18 marzo 2015

Love is Strange - I Toni dell'Amore

E' già Ieri. -2014-

New York è sempre stato lo sfondo perfetto per fare del buon cinema, ma ultimante sembra ancor più lo sfondo ideale per le storie d'amore, che la usano come cuscinetto, ne fanno una protagonista in più.
Succede anche con Ben e George, coppia fissa da 39 anni, che dopo 20 di convivenza decide (ma soprattutto può) fare il grande passo e sposarsi.
Peccato che propria questa decisione scombini la loro vita di quasi pensionati, facendo perdere il lavoro di insegnante a George, grazie ad una scuola cattolica che vede nel suo matrimonio una presa di posizione contro i credi della religione.
I conti che non quadrano li costringono a vendere il loro amato appartamento, quello in cui hanno condiviso gioie e dolori, nel cuore di Manhattan, e cercare una soluzione più economica, più per le loro tasche.
Così facendo, la cerchia dei loro amici e parenti, tra gay sguaiati e giovanili e radical chic benestanti, li deve ospitare.


Separati, allontanati, Ben e George dovranno adattarsi a stili di vita che non fan per loro, sentendosi sempre fuori luogo, intuendo l'irritazione, il peso che i loro amici si trovano ad affrontare.
C'è però spazio per conoscerli meglio, per conoscere anche i loro lati negativi, e per avvicinarsi a un nipote in quella fase adolescenziale così tempestosa. E c'è soprattutto tempo per riscoprirsi ancora, per capire che senza l'altro è difficile vivere, che le vecchie abitudini son quelle che più contano.
La loro New York, quella dei quartieri artistici e residenziali, sembra remargli contro, tra leggi, tasse e imposte che sferrano nuovi colpi.


Vecchietti, New York, l'amore sempre nell'aria e una spruzzata di arte qua e là, cosa potrei chiedere di più?
Love is strange, storpiato in italiano pur -ammettiamolo- non avendo chissà quale titolo originale, è diverso però da come ce lo si aspetta con una trama simile.
Non è un film di denuncia, che mostra i lati scomodi di una società dove sembra vigere la legge marziale "Don't ask, don't tell", anche se lo è, e una lettera di profondo rispetto lo dimostra.
Non è una commedia d'amore tutta lacrime e tutta zucchero, anche se lo è, e la lacrime e lo zucchero scorrono che è un piacere.
Non è la classica commedia newyorkese fatta di ottimi scorci, di appartamenti da favola, di gallerie d'arte, scrittori e insegnanti, con tanto di musica jazz sempre in sottofondo, ma tutti questi elementi ci sono.
E' un film atipico, con tanto sentimento, un'ironia non troppo pungente, e un finale che non ti aspetti e che per quanto dilungato ti lascia addosso un velo di malinconia e un senso di ingiustizia.
E' un film sorretto dai suoi interpreti, dalla sempre brava Marisa Tomei ai due protagonisti: il panciuto Alfred Molina e l'inedito John Lithgow, che riesce a far dimenticare il suo lato psyco incancellabile da Dexter in poi.
In un mix di tutte queste cose e non-cose, la visione scorre, le lacrime pure, il cuore si apre.
E a volte basta anche solo questo per avere davanti un buon film.


17 marzo 2015

Banshee - Stagione 3

Quando i film si fanno ad episodi.

Era iniziato come vero e proprio guilty pleasure dove alle botte si alternavano nudi e sesso. Poi con la seconda stagione ha fatto vedere i suoi attributi, costruendo anche a livello tecnico un susseguirsi di episodi ad alto tasso additivo, con intrighi e verità svelate da fare invidia a serie più serie.
Banshee ha deciso di non volersi più fermare, e anche quest'anno propone un ottimo mix di belle donne, tanta azione, tanto sangue che cattura, condito com'è con dei personaggi caratterizzati al meglio e una trama fatta di intrecci continui che non lascia senza fiato.


