29 marzo 2025

Better Man

Una biografia su Robbie Williams, davvero?
Di già?
Perché?
E perché soprattutto Robbie Williams è una scimmia, e nessuno ci fa caso?
Erano forse troppe domande senza una vera e propria risposta per far sì che il film di Michael Gracey riuscisse a decollare.
Primo flop della stagione, un investimento proibitivo mai rientrato in un mercato natalizio che cercava altro, che forse era stanco di biopic dedicati ai musicisti, senza attori di grido e soprattutto con una scimmia per protagonista.
Ed è un peccato, che un esperimento così sia stato un flop.
E lo dice una che fan di Robbie o dei Take That non lo è mai stata propriamente, un po' per età anagrafica (troppo giovane per subire l'ondata della boyband), un po' per i successi clamorosi ai tempi di MTV eclissati dagli ultimi anni, se non decenni, di poche hit.


Ora, invece, mi ritrovo a rimpiangere di aver perso l'anteprima di Better Man ad ottobre e poi le uniche due proiezioni nel multisala di zona, strategicamente piazzate in due serate in cui mi era impossibile andare.
Recupero in ritardo e vado in visibilio.
Non troppo per quella scimmia, anche se la scelta è metaforica, sempre si è sentito fuori posto, diverso, un buffone da circo e un pupazzo da manovrare, Robbie. Un po' perché rende il film più cupo del necessario, con la fotografia patinata e luccicante per rendere meno straniante gli effetti speciali. Quella fotografia patinata e eccessiva che nemmeno in The Greatest Showman mi aveva convinto.
Per fortuna, Michael Gracey si è fatto le ossa sui momenti musicali, e sono quelli che anche qui funzionano, prendendo le canzoni più belle di Robbie -e solo quelle- per farne dei numeri coreografati e intensi riusciti.
Tutti a parlare di piani sequenze ultimamente grazie ad Adolescence, e qui abbiamo un one-shot che ripercorre in pochi minuti il successo travolgente e i look esagerati dei Take That nella trafficata Regent Street a Londra. Una sequenza costosissima anche perché ha richiesto di chiudere traffico e negozi e di affittare i mezzi necessari a girarla non una ma ben due volte a distanza di cinque mesi. Alla vigilia delle riprese, infatti, la Regina Elisabetta è venuta a mancare e tutto è stato rimandato, beffa delle beffe: l'assicurazione non ha rimborsato, evento eccezionale di morte di un monarca.
Un film che non sembra nato sotto una buona stella, se poi ci si mette l'ennesima stoccata della bellissima Forbidden Road esclusa dalla corsa agli Oscar perché rimaneggia un pezzo già esistente... e pensare che in quella cinquina poco emozionante che ha visto trionfare Emilia Perez, ci sarebbe stata bene.


Ma torniamo al film in sé.
La vita di Robbie che tra gossip, interviste a cuore aperto, biografie ufficiali e non, si pensava di conoscere, e invece no.
Delle sue origini proletarie, di un padre assente e di una nonna amorevole, di come i Take That sono stati messi insieme da un manager non proprio a modo come Nigel Martin-Smith, di come ha vissuto quella convivenza forzata in cui non poteva emergere se non come lo spaccone del gruppo, degli abusi di alcool e droghe, dell'amore infelice con Nicole Appleton e infine della rinascita grazie al rehab e a un equilibrio da trovare sopra e sotto il palco sapevo poco.
Ancor meno, ovviamente, dei demoni della sua mente. Di quel sentirsi sempre un impostore, sempre sul punto di essere scoperto, di essere in minoranza e carente della bravura, del genio, della bellezza per avere il successo trovato. Sfruttato dagli altri, in primis da se stesso.


Certo, la sua storia sembra quella di molte star precoci, che cadono nei vizi della fama e devono sottostare a manager, genitori e macchina del gossip e del fango capaci di fagocitarli.
Ma qui Robbie non risparmia niente, e ce la racconta lui, la sua vita, facendosi narratore chiaramente onnisciente, con quel piglio spaccone e irriverente che dà una marcia in più al film.
Che meritava di meglio, al botteghino come dai critici, e anche se la regia patinatissima di Michael Gracey non è sempre nelle mie corde, di momenti intensi, di canzoni bellissime che trovano qui un nuovo significato che si incastra nel racconto di una vita (impossibile non emozionarsi con She's the One, non stupirsi con Something Beautiful e non piangere con Angel), beh, di momenti da salvare a rendere questa biografia prematura ma comunque riuscita ce ne sono parecchi.


Trailer
Voto: ☕☕☕/5

APPENDICE - To the End

Sempre stata più Brit-pop che Pop, aggiungo in coda un breve commento a To the End, documentario che mostra la nascita di un nuovo album dei Blur a distanza di otto dall'ultimo con la lunga corsa della band al primo concerto a Wembley.
La Mecca della musica inglese.


Per veri fan, speravo in più dietro le quinte in fase creativa, vista anche la bellezza di The Ballad of Darren, ma mi accontento di vivere le loro emozioni nel tornare insieme, nel vivere una tournée da cinquantenni, e nel calcare piccoli e grandi palchi in attesa della consacrazione in uno stadio che sembra ancora più immenso, dalla loro prospettiva.
Sempre stata più da club o piccoli palchi che da folle oceaniche nei palazzetti, rimpiango di non averli visti a Lucca, ma sono felice di aver recuperato così.



2 commenti:

  1. Devo assolutamente recuperare. Ho visto una clip musicale e l'ho trovata trascinante!

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  2. Mi attirano entrambi parecchio. Più il docu sui Blur, a dirla tutta, ma anche Better Man promette bene :)

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