26 luglio 2025

Il Servo di Scena

#LaPromessa2025

Se ho passato la settimana a parlare di piccoli film indipendenti inglesi, è stato per indorarmi la pillola. 
Di limiti ne ho tanti, uno fra questi la sopportazione della declamazione teatrale inglese.
Shakespeare in particolare, nelle trasposizioni più o meno riuscite, nelle recite ampollose, nelle messe in scena storiche.
Sapevo di dover affrontare un film come Il Servo di Scena, che sulla carta con le sue nomination agli Oscar mi incuriosiva, con il suo sguardo che si abbassava al servo di scena, all'aiutante personale quindi di un grande attore shakespeariano che in piena Guerra, nel mezzo dei bombardamenti, non abbandona il palcoscenico ma passa da un Re all'altro, dal Riccardo III al Lear, aiutando gli inglesi ad andare avanti, mentre lui ce la fa solo grazie a quel servo che lo accudisce e lo venera e anticipa ogni suo bisogno sottostando ad ogni angheria.


Insomma, un film che poteva essere nelle mie corde, che era finito nella lista dei preferiti dell'internet chissà come e chissà perché anche se un dubbio, una volta iniziato a informarmi, mi è venuto: non è che intendevo appuntarmi la versione televisiva del 2015? Quella con Anthony Hopkins e Ian McKellen? Non è che nel suo essere un filo più moderna, un filo più breve, pure, il mio giudizio sarebbe cambiato?
Non lo saprò mai, perché dopo essermi vista il film datato 1983 di Peter Yates, la voglia di ritrovare declamazioni, urla e grida, chi ce l'ha?
Chiedo scusa a Shakespeare e ai suoi fan, ma per quanto ami leggere le sue tragedie, le sue commedie, le sue storie su carta, è il modo in cui si è deciso ancora e ancora di declamarle rispettando la lingua antica e un recitare tutt'altro che naturale che a me fa semplicemente venire il mal di testa.


Ho faticato, eccome se ho faticato, a sopportare le angherie di un primattore senza nome, solo Sir (un Albert Finney con un grande ego), i suoi momenti di momentanea follia in una tournee che non gli dà tregua, in una carriera che si cucito addosso, in ruoli difficili e che esigono ormai troppo da lui. Ho poco sopportato le sue urla contro Norman -un altro nome che dice tutto- e il modo in cui Norman tutto sopporta, tutto osserva, facendosi un goccetto ogni tanto per alleviare la tensione e sapendo sempre che tasti toccare, che frasi dire per riuscire a fatica a riprendere le fila delle mente di quel Sir che viaggia e si perde prima di dover calcare il palcoscenico. E ho poco sopportato pure lui, servo nervoso e con una recitazione da parte di Tom Courtenay un filo caricaturale dell'omosessuale represso che vista con gli occhi di oggi potrebbe offendere, ma qui sappiamo mettere in un contesto tanto il film tanto quando è stato girato. Era pur sempre il 1983 e un film serio che parla di spettacolo per parlare di guerra e di vita, di sacrifici e di umiliazioni, riusciva ad arrivare fino alla notte degli Oscar dove però è stato -giustamente- superato da Voglia di Tenerezza anche se personalmente avrei tifato Il Grande Freddo.


Nemmeno questa volta, insomma, ho fatto pace con le rappresentazioni shakespeariane, e diciamo che una regia piuttosto cupa e una fotografia non certo illuminante, non mi hanno aiutato.
Chiusi in un dentro le quinte nervoso, chiusi in un camerino opprimente, chiusi nella follia di un attore e nel sacrificio del suo servo, il senso di morte, dato da allarmi e bombardamenti, aumenta la tensione.
Fra le tante trasposizioni riuscite a livello artistico più che di coinvolgimento, resta da elogiare -ma sempre stingendo i denti- la versione che mi ha regalato la prima parte di episodi della seconda stagione di Sandman
Tra sogni di notti di mezza estate, mi rifugio in sogni più lieti sperando di dimenticare in fretta un film che fin sulla carta non faceva per me portandomi l'unico sollievo di poter depennare da una Promessa e da una lista che a volte inganna, il titolo. 
Quello sbagliato, probabilmente.

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