Pensavate che sconfitto il perfido Rabbit la pace potesse regnare in quel di Banshee?
Sbagliato.
A finire nel mirino dello sceriffo Hood è il vendicativo Chayton Littlestone e la sua tribù super attrezzata, è ancora una volta Kai Proctor e i suoi traffici illeciti, è una base militare in smantellamento, carica di denaro, facile (con i mezzi giusti) da derubare.
I mezzi ovviamente ci sono, e sono Job e Carrie e i loro trucchi del mestiere.
Ma nel mezzo, ovviamente, ci si piazzano proprio Chayton e il suo bisogno di sangue, la bella Rebecca pronta alla scalata nel mondo della droga e pure i nazisti del caso, che di certo da quelle parti sembrano non mancare.
Tutto questo, unito ai problemi familiari che Carrie si trova a dover affrontare, alla figlia che Hood vorrebbe educare, e al suo amore per Siobhan che cresce.


Sembra davvero tanto, vero, per un'unica stagione?
E se il rischio di perdersi c'è, con la carne messa al fuoco tutta nei primi episodi, poi ogni singolo pezzo viene lasciato rosolare il tempo giusto, cuocendo nel modo migliore, per poi essere servito al momento indicato.
Bastano così pochi ma mirati personaggi da aggiungere a quelli già conosciuti, caratterizzandoli a dovere, amalgamandoli al tutto.
Non da meno è poi il lato tecnico della serie, in cui la regia gioca con gli effetti speciali e con i cliché dei film d'azione, tra rallenti e montaggi alternati, compiendo dei veri e propri miracoli di tensione nell'episodio numero 5 (Tribal) ambientato unicamente all'interno della centrale di polizia, e con quello successivo (We were all someone else yesterday) dove il what if assume un nuovo significato o in quello dopo ancora (You can't hide from the Death), dove dell'uso del POV si fa una lezione da maestro.
Qualche scivolone lo si compie, ahimé, lasciando anche troppo spazio alla problematica Deva e cucendo fuori tempo massimo il passato di Hood e del colonnello Stowe.
Non per questo però il finale è meno da brividi, con l'azione portata avanti al suo meglio, sparando a tutto e a tutti.
Visto poi il colpo di scena che lascia il futuro sospeso, non resta che aspettare con devozione l'arrivo della quarta stagione.


16 marzo 2015

Hindsight

Quando i film si fanno ad episodi.

Gli anni '90 sono tornati a ruggire.
Che, non ve ne siete accorti?
Quelle camicie a flanella che prima di essere hipster erano grunge, quei pantaloni a vita alta che però solo se hai un fisico come si deve puoi permetterti, giacche di pelle, pance nuovamente scoperte... tutto, purtroppo, è il simbolo che gli anni '90 stanno tornando, mancano solo i capelli cotonati e i frisè.
E poi, lo avete visto no l'ultimo Sanremo?
Sul palco Nek, Irene Grandi, Raf, Gianluca Grignani...
In TV tutto questo aveva iniziato a fare timidamente capolino già un paio d'anni fa, con quella serie fantastica molto teen ma anche molto britpop di My Mad Fat Diary, in cui i problemi adolescenziali erano (e sono, in arrivo la terza stagione) affrontati a colpi di Radiohead, Oasis e Blur.
Ora anche l'America cavalca l'onda amarcord di quella generazione nostalgica che si avvicina o già è dentro i 30, e propone un vero e proprio salto temporale nella New York di quegli anni.


Hindsight parte dai giorni nostri, parte per la precisione dal giorno della vigilia del matrimonio tra Becca e quello che sarà il suo secondo marito. Il primo, tanto focoso quanto bruciato in poco tempo, risale ad un errore di gioventù sfociato in litigi continui, disperazione e autocommiserazione.
Tutto potrebbe cambiare ora?
Non proprio, visto che Andy non è certo il partito più aitante, più amico che amante, e con il lavoro -segretaria a tempo pieno del grande boss- che non dà certo soddisfazioni. In più, Becca rimpiange la sua gioventù, la sua amicizia unica con Lolly, rovinata per sempre in un Capodanno di una decina d'anni fa.
Come per magia, o per incantesimo, Becca sviene in ascensore e si risveglia proprio negli anni '90, per la precisione nel 1995, all'alba del suo primo matrimonio.
E' una possibilità divina di ricominciare? Di fare reset di tutti gli errori, suoi e degli altri?
Forse sì, e con tutte le titubanze del caso, Becca scappa dall'altare, in compagnia nuovamente o ancora della sua migliore amica, cercando di capire come rimediare, come ricominciare.


