20 novembre 2015

Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza

Andiamo al Cinema

La storia è di nuovo quella: in un film, conta più il suo contenuto o come questo contenuto viene sviluppato?
Se un film è il veicolo per un messaggio importante, per una battaglia importante, lo si può criticare per come questo viene poi trattato.
Sì, si può e si deve farlo.
E in realtà dispiace che lo si debba fare con Freeheld, una storia che come i titolisti italiani hanno tenuto a precisare, parla di amore, giustizia e uguaglianza. Una storia che ha il coraggio di parlare di diritti oltre che di amore, che vuole smuovere le coscienze ancora una volta, dopo che le protagoniste di questa storia, vera, l’hanno smossa ai loro retrogradi concittadini del New Jersey, e poi, grazie a una campagna virale, all’intera nazione americana.
Non stupisce che a voler mettere la faccia su questo messaggio, ci siano i volti di due attrici attiviste e da sempre schierate per i diritti degli omosessuali come Ellen Page e Julianne Moore, stupisce un po’ di più che quest’ultima, dopo aver vinto l’Oscar con la sua sofferta interpretazione di una malata di Alzheimer in Still Alice, torni a vestire i panni di una malata terminale, questa volta di cancro.
Quello che però non va, è come tutto questo ci è raccontato.


E va bene che essendo una storia vera, si è vincolati al reale, e quindi quella composizione di una giovane meccanica, dai modi mascolini, ricorda così tanti cliché che però si infrangono davanti alle foto della vera Stacey, ma è tutto il resto che non convince: non convince come si sviluppa la trama, partendo quasi come un poliziesco, soffermandosi brevemente sull’incontro impossibile tra una detective non più giovane e decisa a non far sapere a nessuno della sua omosessualità, con la più libera e giovane Stacey, vedendo il loro amore che non cresce, però, perché dal primo incontro, dal primo appuntamento e dalla prima telefonata, passiamo direttamente ad un anno dopo, in cui le due comprano casa assieme, realizzando il loro sogno di normalità, di un focolare, di una donna da amare e da cui essere amate, di un cane, che però resta ancora un segreto per i colleghi di Laurel.
Non c’è il tempo per vedere l’amore nei loro occhi, sentire il sentimento crescere, tutto è fatto in fretta per concentrarsi poi con il grande male che improvviso piomba nelle loro vite: quel cancro allo stadio 4 che toglie tutta l’energia a Laurel, costringendola a casa, costringendola ad accettare un destino in cui però c’è un’ingiustizia: la sua pensione, pur essendo legalmente una coppia di fatto, non potrà andare a Stacey. Decisione dei Freeholder, di chi gestisce le decisioni in una contea che ha di meglio da fare che non sperperare denaro per una lesbica.
E qui, vai di cliché, vai di compagno d’azioni dapprima restio ora schierato, vai di opportunista gay che però ha un cuore d’oro e ci mette l’anima a organizzare sit in e proteste, vai di colleghi omofobi, di collega particolarmente stronzo che non ne vuole sapere, neanche di donare i suoi giorni di malattia affinché l’assicurazione di Laurel continui a coprirla, vai di Freeholder più interessati all’opinione pubblica che alla giustizia, e che quando questa cambia, bé, non possono far altro che piegarsi.


Non ci viene risparmiato niente, nemmeno i numerosi appelli letti da voci spezzate dal pianto, che ci invitano a piangere con loro, a strapparcele a forza quelle lacrime dagli occhi, ostentando una malattia, debolezze, fino alla fine.
Ora, se così facendo si entra nel cuore del pubblico, anche il meno esigente, va bene. Perché Freeheld mostra l’ignoranza e le numerose falle di un sistema che non protegge noi e chi amiamo, mostra come due donne semplici, senza volerlo, hanno cambiato la storia, e continuano a farlo anche grazie a un film che si fa promotore di un movimento, di un messaggio, soprattutto, che parla di uguaglianza.
Ma se così facendo non si fa un bel film, si fa un film ruffiano, dove non bastano interpretazioni convincenti, (anche da parte di personaggi secondari come quello di Michael Shannon e il caratterista Steve Carell) perchè manca una profondità e una struttura, un elevamento rispetto ad altri film simili, anche se su coppie etero, allora, per quel che mi riguarda, l’obiettivo non è centrato.


2 commenti:

  1. Mi sapeva di ruffianata che punta sui lodevoli contenuti, senza però troppi altri pregi, e tu me ne hai dato triste conferma.
    Magari, e ho detto magari, gli darò comunque una possibilità...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Magari il tuo cuoricino ne viene rapito, ma se non ho versato lacrime io perché non volevo farmi arruffianare, chissà cosa succede a te :)

      Elimina