Lone Scherfig può ormai considerarsi una regista inglese a tutti gli effetti.
E non perchè ha rinnegato gli stilemi del Dogma 95 della sua Danimarca, ma perchè sia nell'ambientazione che, soprattutto, nello stile, i suoi ultimi film richiamano quella cinematografia inglese che fa dell'eleganza e del velo di nostalgia che li permea i suoi caratteri fondamentali.
Se poi vogliamo proprio fare i puntigliosi, i suoi film precedenti avevano anche quel sentore parigino che l'attraversata de La Manica giustificavano, con l'azione sia di One Day che di An Education che si spostava dalla Londra classy alla Parigi romantica.
E se vogliamo continuare ancora questo gioco di rimandi e di richiami nella filmografia della regista, possiamo ritrovare in tutti i suoi lavori la bravura con cui riesce a raccontare e inquadrare i giovani, il modo in cui ci racconta la loro crescita e i loro primi amori.
Tutto questo ritroviamo infatti in Posh, forse il film più inglese che potesse fare, visto che l'azione si svolge interamente nella privilegiata Oxford.
Giovani, titubanti, imbarazzati e speranzosi, le cui timidezze, le cui speranze si incontrano e si scontrano tra i muri storici dell'università, spingendoli al confronto e al cambiamento senza quella gentilezza a cui siamo spesso abituati.
C'è infatti un club esclusivo, una vera e propria leggenda all'interno del campus, la cui nascita risale addirittura al 1776, quando per commemorare il libertino e edonista lord Ryot i suoi più cari amici si riunirono dal giorno della sua morte in cene ed eventi in cui vino, droga e donne non mancavano mai.
Da allora, ogni anno il Riot Club deve riunirsi e celebrare la vita, componendosi sempre di 10 membri che corrispondano alle caratteristiche leggendarie dei fondatori e abbia in sé un po' di lignaggio nobile.
Nella loro diversità, Miles e Alistair finiscono per essere le matricole prescelte per l'iniziazione, e dopo prove a base di porto e umiliazioni varie, vengono ammessi a questa esclusiva associazione, che vede nella cena baccanale il suo fulcro più importante.
E cosa può succedere se uno è fondamentalmente un bravo ragazzo, che nel frattempo ha trovato una ragazza da amare, mentre l'altro è un rancoroso figlio di papà, da sempre chiamato a competere con tutti e in particolare con un fratello maggiore e di successo?
Succede il prevedibile, con la cena che si tramuta in una gara tra i due, con il buono che subisce, con lo snob che incita alla violenza, mentre a farne le spese saranno la fidanzata del primo e i proprietari del locale che li ospitano, colpevoli di essere semplici e poveri borghesi.
Proprio nella banalità della trama sta purtroppo il punto debole del film, che a livello tecnico (per quanto qualche musica in più e più di impatto -si salva solo la classica Wild Boys- non sarebbe stata male) non ha nulla da eccepire, riuscendo a far scoprire quella Oxford così antica anche a noi studenti italiani abituati a ben altro, ed ammantando il tutto in un'eleganza tipicamente british e molto posh.
Peccato però che le svolte del racconto siano facilmente prevedibili e immaginabili, con quella sensazione di "ecco, lo sapevo" in cui ci si ritrova troppo spesso.
A differenza dell'opera teatrale da cui è tratto, però, Posh cambia il suo finale, costruito tutto in anticlimax che non rispecchiano quanto ci si aspetta rimescolando almeno un po' le carte in tavola.
Ottimo poi il cast, composto da bellocci come pochi come Max Irons (sì, figlio di Jeremy), Sam Claflin e Douglas Booth che fanno facilmente breccia nel cuore femminile, mentre i maschietti ritrovano volentieri la formosa Jessica Brown Findlay (Dowton Abbey) e una Natalie Dormer (Game of Thrones) quanto mai in parte.
Mancano quindi scene cult e attimi di puro godimento, ma resta una composizione ben sostenuta e ben architetta in cui ognuno svolge la sua parte a dovere.
E a volte, per quanto con un po' di delusione, basta anche questo.
lo attendevo con curiosità, però la tua mancanza di entusiasmo mi fa temere...
RispondiEliminaMancano scene cult, e soprattutto manca una trama più mordente.. gli ingredienti c'erano tutti, pare però che la ricetta non sia così riuscita. Attendo il tuo parere, adesso :)
EliminaPer una volta il titolo italiano è corretto, visto che riprende il titolo dell'opera teatrale (che, a parte Max Irons, son bruttarelli forti rispetto al cast teatrale). Avevo delle aspettative anche io, ma la rece non conforta...!
RispondiEliminaAdesso sono curiosa di vedere il cast teatrale, perchè io Claflin e Booth non li butto certo via :)
EliminaBellezze a parte, un'occhiata gliela si dà, e pure con piacere perchè ben fatto e intrigante, ma poteva essere molto di più.
Lo voleva vedere la mia ragazza, ma non è che mi attiri molto..
RispondiEliminaVisto adesso. Si lascia guardare, ma è meglio la cornice del quadro stesso.
RispondiEliminaLa regista ha uno sguardo riconoscibile, mi piace moltissimo, e il cast di belloni fa il suo dovere. Manca la cattiveria vera, per me. Fanno più una sanissima, comune antipatia che rabbia, se non fosse per il prevedibile punto di arrivo finale. Dal mio punto di vista maschile, comunque, Irons era il più brutto, ahahahah. Volevo fare, visto che è tempo di listoni, anche una lista dei belli e delle belle... per i belli, mi sa, mi serve un altro punto di vista :)