Ora, se vi fosse concesso di tornare indietro nel tempo, cosa fareste?
Cerchereste di diventare ricchi conoscendo trucchi e nuove tecnologie? 
Salvereste vite umane, aiutando il prossimo?
Becca non fa né l'una né l'altra cosa, cercando prima di tutto una sua nuova via, godendosi l'amicizia ritrovata con la pazza Lolly.
E fin qui tutto bene, buoni sentimenti, crisi amorose con il futuro marito e con quello appena mollato con cui fare i conti, un fratello problematico da aiutare...
Peccato che questo buonismo, queste indecisioni, stanchino facilmente, con i triangoli che diventano quadrati o pentagoni, con nuovi personaggi inseriti giusto per creare nuovo scompiglio (alimentando però un cast maschile esteticamente notevole), con le protagoniste stesse che non si capisce se ci sono o se ci fanno, tra occasioni sprecate (perfino il concerto dei REM perso, oltre che un discutibile lavoro di ripiego) e battibecchi e litigi che sfiorano il ridicolo proprio nel finale.
Il problema sembra quindi stare in uno spirito degli anni '90 che intacca anche a livello di sceneggiatura, in cui tutti gli elementi che più potevano dare (spoiler, la causa della rottura tra Becca e Lolly, un misterioso saggio che compare per poi scomparire definitivamente) che vengono lasciati allo sbaraglio.
Così facendo, pure le protagoniste ci rimettono, irritando non poco, sprecando un'occasione che si spera possa tornare in carreggiata nella quasi insperata ma rinnovata seconda stagione.
Staremo a vedere.


Biglietto, Prego! - Il Boxoffice del Weekend

Gli incassi tornano a sorridere al cinema, merito di un tempo non proprio sereno? O semplicemente di film capaci di attirare il grande pubblico così come il piccolo?
Probabilmente di entrambe le questioni, visti i 5 milioni che Cenerentola racimola, seguita dalla solita commedia italiana acchiappa-spettatori. Il resto della classifica si compone di vecchie conoscenze (da menzionare la stoica resistenza di Birdman, a cui l'Oscar ha decisamente giovato), mentre le altre nuove entrate si trovano solo in sesta posizione in cui la Suite Francese arriva quasi a sorpresa, e in ottava -con un incasso risibile- per Michael Mann.
Fuori, e non me ne stupisco, Foxcatcher.


I dettagli:

1 Cenerentola
week-end € 5.125.252 (totale: 5.125.252)

2 Ma che bella sorpresa
week-end € 2.016.040 (totale: 2.142.536)

3 Focus - Niente è come sembra
week-end € 1.275.844 (totale: 3.631.611)

4 Nessuno si salva da solo
week-end € 878.298 (totale: 2.634.327)

5 Spongebob - Fuori dall'acqua
week-end € 612.131 (totale: 4.604.474)

6 Suite Francese
week-end € 550.392 (totale: 552.267)

7 Kingsman - Secret Service
week-end € 261.359 (totale: 2.090.583)

8 Noi e la Giulia
week-end € 243.233 (totale: 3.641.845)

9 Blackhat
week-end € 241.837 (totale: 241.837)

10 Birdman
week-end € 189.477 (totale: 4.418.921)

15 marzo 2015

Rumour Has It - Le News dal Mondo del Cinema


Un biopic su Mike Tyson non rientra nelle vostre future priorità?
E se vi dicessi che ad interpretarlo sarà uno che con i biopic gioca facile, Jamie Foxx, e a dirigerlo un certo Martin Scorsese, le cose cambiano?
Aggiungeteci che alla sceneggiatura c'è la penna esperta di Terence Winter che per Scorsese ha firmato The Wolf of Wall Street e la serie Boardwalk Empire e immagino che, come me, questo film ancora senza titolo e ancora senza date certe, sia ora diventato tra i più attesi.

