17 ottobre 2018

Un Affare di Famiglia

Andiamo al Cinema

All'apparenza, una famiglia come tante.
Una nonna a cui spetta una pensione come si deve, una figlia che la accudisce, suo marito che si arrabatta tra un lavoro e un altro, una nipote o forse una figliastra che sfrutta la sua bellezza ed è consapevole di quel che fa, un nipote, affezionato al padre, al nido che si è creato all'interno di una casa piena zeppa, ingombra, caotica ma in cui non manca mai del buon cibo.
A guardar bene, però, una famiglia diversa, unita oltre che dai sentimenti, anche dal denaro, che ci si procura in modi fantasiosi ma che sempre con il rubare hanno a che fare, che sia fra i vestiti che si devono stirare, i sussidi statali o fra le corsie di un supermercato.
Succede che a questa famiglia atipica si unisce una bambina, figlia di genitori violenti che nemmeno ne denunciano la scomparsa. Lei -inizialmente vista con diffidenza e come probabile fonte di problemi- finisce per alimentare l'unione, smussare gli angoli.



La si segue, allora, questa famiglia, ci si banchetta assieme, con il cibo che diventa sempre più protagonista, continua metafora di calore, di bontà, di condivisione più pura.
Fino a un colpo di scena, fino al rivelare cosa davvero unisce, quali sono i gradi di parentela.
All'apparenza, Un affare di famiglia è un film piccolo, dal sapore neorealista, con la quotidianità familiare messa in scena, con le ferite fatte cicatrizzare a crescita lenta.
Ma un film così piccolo è arrivato a vincere Cannes, e allora uno sguardo più profondo se lo merita.


E ci trovi un messaggio su cos'è davvero la famiglia, ci trovi un ritratto universale, sì, ma ovviamente particolare, in quegli angoli di mondo giapponese che il cinema -soprattutto quello che esce dai confini- non sempre mostra.
Ci trovi immagini piene di poesia, una colonna sonora altrettanto caratterizzante e ci trovi soprattutto interpretazioni da applausi, naturali sia se si hanno 75 anni che appena 7.
Sono i personaggi a rendere unico il tutto, sono i singoli a creare l'insieme vincente.
Un affare di famiglia non sarà fra le mie Palme d'oro del cuore, resta quel ritmo lento tipico dei film orientali con cui continuo ad avere un rapporto difficile, ma è una Palma d'oro che con orgoglio ribadisce di credere nella speranza, nei buoni sentimenti, quelli non mielosi, quelli in cui si trova rifugio quando al mondo sembra non esserci più chi ci accoglie.

Voto: ☕☕½/5


6 commenti:

  1. Poco amo i film da festival, poco amo i film orientali, ma questo, non so bene perché, mi ispira sin dall'uscita. Spero di vederlo presto. :)

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    1. La componente familiare gioca a suo favore, e infatti sono i personaggi -più della quotidianità della storia- a conquistare, vedrai ;)

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  2. Un film di Kore'eda Hirokazu non può passare inosservato. Da vedere assolutamente.

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    1. Infatti credo che mi recupererò comunque Ritratto di famiglia con tempesta.

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  3. Io l'ho adorato. Direi che l'aspetto più bello e importante del film (aldilà delle ottime interpretazioni, come dici) è la riflessione sul ruolo di famiglia e di genitore. I veri genitori sono quelli che ti mettono al mondo o quelli che si prendono cura di te? Kore-eda prova a farci ragionare, e lo fa con una grazia (per me) sublime. Lo dico a denti stretti :) : quest'anno la Palma d'oro di Cannes batte alla grande il Leone d'oro di Venezia...

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    1. A ben guardare sono due lati della stessa medaglia, con la famiglia e la quotidianità al centro e che non ha certo bisogno di effetti speciali per colpire, basta il giusto sguardo ;)

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