2 settembre 2016

Venezia 73 - Le Ultime Cose


Le ultime cose sono quegli oggetti che chi, non potendo più fare altro, porta al banco dei pegni: il terzo del loro valore in mano, in contanti, tre mesi più uno per poterli riscattare.
In tempo di crisi, a frequentare il banco, a impegnare gioielli, oggetti di valore, pellicce, sono le persone più disparate, alla ricerca di soldi facili e immediati, ma ancora non pronti a lasciar andare ricordi ad essi legati.
E' in questo mondo di disperazione che Irene Dionisio ha puntato la luce per il suo balzo dai documentari alla finzione, cercando con quella luce di alleggerire i toni.

Per farlo, però, si aiuta solo di una musica leggera e disincantata, mentre i vari personaggi che compongono questo film corale sono davvero gli ultimi: tra un trans abituata al lusso che si ritrova a vendere e svendersi quanto di più caro, un anziano che mette da parte morale e valori per mandare avanti la famiglia, la donna che, nonostante un lavoro doppio, rinuncia a gioielli e alla speranza di riaverli.
A fare da sguardo guida, un giovane appena assunto al banco dei pegni, che registra la disperazione e la frustrazione, che vede soprattutto l'ingiustizia in un banco che poco dà, ma molto riceve, in valori abbassati, raggiri sottobanco e aste che arricchiscono le tasche di pochi.
Il potenziale, per farne un film diverso, per farne un film in cui lo spiraglio di tragicommedia fosse più splendente, c'era, ma ad uscire è un dramma dai personaggi poco tratteggiati, che sembra non aver fine, e che soprattutto sembra essere privo di ogni speranza.
Ed è un peccato, perchè il tema, l'importanza di singoli oggetti e della loro storia che viene svenduta al miglior offerente, apre un mondo. Purtroppo le luci sono puntate più sulla denuncia sociale che non sull'immaginazione e la leggerezza, come se la Dionisio lo sguardo da documentarista non lo voglia abbandonare.
E fa bene, per carità, ma non soddisfa la parte di me che anche nella bruttezza imbruttente, nella tragedia quotidiana, ricerca qualcosa per cui sorridere.

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