12 febbraio 2017

La Domenica Scrivo - Ego

Immaginate una discoteca caotica, buia, con la clientela un po' alticcia.
Immaginate una telecamera in attesa.
Una sedia vuota in cui accomodarsi.
La più classica delle domande scontate:
Descriviti in tre parole.
Come fossimo in quella perla culturale che è stata The Club, io risponderei abbastanza banalmente: timida, malinconica, riflessiva.
Difficile che una descrizione simile possa interessare quella clientela piuttosto alticcia, ma in questa domenica, l'accento lo vorrei mettere a quella prima parola: "timida".
Come fa a definirsi timida una persona che ha un blog?
Una persona che in realtà l'ego ce l'ha così grande da credere che la sua opinione -sui film, sulle serie TV, pure sui libri- interessi a qualcuno? Una persona che crede che nel mare magnum della rete, la sua voce possa offrire qualcosa di diverso, e porta avanti il suo progetto, il suo blog, la sua voce, per 5 anni?


Già, come fare a mettere sullo stesso piano un ego così smisurato con la timidezza tanto sbandierata?
La risposta, piuttosto semplice, sta che lo schermo del computer, e la tastiera, soprattutto, aiutano quella timidezza a sbloccarsi, sta nel fatto che a parole, a parlarne a caldo o a freddo, si fa fatica, di un film, meglio scriverne, mille volte meglio poter dire: "guarda, ne scriverò stasera, facciamo prima se leggi che ti dica la mia adesso".
Ma la risposta più complessa è che invece ego e timidezza possono anche non essere messi sullo stesso piano, l'ego, per quanto ingombrante, ce l'hanno anche i timidi, anche quelli congeniti che s'impappinano, arrossiscono, sudano, se interpellati.
Il mio, nonostante tutto, un po' gonfio lo è.
Non fosse che per quello che ho creato, per il fatto che nel suo piccolo, la mia voce viene sentita.

Ma l'ego ha mille sfaccettature, etiche ed estetiche, di forma e di contenuto, e posso dire che se da un lato il mio è orgogliosamente gonfio, dall'altro, messo bene non è.
E c'è una domanda che da anni e anni mi assilla: come sarebbe stata la mia vita senza brufoli?
Sì, brufoli*, che brutta parola, si inorridisce solo a pronunciarla, brufoli o acne che dall'adolescenza mi deturpano e che raggiunti i 28 anni ancora fanno capolino, meno, fortunatamente, ma persistenti, con tutti i segni che si sono trascinati nel mentre.
Che io ho provato di tutto per mandarli via, tra pillola, aloe vera, bava di lumaca, maschera all'argilla, prodotti costosissimi da farmacia, cortisone, e pure la miracolosa cura alla vitamina A, così complicata nel suo iter (ogni mese, un test di gravidanza, visti i fantastici effetti collaterali che porterebbe al feto) ma anche così miracolosa visto che mi ha regalato i primi 6 mesi senza fondotinta coprente della mia vita. Poi, però, pure lei ha perso di efficacia, il vero colpevole è saltato fuori, quell'ovaio policistico con i suoi turbamenti ormonali, con tanto di piccola operazione annessa, e i brufoli, sono tornati. E continuano a tornare, ed ho poco da incolpare l'arrivo del ciclo, lo stress, la nutella, la nuova crema a cui la mia pelle sensibile si deve abituare.
Ho 28 anni e ho ancora l'acne.
La soluzione, come dicono tutti i medici, sarebbe semplicissima: un figlio.
Facile, no?
Ma no, grazie. Non ora, non per i  prossimi anni.
E alla fine, quell'ego ferito si chiede se l'adolescenza avrebbe potuto essere più amorosamente interessante, quella timidezza meno congenita, abituata come si è a nascondere con capelli, con trucco, quei difetti, se quella stessa timidezza è forse una reazione dal non volersi mettere in mostra, perché non degni di esserne messi.
E alla fine, quell'ego, si chiede se pure quella passione indomabile, quel piacere nel sedersi al buio di una sala, dove lo sguardo di tutti è rivolto verso altro, verso un grande schermo e non verso quei difetti, sia in qualche modo collegato a questa timidezza.
Chissà.
L'ego, ci pensa, e ci ripensa.
Ho 28 anni, ho l'acne che riesco a camuffare e gestire, ma ho una voce che mi piace far sentire, ho una sala buia in cui rifugiarmi, ho quel che voglio per essere felice.
Così tanto da poterne finalmente parlare, nonostante la timidezza che sulle cose personali, e sulle cose fisiche -soprattutto- preferirebbe tacere.
E ho anche due ego se possibile (no, non esiste la forma plurale per ego, e sarebbe da rifletterci su, sono pur sempre una persona riflessiva, ricordate?), uno bello gonfio, uno ferito che si sa rimarginare a poco a poco.

*il dizionario Garzanti ne pensa l'origine come incrocio del latino verrūca ‘pustola’ con rufŭlus ‘rossiccio’.

5 commenti:

  1. Lo dissi già una volta, noi siamo gemelli diversi, ma solo di sesso, perché io sono praticamente uguale a te, compresi i brufoli ;)

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  2. Cos'hai tirato fuori?
    The Club, grandissima!!!

    Notevole il tuo discorso sull'ego e la timidezza.
    Anche per me possono convivere, soprattutto quando si convive, non senza difficoltà, in un corpo dotato di due ego. :)

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    1. The Club è una pietra miliare della Tv anni 2000, troppo spesso dimenticato, grazie per l'entusiasmo :)

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  3. aver nominato "The Club", ha alzato il livello di un post già ottimo di per se...
    che dire?
    io, la timidezza proprio non la conosco...
    sono lontana da essa mille miglia, e non le somigliano ne la mia vita ne le mie azioni...
    ardimentosa ed esagerata, sono quel genere di donna che, tutto esageratamente, oppure niente, niente di niente.
    però vado per i 32 anni, non ho brufoli, e vorrei un figlio che non avrò

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