26 aprile 2025

Chained for Life

Prima di A different man, c'è stato Chained for life.
Prima del teatro, il cinema
Ma lo stesso sguardo curioso e intrigato dall'aspetto fisico, di attori chiamati ad essere belli, affascinanti, desiderati. E poi le comparse, chiamate per sceneggiatura ad essere diverse, con disabilità e malformazioni ad accentuare quella bellezza e quel distacco.
Aaron Schimberg non nasconde la sua ossessione, né per l'aspetto fisico degli attori che sceglie per sceneggiature che dell'aspetto fisico parlano, né per il cinema in sé mettendo in scena un film nel film, che parla di film, che parla di cinema e che contiene altrettanti film al suo interno.


Di per sé, si tratta di un dramma da camera, dal sapore europeo, su un'attrice chiamata a immedesimarsi in una donna cieca a cui viene chiesto di non vedere la diversità degli altri attori in scena. Ma le carte, come un dramma europeo che si rispetti, si confondono, con quella protagonista che passa in secondo piano, soppiantata dalla comparsa che interpreta Rosenthal e dal folto gruppo di "diversi" che occupano il set, giocano sul set, costruiscono il proprio film partendo anche dal film che devono interpretare mente un serial killer si aggira pe la città con le sue cicatrici.
Insomma, un gioco di specchi, di parentesi e di sogni, di metafore e di citazioni.
Tra Shakespeare e Orson Wells, è meno lineare di A Different Man ma decisamente più gustoso per come immerge in un set cinematografico, prendendo in giro il proprio set e pure il proprio regista, dal finto accento tedesco e dalla finta storia assurda che lo circonda come una leggenda.


Adam Pearson è qui meno brillante dell'Oswald che me lo ha fatto conoscere, ma è comunque capace di rubare la scena alla mite Jess Weixler, intrappolata in ruolo e in una certa etichetta che non le permette di brillare.
In quello che non è un esordio vero e proprio ma è di certo un campo di prova che Schimberg supera brillantemente, c'è ancora una certa dose di sfacciataggine la già una consapevolezza di intenti e mezzi.
Un regista americano che vuole essere europeo, che sperimenta e gioca, che osa e che sfida il pubblico a osservare quelle diversità a cui non è abituato.
La sfida è vinta, sono pronta alla prossima.

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