È forse il libro che più è stato sul mio comodino.
Di certo, è quello che più c’è stato senza essere aperto, con pause lunghe settimane tra un capitolo e l’altro.
Colpa sua? In parte, perché quel Coniglio che dovrebbe correre, lo fa a scatti, prendendosi parecchio tempo.
Colpa mia? Di certo, visto che in mesi di trasloco sulla carta finito ieri (in realtà ora trasloco è diventato un “sistemare” ancora più stressante) hanno provocato stanchezza e ore tarde che dal libro mi han tenuto distante.
Era in lista da tanto, John Updike, uno dei grandi della letteratura americana moderna, che a Coniglio, alias Harry Angstrom, ha dedicato ben quattro titoli. Il primo, ce lo presenta, lui, Harry, ormai “vecchio” campione di basket, che a 26 anni si ritrova rinchiuso in una vita che sente stretta: venditore/presentatore del magisbuccia in un centro commerciale, con una moglie dedita all’alcool, incinta e con un altro bambino da accudire.
E la vede, per l’ennesima sera, quella moglie sfatta, con l’ennesimo bicchiere di whisky in mano, ipnotizzata davanti la TV, vede il suo appartamento misero nonostante la ricchezza dei suoceri, e invece di andare a prendere il figlio, scappa. Prende una strada, poi un’altra, una statale in direzione est. Corre, Coniglio, sull’asfalto. Poi subentra il rimorso, subentra l’amore per un figlio che non ha colpe, e torna indietro, ma non basta. Si ferma, allora, dal suo vecchio allenatore di basket, che conosce le sue glorie e ancora lo loda, e con lui conosce Ruth, professione incerta, mantenuta a suon di appuntamenti e chissà cos’altro. Basta una sera, basta una notte con lei, e per due mesi non se ne andrà da casa sua, trovando un altro lavoro, un’altra vita, che forse però sta altrettanto stretta, visto il passato ingombrante di lei. Si immischia un pastore, allora, mandato dai suoceri, si immischia e prova pietà per Coniglio, lo capisce, e cerca di redimerlo, di riportarlo nella vecchia via, ora che il parto della moglie è imminente, ora che un altro figlio sta per essere messo al mondo.
E lo si capisce, Coniglio, con i suoi dubbi e il suo egoismo, la sua vita da vivere che ha subito una battuta d’arresto, la gloria passata, il tifo e gli occhi tutti per lui, si sono spenti, con gli anni. E nessuno lo ricorda più.
È una pastorale americana più tragica, anche se a tratti tragicomica, che mostra la middle class americana e la sua quotidianità, la sua sessualità, pure, ma che non affronta quello che nel resto del mondo accade: l’America è tagliata fuori, e sono solo le marche delle auto a farci intuire di essere nei non troppo favolosi anni ’50.
Le voci, dei protagonisti, si susseguono, cambiando punto di vista, mostrandoci non solo i pensieri incoerenti di Coniglio, ma anche quelli miseri e rassegnati di Ruth, quelli speranzosi ma dubbiosi di un pastore diviso tra ruolo istituzionale e simpatia personale, e in modo assolutamente efficace e agghiacciante, quelli di una madre disperata, che si fa un goccio, e poi un altro, e poi un altro ancora, per tenere a bada la tristezza e i due figli da accudire.
Il finale nero, la corsa che non smette, ripaga di mesi e mesi di lettura rimandata e fatta a salti, un finale letto d’un fiato –almeno questo- per riuscire a concludere un ciclo all’interno di un ciclo, sapendo però che Coniglio lo si incontrerà ancora lungo la strada.
Altro autore americano famosissimo che vorrei leggere, anche se non so perché mi spaventa. Troppo strano? Troppi volumi sul coniglio?
RispondiEliminaSe mi capita, proverò con qualcos'altro. Magari, Le streghe di Eastwick: conoscerlo già mi rassicura un po'. :)
Anche se l'ho letto a pezzi, e con lunghissime pause, la storia merita e ci sono voci -quelle femminili- con un bellissimo tono. Mi concederò il prossimo anno a Coniglio, ho bisogno di una pausa visto il momento che evoca ;)
EliminaUn libro che mi ero segnato tra le possibili letture non ricordo più bene perché, forse l'avevo sentito citato da qualche parte...
RispondiEliminaCome pastorali americane ne ho però già avuto abbastanza con quella del film di Ewan McGregor, quindi anche per quest'estate mi sa che sul mio comodino dovrà prendere un altro po' di polvere. :)
La precedenza però la darei alla pastorale di Roth, cosi magari rivaluto il lavoro di Ewan :) Questa, più tragicomica, meno "storica", ha il suo perché, anche se letta a rate. Il prossimo anno, Coniglio lo ritrovo e me lo leggo tutto d'un fiato spero.
EliminaPeccato, veramente un peccato, anche perché ce l'ho in lista da tempo.
RispondiEliminaPerò mi sa che lo recupero comunque. :-)
No no, ma alla fine mi é piaciuto. Ha parti di "stanca" che mal si relazionavano con la mia stanchezza, ma la storia, e la voce, meritano. L'importante é sempre il momento giusto in cui iniziarlo.
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