11 aprile 2016

11.22.63

Quando i film si fanno ad episodi

Se la seconda stagione di Lost, causa lunghezza e causa poco tempo, finirà solo nei prossimi giorni, in questo tardo lunedì c'è posto per un'altra creatura che porta la firma di J. J. Abrams.
E non è una creatura qualunque visto che la firma originale -su carta- e qui alla produzione è niente meno che quella di Stephen King.
Il maestro dell'horror mette però da parte sangue e brividi, per abbracciare uno degli espedienti più amati da cinema e letteratura: il viaggio nel tempo.



Ma per arrivarci, a questo viaggio nel tempo, assistiamo a un incipit fra i più belli e i più intensi mai sentiti.
È il racconto di Harry, bidello in una scuola dove ora si sta per diplomare, è il racconto di come suo padre ha ucciso sua madre, suo fratello, sua sorella. Ma non lui.
Il tutto, nella notte di Halloween del 1960.
Il professor Epping, come noi, ne rimane affascinato, e la parole di Harry lo torneranno a trovare quando il suo amico di vecchia data, Al, gestore di una caffetteria deserta, gli mostra il segreto di una vita: un portale temporale, nascosto nella dispensa della sua caffetteria, che manda in un sol passo al 28 ottobre del 1960.
Il piano che Al ha cercato di realizzare per tutta la sua vita, è quello di sventare l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963 a Dallas. Così facendo, niente Vietnam, niente omicidio di Bobby Kennedy.
Utopia? Probabile. Ma lui ha perseverato, convinto di poter cambiare le cose.
E una volta che Jake decide di prendersi sulle spalle il peso di questa missione, non fosse altro che per rispettare le volontà di un amico morente, e una volta che salva la famiglia di Harry e vede che tutto è possibile, nonostante un passato che rema contro e non vuole cambiare, allora salvare Kennedy diventa un compito che lo coinvolge nel profondo.
Va da sé, che lungo i tre anni che lo vedono in incognito in Texas, ci scapperà l'amore, per la bella Sadie, ci scapperà un compagno d'avventura, che lo aiuterà nella stretta sorveglianza a Lee Harvey Oswald.


L'inizio davvero intenso, davvero coinvolgente, di 11.22.63, lascia man mano il posto a episodi lenti, senza il mordente della novità, con la vita di Epping, ora Amberson, che dopo i primi equivoci e i primi problemi di adattamento, continua normalmente, con qualche dose di dramma di troppo, con le abitudini e l'attesa per il giorno X che si fanno sentire.
Fortunatamente la serie si riprende sul finale, con l'azione che torna ad essere coinvolgente, con una risoluzione in parte prevedibile, in parte romanticamente giusta.
La bellezza e la bravura di James Franco (anche se con le sue uscite nel comico, alcune espressioni sembrano quasi delle caricature) unite a quelle di Sarah Gadon (vista da pochissimo in Una notte con la regina), aiutano gli 8 episodi a non perdersi troppo, e altrettanto sanno fare dei comprimari solidi come Daniel Webber nei panni di Oswald, George MacKay in quelli dell'aiutante Bill e infine il T.R. Knight che non ti aspetti, decisamente inquietante.
Immaginando che su carta il tutto sia molto più equilibrato, e più lineare nel suo sviluppo, quel finale che lascia scendere qualche lacrima, giustifica comunque l'adattamento.


7 commenti:

  1. Il primo episodio non è niente male, anche se somiglia persino troppo a Ritorno al futuro.
    Il secondo mi ha annoiato e mi sono bloccato lì. Per ora, ma prima o poi magari la continuo...

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  2. Mi incuriosisce molto, penso la recupererò prossimamente.

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  3. Il romanzo, prima o poi, leggilo. E' uno di quei titoli irripetibili.
    La serie, in minima parte, ne lascia percepire la grandezza. Ma proprio in minima minima! Però, da fan del Re, l'ho visto troppo spesso maltrattato... E qui il trattamento è migliore del solito. Il mio sogno: la regia di Hitchcock. Jake Epping, nel tuo viaggo nel tempo perché non passi da Hollywood?

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  4. Il libro da cui è tratta la miniserie è bellissimo, praticamente è una buca del coniglio cartacea: lo apri e ti ritrovi catapultato negli anni '60. C'era tutto il materiale per farne un capolavoro, invece ho assistito a un prodotto nella media, senza pathos o sentimento, che "didascalizza" la parte più importante e sconvolgente: il futuro disastroso che Jake causa salvando JFK.
    E, non uccidermi, ma James Franco è un cane. Ci avrei visto benissimo un Jon Hamm.

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    1. Franco mi piace sempre, non posso farci nieite, certo, qua e là sembra che imiti se stesso in una delle tante commedie grottesche con Rogen, ma il lavoro lo porta a casa. Jon Hamm è perfetto per gli anni '60, ma vedere Don Draper evitare l'omicidio JFK sarebbe stato un po' troppo...

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  5. La pubblicità che ho letto sul giornale è geniale. Spero solo che non sia meglio del prodotto finale, facendo rimpiangere un hype che rimane comunque 'grosso come una casa'. :-)

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