'infinita opportunità che il mare di internet offre, un mare sempre pieno di pesci, che se si ha fortuna abboccano. Amicizie che nascono per un mi piace, amori per un cuore che diventa rosso, la possibilità di scoprire passato e presente con un click, e ancora non ho capito se così facendo è una perdita di tempo, o è solo del tempo guadagnato.
A loro -i single in cerca d'amore- invidio solo quel brivido, quelle farfalle allo stomaco quando quello che abbiamo adocchiato -e sì, nella mezzora pure io ne avevo adocchiato uno, ma né mi ha scritto né sono stata una sua sbandata, quanto è ingiusta e ovvia la vita- quello, dicevo, inizia a provare interesse. Invidio i dubbi, le paturnie, la timidezza, il flirt, il non conoscersi e lo scoprirsi man mano.
Li invidio, sì, ma poi ripenso che con il giovine ho potuto provare tutto questo due volte -nel mezzo, un anno da estranei- e che ora, insieme si è felici anche così, a leggere uno accanto all'altro nel nostro letto, o a guardare che combinano questa volta i Gallaghers.