1 giugno 2016

Truman

Andiamo al Cinema

Il cinema spagnolo ha ricominciato, timidamente, a trovare spazio nella nostra programmazione al cinema.
E si parte ovviamente da quei film forti, i film vincitori in patria, che hanno spopolato al botteghino e convinto i critici, facendoli così trionfare ai premi Goya, dove -un po' come da noi- quando si vince come miglior film, si vince anche in tutte le categorie principali.
È successo nel 2014 a La vita è facile ad occhi chiusi, che qui, causa doppiaggio, causa trama un po' debole, non ha fatto faville.
È successo nel 2015 a La Isla Minima, thriller lento à la True Detective dove erano più importanti i detective che non il caso di omicidio da risolvere, che pur convincendo, aveva lasciato delle perplessità.
È successo, in questo 2016, a Truman, storia di un'amicizia al maschile che si riforma dopo anni ma che sta per rompersi, o interrompesi, a causa di un cancro incurabile. E storia di un cane a cui trovare una nuova casa.
E com'è andata questa volta?

È andata che ho capito cosa non mi torna di questo cinema spagnolo che fa incursione da noi: il tempo
L'utilizzo del tempo, il tempo dei dialoghi, i tempi comici.
Sono diversi, irrimediabilmente diversi, e se con La Isla Minima ero riuscita a farmi avvolgere da quella lentezza, da quei paesaggi, con La vita è facile avevo già trovato difficoltà negli espedienti comici che comici non sembravano, e stessa cosa succede qui, ora.
Perchè siamo onesti: di film a tema cancro, ormai, è pieno il cinema, di film a tema cancro che cercano di affrontare la malattia come la morte con leggerezza, con spunti da commedia, pure.
A fare la differenza, allora, devono essere gli interpreti, deve essere la sceneggiatura.
In questo caso, gli interpreti li abbiamo, dallo stropicciato ma affascinante Ricardo Darìn, al timido e schivo Javier Càmara, meno viscido rispetto al professore in viaggio per incontrare John Lennon.
Quello che manca, purtroppo, è una sceneggiatura che risulti incisiva anche da noi.


Perchè è bello, sì, il viaggio di espiazione, di riconciliazione, e di preparazione all'addio che questi amici fanno.
L'emozione di un incontro a distanza di anni a Madrid, tra Tomas, emigrato in Canada, e Julian, immigrato anni or sono dall'Argentina, attore decaduto, prossimo alla morte.
Li seguiamo, tra un appuntamento dal dottore per affermare che no, la chemiorterapia non si continua, uno alle imprese funebri per scegliere le modalità del funerale, tra un viaggio improvvisato ad Amsterdam, e soprattutto, la ricerca di una nuova casa, una nuova famiglia per Truman, il bullmastiff di Julian.
Visto il titolo, ci si aspetta una maggior focalizzazione su questa storyline, e invece, relegato a comparsa, lasciato in disparte, almeno fino al finale, Truman sembra non trovare spazio.
Le parole, tante, i silenzi, pure tanti, riempiono il tutto.
In un imbarazzo palpabile da parte di quell'amico costretto alla visita, in parole che non si ha il coraggio di dire, di affrontare.
E restano in sospeso, anche, molte incognite: dal perchè Tomas sia volato via al perchè sia suo compito e dovere pagare ogni cosa, dal rapporto di attrazione ora ripreso tra Tomas e la cugina di Julian, Paula.
Fatti, storie, che non vengono approfondite. Che restano da intuire grazie a piccole frasi che chissà se quello vogliono dire.
Mentre quello che vediamo dovrebbe coinvolgerci, dovrebbe commuoverci e toccarci, e invece a causa di tempi dilatati e diversi, di tempi di narrazione che si fanno più lenti, meno frizzanti rispetto a una produzione inglese, per dire, Truman finisce per lasciare freddi, troppo freddi.


Regia Cesc Gay
Sceneggiatura Cesc Gay e Tomàs Aragay
Musiche Nico Cota e Toti Soler
Cast Ricardo Darìn, Javier Camara, Dolores Fonzi
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1 commento:

  1. Io La Isla Minima l'avevo mezzo odiato, noiosissimo, mentre mi era piaciucchiato La vita è facile a occhi chiusi. Chissà questo, allora!

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