(Qualche SPOILER c'è)
Lo si è atteso per 3 anni, con in mezzo un piccolo contentino dello scorso capodanno.
Io, che Sherlock l'ho scoperto tardi, solo e per esteso a fine 2014, mi sento allora un po' più fortunata, per quel bingewatching che mi ha permesso di capire e condividere l'amore verso Benedict Cumberbatch e la sua voce, per questa serie atipica, composta di tre soli episodi per volta dalla lunghezza di un film.
Tre episodi che volano via in un niente, ma che pesano come macigni per quello che mostrano e come lo mostrano.
La firma di Steven Moffat, delle sue frasi ad effetto, delle sue riflessioni mai banali, anche quando sembra, sono le stesse di Doctor Who, d'altronde siamo davanti a un uomo piuttosto cinico, piuttosto distante dal resto dell'umanità, che si fa accompagnare da chi a questa umanità lo avvicina.
E mai come in questa brevissima stagione, il Dottor Watson è un companion fondamentale. Lo è perché Sherlock ne ha bisogno, lo è perché quel cinismo, quella cattiveria, si stanno sgretolando di fronte a un'amicizia salvifica.
Ma andiamo con ordine.
Moriarty ha annunciato il suo grande ritorno, ma di lui, tra i millemila casi in cui Sherlock si imbatte, non c'è traccia.
Lavora, lavora più come mai per incrociarlo, per beccarlo. Ma niente. La vita sembra andare avanti con tutti i rischi che comporta l'abitudine.
Così, se anche il caso di The Six Thatchers appare piuttosto semplice, è quello che nasconde a valere, quella corsa in giro per il mondo alle calcagna di Mary, quel suo passato che ritorna, e non poteva non tornare a chiedere il conto.
L'inizio in sordina di questa quarta stagione, porta così ad un finale drammatico, forse un tantino sovraccarico di emozioni, e si resta basiti, si resta soli e disperati.
Così da ritrovarlo, solo e disperato, Sherlock, irriconoscibile e dedito alla droga, mentre quel suo amico non è più suo amico, elabora come può un lutto impossibile da elaborare.
Ma c'è un video, ci sono istruzioni a cui attenersi, per salvare entrambi dall'inferno.
The Lying Detective regala così le frasi più belle, quelle à la Moffat, regala i momenti più belli con una signora Hudson tutta da invidiare e un cattivo che fa rabbrividire. Pure il caso che ci sta dietro, ha questa volta una sostanza maggiore, e porta ad un altro finale altamente drammatico e sorprendente, che apre porte che non si sapeva ci fossero, mentre Watson, il sempliciotto, il sempre stupito Watson, vanta ormai una capacità di ragionamento Sherlockiana.
E siamo al gran finale.
Un finale davvero grande.
Tutto chiuso, o quasi, in un'isola, (e il quasi equivale a una scena bel-lis-si-ma all'interno del 221B) tutto chiuso, o quasi, in un passato rimosso che torna a bussare.
The Final Problem è un episodio al cardiopalma, con punte di drammaticità difficili da gestire, e che in effetti, nel finale, non vengono gestite al loro meglio.
Ma quella sbrigatività eccessiva è un piccolissimo neo all'interno di una perfezione dove c'è la perfetta entrata in scena di un Moriarty idolesco, la perfetta presenza di una signora Hudson ancora più idolesca dopo la sua Aston Martin, la perfetta redenzione di un personaggio non proprio simpatico come Mycroft, finalmente umano, finalmente fraterno, e infine, una fine che ancora non si sa se sarà definitiva, ma che se anche lo fosse, è perfetta così.
Con tante avventure ancora da vivere, ancora da raccontare, forse, con una coppia non perfetta, vero, ma semplicemente così com'è.
Non vedo l'ora di vederlo. Le prime tre le ho adorate, e penso sarà così anche per questa quarta.
RispondiEliminaLo sarà, vedrai... più umanità, più lacrime!
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