14 gennaio 2022

La Vetta degli Dei

Andiamo al Cinema su Netflix

Ci sono titoli che prendono un giro lunghissimo prima di arrivare a te.
Escono al cinema, in quegli eventi speciali che non calcoli, con un poster che sembra promettere l'ennesimo documentario sull'esperienza ad alta quota e nemmeno ti informi.
Arrivano su Netflix, ma Netflix è troppo impegnato a promuovere sul suo paginone sempre gli stessi titoli, o forse, i tuoi gusti si sono così omologati che un film di animazione franco-nipponico sulle esperienze ad alta quota, non fa parte del tuo algoritmo.
Infine, arrivano i listoni di fine anno. 
Quelli che creano discussioni e barricate, ma che in realtà hanno sempre un unico obiettivo: consigliare i titoli migliori.
E finalmente, La Vetta degli Dei, ti arriva.
Lo scovi, lo cerchi su Netflix, lo vedi.
E ti innamori.
Così tanto da finire pure sul tuo di listone.


Ti innamori di una storia di montagna che in fondo fa sempre parte di te.
Di quei mercoledì che sembravano domeniche, di quelle gite di famiglia che tanto avevi iniziato a detestare con l'adolescenza che bussava, tanto ti mancano oggi.
Una montagna che avevi ritrovato nel romanzo di Paolo Cognetti più noto, e in un film seppur sbagliato, capace di appassionare come Everest.
Sempre lì, siamo, in quegli 8000 che sono una sfida, con quegli alpinisti che si spingono sempre più in là.
Ed è da una storia vera che si parte nel manga di Jiro Taniguchi e poi nel film di Patrick Imbert.
Quella di George Mallory, alpinista, scalatore, forse il primo uomo a scalare l'Everest.
Forse.


Perché il suo corpo non è mai stato trovato (lo sarà solo nel 1999), le prove della riuscita della sua impresa, neppure.
La leggenda narra di una macchina fotografica in cui, chissà, queste prove potrebbero esserci.
Il fotografo Makoto Fukamachi, in Nepal per testimoniare imprese che non si compiono, incappa in una macchina fotografica che potrebbe essere di Mallory, ma soprattutto, incappa nell'ombra di Habu Joji.
Uno degli alpinisti più promettenti, dalle imprese più ardite, di cui però, da anni, si erano perse tracce.
Ricostruisce la sua storia, fa una sua missione quella di ritrovarlo e infine quella di seguirlo, raccontando a noi le cicatrici, il coraggio, la pazzia di chi sfida la sorte, la vita, pur di arrivare in vetta.


È una storia fatta di incastri, di incontri, di destini che si incrociano ai piedi dell'Everest quella de La Vetta degli Dei.
Una storia raccontata scoprendo poco a poco il passato e il presente dei suoi protagonisti.
Ma soprattutto, è una storia raccontata con un'animazione che toglie il fiato.
Quasi più reale del reale, con il gelo, il ghiaccio, il vento e la neve, la roccia, che sembra di sentirseli sotto i piedi e fra le mani.
E si resta incantati, da scene che sembrano quadri, che nessuna ricostruzione in studio riuscirebbe a dare.
Il 3D che era la carta in più di Everest sembra ora più datato del previsto, e superfluo per riuscire a trasmettere la potenza della natura.


La poesia visiva è unita ad una storia, anzi, a tre storie che incarnano e che spiegano lo spirito delle imprese solitarie, dei sacrifici e delle ossessioni.
E ne esce un film che incanta, che commuove, che è fra i migliori dello scorso anno.
Il lungo giro che ha fatto, per arrivare a me, valeva l'attesa.

Voto: ☕☕☕☕½/5

2 commenti:

  1. Tutto ciò che ha a che fare con le montagne e l'alpinismo mi lascia parecchio... freddo.
    Di sicuro questo film non rientra nel mio algoritmo e continua a farmi una gran paura. Proverò però a vederlo, cercando il momento giusto. Possibilmente al calduccio, però. :)

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    1. Il difetto di averlo visto in pieno Natale non ha aiutato a scaldarsi.
      Sono pronta a scommetter che tra il taglio giornalistico e le imprese appassionanti, saprà conquistare anche te.

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