Andiamo al Cinema
Lei è appena rientrata da un viaggio in Oklahoma, quell'Oklahoma che era casa.
Casa ora è New York, dove sapersi muovere, dove sapere con chi stare.
O forse no.
Lui è l'autista di un taxi, il taxi che porterà lei a casa, a New York, in quella che è l'ultima corsa della giornata.
Stiamo dentro quel taxi per più di un'ora con loro, bloccati nel traffico, bloccati da un incidente, stanchi e assonati, dubbiosi e con la voglia di parlare.
Una voglia che sembra sparita dalla vita di autisti anonimi, di passeggeri attaccati al loro telefono.
Sono diversi, lui e lei, si annusano, si studiano, iniziano a confrontarsi.
Sfidandosi, provocandosi, toccando il limite e alla fine riuscendo ad avere una scambio umano che, nel cinema come nella realtà sembra difficile.
Due attori, una location
Se si esclude la partenza e l'arrivo, il film di Christy Hall sta tutto qui: dentro ad un taxi che nella realtà di produzione è in uno studio contorniato da LED, attorno alle prove di Dakota Johnson e Sean Penn.
Lei che è ormai una beniamina dei piccoli film, e che qui aiuta un'esordiente facendosi pure produttrice e illuminando la scena come al suo solito, con quella naturalezza e sfrontatezza che le è tipica e che non stanca, riuscendo a coinvolgere pure Sean Penn.
Un attore con un ego ormai ingombrante, con la fama che precede le poche prove d'attore da ricordare negli ultimi anni.
Vicino di casa di Dakota, Sean è stato convinto con poco. È bastata la sceneggiatura di Hall, che doveva essere un'opera teatrale, che doveva essere interpretata da Ridley e che invece è finita nella famosa blacklist di Hollywood nel 2017.
Sean Penn è il taxista come te lo aspetti, che sembra uscito da Milano più che da New York, contro Uber, contro i pagamenti elettronici, contro quei telefoni che fagocitano le persone e chissà, probabilmente anche complottista ma si ferma a una certa misoginia tipica di una generazione e di una certa cultura.
Ma riesce ad aprirsi, a confrontarsi, con una donna senza nome e senza età aperta al dialogo e che lo sfida trovando in lui una figura paterna davvero, che sotto la faccia scavata da ore di traffico, è diventato senza saperlo uno psicologo esperto.
Che dispensa consigli su amore e sesso, che indovina passati dolorosi e viene a conoscere presenti ancora freschi, che quei passati dolorosi li condivide a sua volta, con una nostalgia inaspettata anche per lui.
Il film è tutto qui, una notte, una corsa in taxi, due personaggi diversi chiamati a condividere lo spazio e il tempo.
Sono più facili da sbagliare che da indovinare i film così, che si reggono sugli attori, certo, su una regia che si deve muovere in uno spazio ristretto senza ripetersi, ma anche sui raccordi, sulla tensione che monta e che smonta, sulle pause.
Sulla sceneggiatura, dunque, che riprende temi, nomignoli e situazioni, riuscendo a commuovere pure in un finale che rischia il melenso o lo stalking.
In un equilibrio instabile che però resta in piedi.
Voto: ☕☕☕½/5
Less is more. Questo film dimostra che per fare un bel film non è che ci vadano molti elementi. Anche il budget credo sia stato ridotto al minimo. La spesa maggiore probabilmente è stata il tassametro :D
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