Da aggiungere a questa lista anche il prossimo lavoro dell'instancabile Woody Allen.
Mentre per Irrational Man con Emma Stone e Joaquin Phoenix basterà aspettare il 24 luglio (in America però), il regista è già alle prese con un nuovo progetto. In attesa di ulteriori notizie il cast è come sempre di quelli all stars: Kristen Stewart, Jesse Eisenberg e Bruce Willis saranno infatti i protagonisti.
Continua così Woody.

Chi invece aveva deciso d smettere, sembra aver cambiato totalmente idea.
Kevin Smith ha l'agenda fittissima, e mentre in Italia non si hanno tracce di Tusk (presentato proprio al Festival di Roma), fa sapere che in questo 2015 inizieranno le riprese di Clerks III e di Hit Somebody proseguendo nel 2016 con Moose Jaws, mentre fa intuire che, forse, chissà, anche il cult Generazione X (o Mallrats) potrebbe avere un sequel.
Nella speranza di veder distribuiti degnamente almeno alcuni di questi lavori, ringraziamo per il cambio di rotta.

Dopo una pausa nella sua carriera in cui i grandi film mancavano, Gael Garcìa Bernal è tornato in grande forma interpretando il sexy Rodrigo in Mozart in the jungle. Ora l'attore fa sapere che è pronto per tornare anche dietro la macchina da presa dopo aver sperimentato nel 2007 con Déficit, da noi inedito.
Il nuovo lavoro dal titolo Chicuarotes si concentra ancora sul suo Messico, e sulla scalata sociale che un gruppo di giovani sognano dalle sponde del lago Xochimilco. Non si fermeranno davanti a nulla... e noi, riusciremo a vederlo?

La rinascita di Tim Burton non è avvenuta con quello che sembrava un cambio di rotta -Big Eyes- rivelatosi invece un film senza sostanza e senza spessore.
Il fatto che il regista torni a collaborare con la Disney non fa presagire nulla di buono, metteteci poi che il progetto in questione è il rifacimento in live action del grande classico Dumbo e la paura si fa sentire.
In mezzo, c'è quel Miss Peregrine's Home for Peculiar Children che potrebbe farci cambiare idea, ma con tutti i reboot disneyani in corso, di che gioire c'è gran poco.

Concludiamo la rubrica con una serie tutta italiana, prodotta da Sky, sempre più attenta al suo palinsesto.
The young pope vede la firma di eccellenza di Paolo Sorrentino nel raccontarci di un ipotetico giovane papa di origine italoamericana designato per guidare il Vaticano.
La notizia succulenta è che l'attore chiamato a vestire i panni papali potrebbe essere il bel Jude Law, al momento corteggiato dalla produzione.
Aspettiamo, trepidanti, conferme.

14 marzo 2015

The Disappearance of Eleanor Rigby: Them

Al Cinema

Dopo averli divisi, unirli.
Sembrerebbe una mera decisione per la distribuzione, quella adottata Ned Benson, in modo da rendere il suo lavoro fruibile anche al grande pubblico e permettere alle case di distribuzione di acquistarlo, senza correre gli stessi rischi avuti con il Nymphomaniac di Von Trier, visto che qui di sesso esplicito a fare da specchietto per le allodole non ce n'è.
Per quanto step successivo e forse dettato dall'economia, l'esperimento Them è approdato nel lido sicuro di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, segno che come pellicola ex novo la sua bellezza ce l'ha.
Il problema, avendolo visto dopo i due capitoli separati, è che questa appare offuscata.


