26 marzo 2017

La Domenica Scrivo - Nomi

Cartesio il divano.
Artistico il tavolo.
Tea o Cloudy il colore della cucina.
Man mano che la burocrazia avanza, avanzano anche le decisioni sulla nuova casa, e mi ritrovo sommersa da nomi, e mondi, che mai avrei conosciuto.
E mi chiedo, come al mio solito, chi mai li decide questi nomi?
Cos'ha a che fare quel divano con penisola sobrio ed elegante, con Cartesio, il filosofo, il matematico?
C'entra forse la matematica, di per sé, o il suo designer ha scelto un semplice nome, che suonava bene, e lo ha aggiunto al catalogo?
Meglio va con l'Artistico, un tavolo che effettivamente sembra un'opera d'arte e come tale costa, motivo che lo rende piuttosto proibitivo per le nostre tasche.
Riflettendo su tutto questo, comunque, ad uscirne è un'altra domanda, un'altra riflessione domenicale che riguarda proprio quei nomi, la loro importanza, il nostro bisogno di nominare, per sentire nostro.
Io, per esempio, sono una che cambia il nome alle cose, che il cesto per stendere perchè blu, come il periodo artistico di Picasso che più preferisco, lo chiamo Pablo, che nomino pure le piante, e così per casa abbiamo Robbie il Ficus Robusto, LaMiaQuercia che è ovviamente la mia quercia, che mi segue nei vari traslochi da almeno 15 anni, e Loretta, la pianta di Goji (e lo capite, vero, il perchè di quel nome? Vero?)



Non sono la sola, però, a fare di queste follie.
Ci sono lingue, per il mondo, e quindi popoli, che nominano cose, fatti, stati d'animo, riempiendoli di poesia.
Ci sono parole intraducibili, nomi che diventano per noi frasi, e che Ella Frances Sanders ha raccolto nel bellissimo libro Lost in Translation, reso ancora più bello dai suoi stessi disegni.
Tra queste parole, questi nomi, c'è ad esempio lo svedese Resveber, l'ansia, il batticuore, che si ha prima di un viaggio, quello stato d'animo in equilibrio instabile tra la felicità di quanto sta per avvenire, e la speranza che questo avvenire sia bellissimo. In Tulu, invece, chissà perchè hanno dato un nome a quei segni che calzini, maglie lasciano quando troppo stretti, Karelu, dicono loro, in semplicità, brevemente, senza perdere altro tempo per spiegarlo.
E quanta magia c'è, poi, nel dare un nome, nell'identificare e così riconoscere quel momento, quell'euforia che si prova quando ci si sta innamorando? I norvegesi, che la sanno lunga, chiamano quel momento Forelsket.

Quello che si sa, dalla scienza e dalla psicologia, è che dare un nome significa appropriarsi di qualcosa, sentirlo proprio, vicino, sentire di conoscerlo, anche quando magari non è vero.
E allora, viene da chiedersi, quanto possa influenzare il nome di una persona.
Io, per qualche ora, sono stata Sonia.
L'indecisione di due genitori, lo scherzo di un padre, che tornato dall'anagrafe dichiara che ha deciso lui, che non sarà Lisa, sarà Sonia.
Sonia sarà, per qualche ora, finché la verità non viene a galla, il mio vero nome mi viene assegnato.
O almeno, così mi è stato raccontato non so quanti anni fa, e mi ci sono tanto affezionata a questa storia, che continuo a crederci e raccontarla.
Ma sarebbe cambiato qualcosa della mia vita, da Sonia?
Forse, chissà.
Di certo mi sarei risparmiata i tanti coretti di Lisa dagli occhi blu privi di fantasia che negli anni mi sono sorbita, ma mi sarei pure persa la bellezza di scoprire nel retro di un taxi, che ne esiste un'altra di canzone per me, intonatami da un regista africano al mio primo festival (di cinema africano, ovviamente), e che è quanto mai azzeccata: Sad Lisa, di Cat Stevens.
Da Sonia, forse, mi sarei resa e avrei reso la vita più facile all'inizio del rapporto con il giovine, che con un'altra Lisa prima stava, ma che almeno, così, poteva sbagliare e confondermi senza provocare gelosie, ridiamoci su.
Sarebbe cambiato qualcos'altro? Sarei cambiata, io, con un nome diverso?

Quello stesso studio dice che sì, il proprio nome influisce sulla persona, ma influisce in base al peso che quel nome ha, alle sue storpiature, ai nomignoli che, grazie a un nome corto, non ho mai avuto.
E viene da chiedersi, allora, quanto potere ha un nome, quanta suggestione, di quali significati lo carichiamo?
E non posso che ricollegarmi a quel documentario geniale, nato da una domanda che pure io, una sera, mi sono ritrovata a fare, con google che per rispondermi mi indirizzava proprio da Matt Ogens, il regista, che se l'era posta prima di me, e che c'aveva pure fatto un documentario:
Esistono ancora gli Hitler, per il mondo? Un cognome tanto pesante, da cui non si può sfuggire, viene ancora usato?
La risposta è sì.
Sì, di Hitler o di cognomi storpiati (Hittler) che a Hitler riportano, ce ne sono, e parecchi.
Matt Ogens ha voluto incontrarli, ha voluto capire perchè non sono andati all'anagrafe a cambiare, a rendersi la vita più facile, ma soprattutto, se la vita è stata diversa, a causa di quel nome.
La risposta, ancora una volta, è sì.
C'è chi l'ha tenuto per orgoglio, perchè apparteneva alla famiglia da prima dell'avvento di Adolf, c'è chi stoicamente si è opposto, ma ha accettato di buon grado che i figli, stanchi di battute e occhiatacce, lo modificassero, e c'è chi invece lo ha scelto per il figlio.
Sì, al mondo, esiste un Adolf Hitler Campbell, figlio va da sé di un neonazista americano, che ha così doppiamente segnato la vita del figlio non solo per l'ignoranza di un padre, ma pure per un nome con cui difficilmente riuscirà a convivere senza danni.
La mia riflessione domenicale si chiude qui, dopo aver capito quanto un nome conta, pesa, nella lingua di un popolo come nella vita del singolo, e nel frattempo, resto in attesa: ho scritto al designer di Cartesio, il mio divano, per avere delucidazioni su quel nome. La sua risposta, se non mi crede una pazza, prima o poi arriverà.

Per saperne di più sul libro Lost in Translation QUI
Il trailer del documentario Meet the Hitlers QUI

4 commenti:

  1. il mio nome mi è sempre piaciuto moltissimo, però credo davvero che in nomen omen, e che se mi è stato dato Alice, c'è un perché...

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    1. Lo credo anch'io, sono quindi felicissima della scelta di Lisa, e Alice, con il suo mondo meraviglioso, è un bellissimo nome ;)

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  2. Io non mi vedrei mai con un altro nome, e poi ci sono affezionato e fa parte di me, senza non sarei io ;)

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    1. Proprio così, certo, se ci si chiamasse Adolf Hitler forse forse appena possibile lo si cambierebbe di corsa il proprio nome...

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