Erano gli ultimi giorni dell'anno e la rete è impazzita.
Impazzita per un film in bianco e nero, per un film con due soli protagonisti: Robert Pattinson e Willem Dafoe, soli in un isolotto dimenticato da Dio con un faro da governare e mantenere.
La rete è impazzita perché il film è strano forte.
Quello strano che ti porta a parlarne, quello strano fatto di una trama confusa e che rende confusi, cervellotica o semplicemente folle, che ti trascina nella stessa spirale di follia in cui cadono i protagonisti. O solo Pattinson. Forse Dafoe ci è da sempre.
La trama è di per sé risicata: il veterano guardiano del faro Thomas Wake accoglie il novellino Winslow sulla sua isola, lo costringe ai lavori più umilianti, non gli permette di governare quel faro. Cosa nasconde?
Cercare di capirlo porterà lentamente Winslow alla pazzia, a guardare con ogni sospetto ogni mossa di Wake, a mantenere stretto il suo segreto.
Ma più della storia, conta che The Lighthouse è un film che senti, con tutti e 5 i sensi.
Senti l'odore di sporco, senti pure l'odore del sesso a cui ci si abbandona fra remore, sporcizia e follia, senti la puzza della latrina, di una casa che in poco tempo (o tanto?) cade a catafascio coprendo tutto il pulito che il mare dovrebbe ispirare.
Senti il sapore di salsedine sulla lingua, senti quel vino copioso e forte che scende, quell'alcool a profusione a cui Wake non rinuncia mai, a differenza dell'inizialmente ligio Winslow.
Tocchi le rughe profonde di Dafoe, tocchi quella sirena che forse è una visione, forse un tormento, tocchi l'estasi che dà.
Ascolti le urla di gabbiani inferociti, che sono divinità da rispettare. Ascolti strane interferenze, strane lingue, ascolti una strana presenza.
Vedi, infine, e rimani basita.
Vedi una fotografia che dà i brividi.
Più dei protagonisti stessi.
Più della loro storia di ossessione.
I brividi.
Un bianco e nero in cui ogni inquadratura è un quadro.
Che sa di incubo, sa di espressionismo, sa di perfezione.
Chiusi in un 19:16 claustrofobico, l'unica luce viene data da questo rigore.
Per il resto, ci lascia andare ad incubi ad occhi aperti, a una degenerazione voluta o già latente, a cui Winslow è predestinato per essere lì, su quel faro con Wake, o che se l'è cercata per quel gabbiano, per le sue speranze mal riposte.
E alla fine, anche se ci capisci poco, se il bello è proprio capirci poco, rimanere in sospeso, complici e partecipi di questa follia generale, di queste ossessioni e di queste paure e di questi incubi, alla fine -dicevo- lo senti con un altro il senso, il sesto, che The Lighthouse è quel film per cui la rete deve impazzire, quella chicca (non così)nascosta, che non sai spiegare, non sai capire, non sai nemmeno cosa ti vuol dire ad un certo punto, ma che sai ammirare.
Voto: ☕☕☕☕/5
Ho visto anch'io la rete impazzire, ed ora la voglia di vederlo è alto, anzi, forse presto me lo vedo ;)
RispondiEliminaBravo, a volte la rete impazzisce per le cose giuste ;)
EliminaSull'HD da un po', però non ho ancora preso coraggio. Prima o poi mi butto!
RispondiEliminaDopo il tanto clamore ho aspettato anch'io il momento giusto, e la serata giusta. Ma ne è valsa la pena.
EliminaConcordo con Cassidy alla grande. Un film che va vissuto con tutti i sensi e che rimanda potentemente al cinema espressionista, risultando a conti fatti un'esperienza di non poco conto.
RispondiEliminaUn'esperienza dell'espressionismo ai giorni nostri. Per un film che sembra vivere fuori dal tempo. Non lo si capirà tutto, ma i sensi sono allertati.
EliminaPensa che nella mia ignoranza pensavo che Eggers fosse un anziano signore, che The VVitch fosse il seguito (non richiesto) di The Blair Witch Project. Fortuna che prima di vedere questo Faro mi sono informata un po'.
RispondiEliminaSoprattutto in questo periodo un film così claustrofobico non so se riuscirei a reggerlo. Potrebbe piacermi, ma mi sa che aspetto...
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