Come tutti i riassunti, infatti, Them appare come un copia-incolla di quanto visto in precedenza, scegliendo di volta in volta il punto di vista dell'uno al posto di quello dell'altro, sacrificandolo, omettendo scene e momenti in precedenza sostanziali.
Non manca l'emozione, non manca la profondità né la logica in questo processo di incatenamento, ma non si arriva a raggiungere lo stesso livello avvolgente, né di magia a dirla tutta, perchè a dare valore ai due diversi capitoli erano anche quelle piccole differenze, quelle parole aggiunte o messe in bocca a Eleanor o a Conor che portavano a scegliere a chi credere, o che portavano semplicemente a dubitare a voler indagare, visto che anche qui, la confessione, il dispiegamento di quanto in atto, arriva tardi, come una bomba, facendo sentire ancor più tutta la tensione accumulata.


Chi si approccerà al capitolo vergine delle visioni precedenti, avrà comunque di che gioire, perchè l'eleganza, la raffinatezza della messa in scena è rimasta uguale, condita con carrelli che inseguono, con una colonna sonora di classe che sa essere moderna e retrò allo stesso tempo.
Pur avendo tralasciato parti in cui Jessica Chastain e James McAvoy danno il meglio di sé, bastano davvero pochi minuti per capire la loro perfezione, la loro bravura (lei migliore di lui forse solo per l'intensità maggiore richiesta al suo personaggio) e la loro alchimia, con  quel passato gioioso che li vede divertirsi e ballare in modo così naturale.
Non da meno sono i comprimari, finora relegati sullo sfondo, a partire da quella Viola Davis a cui si applaude ad ogni frase e di cui -purtroppo- alcune parti sono qui sacrificate, passando per l'algida Isabelle Huppert impossibile da vedere in scena senza un bicchiere di vino in mano.
La visione di questo capitolo o ricapitolo finale procede quindi con un po' di stanchezza in più, ricevendo e vedendo ancora le stesse scene, dubitando su alcune scelte di montaggio, su alcune mancanze. Ma si finisce comunque per emozionarsi e per piangere, mantenendo quel briciolo di speranza nonostante la scelta proprio di quel finale, tra i due possibili.
O forse sono possibili entrambi, come è possibile che quella camicia fosse nera e bianca, che quella confessione sia stata anticipata e fatta, che quel Ti amo sia detto e pensato da entrambi.
Che quella passeggiata, prima o poi, arrivi alla sua meta.


13 marzo 2015

The Disappearance of Eleanor Rigby: Her

Andiamo al Cinema

Dopo aver dato la parola a lui, passiamo a lei.
Lei che non ci addolcisce niente, non ci edulcora la pillola con un passato gioioso e carico di speranza per il futuro, ma ci butta giù, ci trascina con il suo peso in un salto nel vuoto, nell'acqua, carico invece di domande.
Per trovare una risposta a queste, si dovrà aspettare parecchio, si dovrà aspettare un padre preoccupato che finalmente sgancia la bomba, mentre il resto della famiglia si trova a camminare in punta di piedi, evitando domande, evitando sguardi, cercando con il silenzio di proteggere una figlia e una sorella che non si sa come aiutare.


Con Her abbiamo la visione di Eleanor, abbiamo il suo punto di vista a guidarci nel dramma e nella tragedia che l'ha divisa dall'amato Conor, che qui resta in disparte, resta relegato ai ricordi che inevitabilmente, sibillini, riemergono in tutta la dolcezza ormai passata. Nel presente, tutto quell'amore, quell'alchimia e quella spensieratezza, non trovano posto.
Perchè è Eleanor stessa che non trova più il suo posto nel mondo, ci prova con le uscite giovanili con una sorella che ha stessi ma diversi problemi nell'affrontare la vita, ci prova con un cambio radicale del suo look e infine ci prova iniziando a frequentare un corso universitario, inserita e convinta dal padre.
Qui perlomeno può fingersi un'altra, può omettere quella verità scomoda e confrontarsi con una professoressa che sa il fatto suo e che si apre a lei, con onestà e ironia.
Ma, come Conor deve fare i conti sul lavoro e sulla vita, così li deve fare anche Eleanor, lei che ha preferito la fuga, iniziando una serie di fughe -notturne, nei ricordi, da ciò che potrebbe essere- finendo per fuggire per sopravvivere.


