26 marzo 2018

Il Lunedì Leggo - Disaccordi Imperfetti di Jonathan Coe

Mai stata una fan delle raccolte di racconti.
L'ho già detto, ma mi ripeto: troppo brevi, troppo veloci, per poterli davvero sentire, per potermi affezionare ai vari personaggi.
Dopo l'intensità di mesi accanto alla Ferrante, al suo rione, a Elena e Lila, però, c'era bisogno di una decompressione.
Qualcosa di veloce, leggero, diverso, per distogliere la mente e andare avanti.
Jonathan Coe, autore ormai di fiducia, di cui ho letto tutto o quasi, è venuto in mio soccorso, con questa raccolta brevissima, leggerissima, ma capace qua e là di lasciare il segno, musicale come sempre.



Si parte con l'inno dei se, con un accordo tumultuoso e confuso (Nona e Tredicesima), che potrebbe proseguire in modo romantico, in modo sorprendente, in modo malinconico, chissà, e finisce invece per intrappolare: troppe le strade aperte davanti, troppi i dubbi e poco il coraggio di un pianista che ricorda il Sebastian di Gosling, che al contatto con la sua Mia non si fa avanti.
Avrà un'altra chance?
Si passa poi dalla musica all'altro amore di Coe: il cinema, con uno di quei Festival strani, un Festival Horror, in cui è la traduzione, o l'amore, ad essere protagonista (V.O. Versione Originale).
Ci sono poi pagine brevissime, ma intense, a incorniciare l'amore quando si fa abitudine, altre che evocano l'amore impossibile e reso magico dal ricordo, dal mistero pure (Ai ferri corti e Leida), e si arriva a un trittico (Tre racconti da Unrest), con stessi personaggi ma voce e prospettiva diverse, a raccontare di un'infanzia nelle campagne inglesi, di una famiglia che si ritrova a Natale, di due bambini che crescono immersi in quella natura, e si riconosce il Coe che ha raccontato Birmingham e il suo divenire, attraverso tre decenni.
Si arriva quindi prestissimo alla fine (Billy Wilder: Diario di un'ossessione), a quello che più che un racconto, è un lungo articolo di amore verso La vita privata di Sherlock Holmes di Wilder, dal quale Coe è ossessionato, tormentato, innamorato, da anni. Ci descrive il suo ricercare notizie e articoli al riguardo, i pezzi scartati, i frammenti censurati, incappando in sceneggiature, in bobine, e si conclude con una lettera, che dimostra come una bella persona non possa che produrre belle cose.
Il bello e il brutto dei racconti è che in fretta si leggono, in fretta di finiscono.
Resta poco, a volte, piccoli frammenti, altre, che magari si ripresentano più avanti, e si cerca di ricordare da dove nasca quell'immagine -quella chitarra sapientemente incartata sotto l'albero di Natale o quell'appartamento rumoroso in un quartiere in cui nessuno vive, tutti sono di passaggio-, si cercherà, allora, nella memoria, pensando alle parole, allo stile, riconoscendo quello di un autore che si ama, che sa regalare emozioni distillate, capaci di far andare avanti, oltre Napoli, ormai, oltre l'Inghilterra che racconta.

4 commenti:

  1. Stesse riserve per i racconti, ma tanta tanta voglia di scoprire questo Coe.

    Ps. A proposito di racconti (anche se si definisce romanzo per racconti) ti consiglio A misura d'uomo, di cui ho parlato qualche settimana fa. Più maschile, più fordiano, però ha scene e personaggi - leggasi vecchini - che ameresti.

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    1. Se non hai mai letto Coe, ti conquisterà con il suo stile leggero e ironico, e poi come racconta lui la storia e la famiglia inglese... Birmingham è fantastica.

      A misura d'uomo era quello delle edizioni NN? Lo credevo più politico -e ovviamente maschile- ma mi dici vecchini e mi fido ;)

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  2. Un autore che non conosco ma che, tra passione per musica, cinema e riferimenti a La La Land, potrebbe anche gustarmi...

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    1. Coosa?!? Tu non hai mai letto l'inglesissimo e anni '90 Coe? Recupera, perchè sembra davvero l'autore per te, e la trilogia di Birmingham in primis.

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