26 agosto 2015

Eden

Andiamo al Cinema

C'è una cosa che dei francesi non ho mai apprezzato.
Adoro il loro Paese in cui anche quest'estate sono tornata, adoro la loro cucina, adoro le loro città e adoro anche il loro cinema, seppur con qualche disappunto qua e là.
Ma non sono mai riuscita ad apprezzare a pieno la loro musica, e non parlo delle ballate struggenti d'altri tempi, parlo di quella musica elettronica che dagli '90 ha iniziato a prendere piede nelle discoteche e nelle radio, una musica elettronica che miscela il freddo della base al calore della voce, che ha prodotto miti veri come i Daft Punk e un genere a sé stante: la french touch.
Pur conoscendo tutti i singoli del duo misterioso, pur apprezzando quelle canzoni orecchiabili che deejay passa, no, questa invenzione dei francesi non la so amare.


Sarò riuscita ad amare allora un film francese che di questo genere francese parla?
No.
E non solo per colpa di canzoni che affollano la colonna sonora di cui poco mi interessava, ma fondamentalmente per una costruzione mal riuscita di una trama confusa spesso condensata, altre volte lenta, e per un protagonista difficile da inquadrare e trovare simpatico.
Conosciamo Paul in giovanissima età, che scappa la notte per raggiungere feste lontane, dove si suona musica garage, dove una nuova elettronica viene conosciuta e sperimentata da dj che prendono piede in una Parigi pronta a scoprirli: sono gli anni della fanzine del Collectif eDEN, della radio FG, e Paul e i suoi amici decidono di buttarcisi, iniziando a produrre musica loro, iniziando ad assaggiare il successo: Paul con Stan darà vita ai Cheers, Thomas e Guy ai Daft Punk, nel mentre Cyril si occupa di grafica.
Sono però gli anni della droga, dei rave e dei party in discoteca dove di cocaina ne gira tanta e di donne pure, con Paul che conosce un'americana che gli spezzerà il cuore prima, e compagne di una notte o saltuarie presenza che fanno della sua vita una vita ancora più sregolata, soprattutto agli occhi di una madre che lo vorrebbe accasato e tranquillo.
Il successo però arriva, con tanto di tournée negli States, ma successo non significa ricchezza, e Paul si troverà spesso e volentieri a corto di soldi, con debiti causati dalle sue dipendenze, dai vizi e dagli ingaggi, con gli amici e la passione che un po' svaniscono.


E' la classica storia di una parabola ascendente e discendente, ma raccontata male.
Non c'è modo di affezionarsi a Paul, non c'è modo di simpatizzare per una o per l'altra delle sue ragazze, nemmeno se una di queste è interpretata da Greta Gerwig: tutto appare troppo superficiale, troppo veloce seppur all'interno di una trama che ha momenti di lentezza e che qua e là meritava decisamente una sforbiciata.
Manca il cuore, manca il coraggio, manca l'originalità a una vicenda che parte dal biografico, parte dalla storia vera del fratello della regista Mia Hansen-Løve, Sven, dj garage in quegli anni traballanti, che l'ha aiutata alla sceneggiatura.
Quello che ne esce sembra però più un collage di ricordi sgraziati che un vero e proprio racconto di formazione e di una generazione, un raccontare altalenante del buio della discoteca, delle notti che si fanno giorni, dei successi e delle cadute, senza però metterci l'anima.
Questa volta, quindi, non è solo la musica francese a non piacermi del tutto, è anche il suo cinema.


4 commenti:

  1. Mi sembrava noiosetto di suo e ignorando il genere musicale - di contemporaneo, francese (che poi è belga, in realtà), mi piace giusto Stromae - potrei benissimo risparmiarmelo. :)

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    1. Per quel che mi riguarda, puoi risparmiartelo, gira tanto attorno alla musica e poco ad un protagonista che non si riesce proprio ad amare.

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  2. Sulla musica francese la pensiamo esattamente all'opposto. Quindi spero vada così anche con questo film, su cui ho aspettative parecchio alte...

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    1. Staremo a vedere, attendo con ansia la tua opinione, di certo musica per le tue orecchie ne troverai a volontà :)

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