Arrivando dopo, il confronto con il prima si fa inevitabile.
E se lì si era trovata un'apparente leggerezza in più, qui si scava nel profondo: nel dolore, nell'elaborazione del lutto, nell'amore.
I dialoghi si fanno così più accurati, mettendo da parte quelle perle di saggezza da baci Perugina, costruendo scambi e riferimenti più densi di significato, su tutti quelli con la professoressa -.
Arrivando dopo, poi, la versione di Eleanor va a incastrare i pezzi di puzzle mancanti, facendo chiarezza, spiegando, arrivando al cuore della vicenda e portando con sé tutte le lacrime prima trattenute. Le modifiche (nelle parole, nei vestiti, nelle situazioni) o le omissioni hanno il loro peso, anche se solo di pochi grammi, la musica si fa più protagonista, mettendo un manto di eleganza, di ricercatezza e di malinconia ancora maggiore.
E si arriva così al finale, diverso ma uguale, che riporta a dove tutto era iniziato, che porta a dove tutto potrebbe ricominciare, guardando avanti, guardando indietro.


12 marzo 2015

Silenzio in Sala - Le Nuove Uscite al Cinema

Film molto femminili, film molto maschi.
In questo weekend al cinema il pubblico si dividerà tra principesse sognanti, lottatori e maghi del computer, lasciando spazio all'amore d'altri tempi, la commedia nostrana e i drammi da guardare.
Chi la spunterà?

Cenerentola
L'operazione reboot in versione live action dei classici della Disney prosegue.
Questo progetto sembra però molto più sostanzioso e accattivante che non la Malefica precedente. Merito di Kenneth Branagh alla regia? Di un cast che comprende i giovani Lily James e Richard Madden affiancati dalle veterane Helena Bonham Carter e Cate Blachett?
Esattamente.
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Foxcatcher
Candidato a 6 premi Oscar, il film di Bennett Miller va a raccontarci del dramma attorno alla figura del magnate John Du Pont e del suo interesse per il mondo della lotta.
La mia opinione, la potete leggere QUI





Blackhat
Michael Mann torna alla regia, e lo fa con una storia di hacker e spionaggio, di politica estera e azione.
Protagonista il bel Chris Hemsworth, adrenalina intelligente assicurata.
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Suite Francese
Tratto dal romanzo di Irène Nemirovsky, questo melo dal sapore di altri tempi ambientato nella Francia occupata della II Guerra Mondiale mette in scena il classico dramma dell'amore, con la protagonista forse vedova che va' ad innamorarsi del nemico.
Riuscirà il cast all star (Michelle Williams, Kristin Scott Thomas, Matthias Schoenaerts, Sam Riley e Ruth Wilson) a salvare dal già visto?
Forse.
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Io sono Mateusz
La Polonia con l'Oscar di Ida ha dimostrato di avere una filmografia interessante, e forse anche per questo arriva nelle nostre sale (poche, però, immagino) il dramma che racconta dell'esistenza da vegetale di un bambino, la cui mente è però attiva e viene liberata solo dopo 25 anni.
Il paragone con Stephen Hawking si fa immediato, ma qui si sente forse ancora più umanità.
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Ma che bella sorpresa
Di Claudio Bisio al cinema non se ne può più.
E anche di Alessandro Genovesi.
Il fatto che questa commedia faccia il verso alla sicuramente molto più riuscita Lars e una ragazza tutta sua, fa gridare: basta!
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Cloro
Se delle commedie tutte uguali non se ne può più, anche di questi film nostrani molto radical chic che difficilmente troveranno spazio nella programmazione, si è stanchi.
La storia della 17enne Jennifer sa più che di cloro, di depressione e seriosità.
Anche no.
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11 marzo 2015

