2 agosto 2016

Thirteen

Quando i film si fanno ad episodi

Se d'estate di nuovi film interessanti ce ne sono gran pochi, lo stesso accade con le serie TV, che pur con qualche eccezione -qualcuno ha detto Stranger Things?- latitano.
Come per i film, allora, è buono e giusto lasciare spazio ai recuperi, e io l'ho fatto con questa miniserie UK uscita in autunno, rimasta lì ad aspettare per tutto questo tempo.
Senza girarci troppo attorno, la storia è più o meno quella vista anche in Room, con una ragazza che sfugge alla sua prigione e al suo carceriere dopo anni di segregazione in una cantina buia e spaventosa, va da sé.
Gli anni per la precisione sono 13, come sono 13 gli anni che aveva Ivy Moxam la momento del suo rapimento, cosa che fa di lei ora, oggi, una donna di 26 anni che fugge d'improvviso e si ritrova da un lato a far fronte a un dipartimento di polizia diffidente, dall'altro a una famiglia che la credeva morta, che non credeva possibile poterla riabbracciare.


I primi episodi mostreranno proprio il difficile reinserimento di Ivy in una famiglia che nel frattempo si è sgretolata, una madre devota e fin troppo protettiva, ora, un padre che aveva iniziato una nuova relazione ma che al sogno di tornare a come tutto era un tempo, sotto sotto, ci sperava. A rimpiazzarlo, nel frattempo, il genero che sta con quella sorella che per la scomparsa di Ivy ha sofferto doppiamente, senza di lei e per lei dimenticata a lungo.
A questo quadro familiare in crisi si uniscono anche l'ex ragazzo e l'ex amica, che con la vita sono andati avanti, anche troppo, e ovviamente quel dipartimento, nella fattispecie gli agenti Lisa Merchant e Elliott Carne, chiamati a verificare la sua storia.
La divisione in poliziotto buono e poliziotto cattivo è netta, con lei che non crede di trovarsi di fronte alla vera Ivy prima, che non crede sia stata del tutto prigioniera e impossibilitata a scappare poi, che la crede in combutta con il suo rapitore. Lui, invece, finisce per subirne il fascino, per farsi carico della sua protezione e salvaguardia quando quel rapitore ne rapisce un'altra di ragazza, o meglio, di bambina, e nuove indagini sono pronte a partire, e l'aiuto di Ivy si fa fondamentale.


Per godere al meglio Thirteen bisogna continuamente ricordarsi che si è di fronte a una serie televisiva, perchè se davvero questo è il modo in cui lavora la polizia inglese, bè, c'è di che preoccuparsi.
Al di là dei modi schietti e non certo confortanti con cui  una ragazza con evidenti segni di percosse e traumi viene trattata, è l'organizzazione nel suo totale che fa acqua da tutte le parti, e lo si vede bene in quell'episodio finale in cui 40 agenti non sanno far fronte alla folla che esce da un cinema.
Ed è proprio quell'episodio finale che spinge troppo in direzioni poco realistiche, che ci mette di mezzo drammi non necessari che riguardano quei poliziotti, a rovinare la magia e l'intensità di Thirteen.
Poco comprensibili anche le reazioni di chi vede nel ritorno di Ivy un ostacolo, che alla gioia iniziale, dopo appena pochi giorni, fa seguire insofferenza e irritazione, come quel genero dalla sensibilità pari a zero.
Per fortuna questi difetti vengono oscurati da un'intensità ben palpabile, da una Jodie Cormer (già vista in panni più odiosi in My Mad Fat Diary) superba nell'incarnare la fragilità, la paura e il distacco di Ivy, che torna in un mondo che non riconosce, a cui fatica ad abituarsi.
I soli 5 episodi di questa miniserie non riescono a raggiungere la bellezza di quel Room a cui è impossibile non pensare, ma qua e là ci va vicino.


4 commenti:

  1. Le prime puntate sono bellissime, il resto insomma.
    Però c'è tanto di bello, sì, e a me questa protagonsita burtoniana tanto che piace!

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    1. La protagonista deve farsi perdonare il ruolo odioso che aveva in My mad fat diary, e qui in parte ci riesce grazie alla sua bravura.
      Con lei vorrei recuperare anche la miniserie Remember me: vecchietti inglesi, un giallo da risolvere, insomma, pane per i miei e nostri denti!

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  2. A me è piaciuta parecchio.
    In effetti la conclusione non è proprio il massimo, però va bene anche così...

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    1. L'incapacità della polizia inglese è stupefacente, bastava poco per renderla credibile e avvincente anche nel finale... Fortuna che la prima parte sa bilanciare per bene e la sufficienza c'è.

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