Gender.
Una parola che mai come in questi tempi fa drizzare le antenne.
Se ne parla, se ne discute, ci si incaponisce.
Ovvio che Hollywood arrivasse per farne un film, per mettere chiarezza.
Ma non è della Hollywood più influente che stiamo parlando qui, nonostante la presenza di tre star hollywoodiane appartenenti a tre generazioni -come il titolo italiano sottolinea- ma di una regista, Gaby Dellal, inglese, che ha lavorato tre anni alla sceneggiatura del film prima di esordire al Toronto Film Festival.
Il tutto per parlare di Ray, come il titolo originale -About Ray- sottolinea.
Ray è un ragazzo, ha 16 anni, ha il seno e il ciclo.
Ray era Ramona, ma fin da quando aveva 4 anni ha capito che quel corpo non andava per lui, che lui era un lui, nonostante una madre che gli comprava vestitini rosa.
Ora che ha 16 anni, Ray vuole ricominciare, rinascere.
Iniziare un terapia al testosterone per fermare quel ciclo, per far crescere la barba. Vuole ricominciare in un nuova scuola, con nuovi amici. Da zero.
3 Generations non è però un film interamente dedicato a Ray, ma anche alla sua singolare famiglia, che vive in un palazzo di più piani, stretti e da invidia, con una madre single che ha volutamente perso i contatti con il padre di Ray, e che ora deve rintracciare, con una nonna lesbica e la compagna di quest'ultima, paradossalmente più materna e comprensiva.
L'inizio della terapia di Ray coincide con gli inevitabili dubbi e le inevitabili discussioni sul da farsi, con una firma, anzi, due firme, da portare al medico, con crisi esistenziali e ondate di sentimentalismo annesse.
Ed è qui, che la Dellal punta maggiormente, punta su una madre e una nonna sui generis, sui loro battibecchi conditi da dialoghi pieni di ironia e leggerezza, strappando più di una risata, anche quando infelice.
Purtroppo, lo stesso non fa parlando di Ray, della sua di crisi, caricando troppo in poesia e autorialità, con video da youtube e canzonette, i dubbi di questa adolescente, puntando sull'effetto drama, non riuscendo a scavare a fondo.
Ed è come se convivessero due anime, nel film, come se si volesse strizzare l'occhio ai due modelli di riferimento del cinema indie, quello appunto più comedy, più leggero e disincantato (di cui fanno parte anche i colori, la fotografia, la scenografia e i costumi), e quello invece più serioso.
L'equilibrio, quindi, manca.
Si hanno per fortuna tre ottime prove, con Elle Fanning che si dimostra nuovamente magnetica, anche nei panni di un ragazzo, con la Sarandon pungente e in parte, e con la Watts così sfaccettata e bella.
Sulla questione gender, per fortuna, si parla, si discute, si cerca di capire e di aiutare, in modo non banale, mettendo a fuoco le reazioni, il coinvolgimento, di tutte e tre le generazioni coinvolte.
Ma si pecca di sensazionalismo, si pecca nel condire tutto con un alone indie che non sempre sta bene, soprattutto se paragonato alla delicatezza, allo sguardo meno coinvolto e meno giudicante del francese Tomboy.
Hollywood di passi sulla questione gender ne farà ancora, questo primo, resta incerto.
Regia Gaby Dellal
Sceneggiatura Nikole Beckwith
Musiche Michael Brook
Cast Elle Fanning, Naomi Watts, Susan Sarandon
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Non lascia il segno, è un po' televisivo, ma mi ha divertito e fatto pensare.
RispondiEliminaLe tre, al solito, bravissime. E la Fanning, ogni volta, lascia a bocca aperto: anche vestita da maschietto non inganna (sebbene molto credibile). :)
La Fanning qui aveva un po' di Ian Gallagher che non guastava, ma sì, buca sempre lo schermo.
EliminaLe parti migliori del film sono quelle comiche/ironiche, poi si cerca di fare i seri e si scivola troppo nella retorica.. peccato.
Ahahahah, l'ho detto anch'io che somigliava a Ian, sai?
EliminaSembra un film di quelli che, con un regista come Jean-Marc Vallée, avrebbero potuto lasciare il segno.
RispondiEliminaCosì mi sembra una visione che potrei anche affrontare, ma senza particolare fretta...
La parte leggera, è leggera davvero e ben fatta, con buone battute e buona alchimia fra le attrici. La parte seriosa che cerca di scimmiottare Vallée invece affossa il tutto, ma male male non è.
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