The Disappearance of Eleanor Rigby: Him

Andiamo al Cinema

In un cinema in cui si fa sempre più fatica a trovare delle storie originali, si è iniziato a fare del modo di raccontarle qualcosa di diverso.
Lo scambio dei punti di vista, ad esempio, sta andando per la maggiore.
A partire dalla TV con l'acclamata serie The Affair arrivando appunto al cinema con il purtroppo snobbato Gone Girl, si dà voce prima all'uno poi all'altra dei protagonisti, dividendo il loro sguardo, quello maschile e quello femminile, facendo della verità qualcosa di quasi irraccontabile e inarrivabile.
Lo stesso avviene nell'opera di Ned Benson, divisa in due parti, la prima affidata al racconto di Conor, la seconda invece ad Eleanor, presentate separatamente al Festival di Toronto per poi unirle, facendo un film unico (alla voce Them) passato per Cannes.
Il risultato è di quelli che intrigano tanto gli appassionati di cinema, meno i distributori italiani, che infatti hanno deciso di non rischiare, nemmeno con la versione unificata, facendo arrivare direttamente nel circuito home video il film.
Come questo sia possibile, visto il cast comprendente nomi come Jessica Chastain e James McAvoy, di certo non una coppia di sconosciuti, fatevelo spiegare da loro.


Ma veniamo al film, cercando di vederlo prima di tutto, e unicamente (per il momento), nella sua singolarità.
Conor è un giovane che cerca di sfondare nel campo della ristorazione. I conti del suo piccolo bistrot non vanno però alla grande, anzi, e il suo chef e amico sembra non preoccuparsene troppo, non sforzandosi minimamente per creare qualcosa di nuovo e gustoso dietro i fornelli.
Non va certo meglio dal lato sentimentale, visto che la moglie di Conor, Eleanor, soffre chiaramente di depressione, lo vuole lasciare, o vuole farsi lasciare, spingendolo tra le braccia di un'altra, prendendosi una pausa, scomparendo nel nulla.
Il motivo di questa crisi arriva come un fulmine a ciel sereno a quasi metà film: loro figlio è morto.
L'elaborazione del lutto, come spesso accade, li ha divisi.
Scappando Eleanor vuole ritrovare se stessa, lasciando però Conor perso e senza una meta, lui che ha solo in lei la sua bussola di orientamento, e che quindi si ritrova a pedinarla, a stalkerarla tra le strade di New York, risalendo fino alla casa dei genitori dove si è andata a rifugiare, trovando lui stesso rifugio in quella del padre che nella ristorazione ce l'ha fatta e sarebbe pronto ad accoglierlo con la sua saggezza spiccia.


Il presente in crisi che vediamo continuerà a fare i conti con quel passato carico di amore, di felicità e speranza che ci viene mostrato all'inizio, con quella giovane coppia senza pensieri e senza un soldo che scappa, che corre, che si ferma per guardarsi negli occhi.
La diffidenza che c'è ora, la paura nello sguardo di Conor di dire, di fare la cosa sbagliata, non lascia spazio alla forza di un'unione.
Sprecando ogni possibilità.
Il filo che li lega sembra quindi pian piano sfibrarsi, alimentato più da un'ossessione che da altro.
Non bastano tutti i consigli, tutte le perle di saggezza che amici e parenti offrono a Conor, incapaci loro per primi di muoversi attorno ai suoi sentimenti, i conti con la realtà li deve fare lui, fossero anche quelli in rosso di un'attività destinata a chiudere.
Il finale sembra non porre una fine, lasciando sospeso un punto di vista, la voce dell'altra metà chiamata a parlare, chiamata a giustificarsi, come se ce ne fosse bisogno.
Lasciando andare i passi, fermando quella macchina da presa che con le sue carrellate li ha seguiti, li ha spiati, fino ad ora, fino a un nuovo presente in cui continuare a guardare avanti sembra possibile.