Un'assistente non si ferma mai.
Né di notte né di giorno.
Non se si è assunti da poco, non se si è donne in un ambiente di uomini, non se ci si deve occupare di qualunque tipo di mansione.
Presenza invisibile ma costante, Jane vive le sue giornate in ufficio.
Si sveglia in piena notte, passa l'intero weekend in attesa di essere esentata.
Organizza, pulisce, riordina, prepara, lava.
Avrebbe due colleghi, Jane, ma le lasciano le telefonate più difficili, la lasciano in alto mare, rimproverando i pranzi non precisi, le mail di scuse che manda.
Una giornata all'interno del suo lavoro e ci sembra di averle già viste tutte.
Lunghe ed infinite, stressanti psicologicamente e fisicamente.
Con un capo che non si vede mai, che si teme e si difende, che assume e riceve visite fuori dall'orario di lavoro.
Lo capisce Jane che qualcosa nell'ufficio di questo grande produttore non quadra.
Piccoli indizi, grandi sensazioni.
Denunciare?
Proprio lei che non è il suo tipo?
E a chi?
A chi già la giudica e non sta dalla sua parte, dalla parte di una possibile verità?
Forse ho raccontato troppo della trama di The Assistant, ma in realtà la trama altro non è che una giornata di lavoro di Jane, che per prima accende le luci dell'ufficio e per ultima le spegne.
Sola in una New York che dovrebbe essere il paradiso per una giovane piena di speranza, si trasforma invece in un incubo grigio e claustrofobico fatto di appuntamenti da fissare, telefonate a cui rispondere, solidarietà che manca.
Ultima ruota del carro, sfruttata e pressata, Jane non sembra avere scelta ma in realtà ci verrebbe da urlarle "Basta, vattene", "Molla tutto, vivi!".
I sogni di chi una casa di produzione la vuole scalare partono così, dal basso?
Partono svantaggiati rispetto a chi ha dalla sua un'ottima presenza ma nessuna esperienza?
L'atonia di Jane, le sue improvvise allucinazioni, sembrano dire di sì.
Julia Garner è protagonista assoluta e nonostante a pelle non sia mai piaciuta, qui regge sulle sue esili spalle l'intero film, accompagnata dalle brevi presenze del sempre odioso Matthew Macfadyen e della bella Kristine Froseth.
È lei che sempre seguiamo in spazi anonimi, sempre osserviamo in gesti quasi coreografati, sempre compatiamo e giudichiamo.
È lei che potrebbe cambiare le cose e finisce invece per venirne schiacciata.
Lo sguardo della documentarista Kitty Green qui al suo primo film di finzione, si sente e si vede tutto. Nel bene e nel male.
Con le emozioni lasciate fuori, l'occhio indagatore che vuole farsi denuncia.
Se dal lavoro si è ancora a casa, se lo smartworking ha sopperito nel bene e nel male agli orari e agli spazi d'ufficio, se le vacanze stanno per arrivare, The Assistant è forse il film un po' fuori stagione da recuperare, ambientato pure in inverno com'è.
Non farà certo rimpiangere quei pranzi tristi sulla scrivania e quelle ore che non passano mia prima di potersene andare a casa, ma mostra uno spaccato di cosa significa lavorare per uomini potenti abituati a farsi dire sempre di sì, uomini così potenti da poter essere invisibili ma farsi sentire, con la tematica del #metoo ad emergere, in modo laterale e forte, sempre tristemente e realisticamente presente.
Voto: ☕☕☕/5