18 gennaio 2021

Il Lunedì Leggo - Bone di Jeff Smith

Neanche il tempo di finire Harry Potter che nel regalo di compleanno del giovine trovo questo fumetto, e questo commento di Oscar Cosulich: 

"Il più bel romanzo fantasy dopo Il Signore Degli Anelli è (con buona pace di Harry Potter) la sensazionale saga di Bone".

Ora, che Il Signore degli Anelli sarà la saga ad accompagnarmi il prossimo autunno lo avevo già deciso, chiamalo destino, chiamalo conoscermi bene, non mi restava che addentrarmi nelle avventure dei cugini Bone creati da Jeff Smith.
Una passeggiata, la mia, nonostante l'ingombrante e pesante tomo a colori che rende più speciali queste avventure che i più hanno dovuto seguire pazientemente fra ritardi di stampa, case editrici che falliscono e nuove edizioni, uscite scaglionate in Italia per 10 anni.
DIECI ANNI, capito?
Lì a ridere, ad aspettare senza sapere quello che poteva succedere.


Mi trovo ad ammettere però che l'inizio mi ha entusiasmato poco.
Tutto il contrario di quanto sostenuto da Neil Gaiman che commenta questa edizione, e che ricorda i suoi albori negli anni '90, con la comicità slapstick a farla a padrone, con poco a succedere, con disavventure che si risolvono nel giro di un albo ma che hanno tempi comici, una loro fisicità, irresistibile.
La domanda per una come me che già sapeva che la storia era continuata per un decennio, era scontata:  che, per mille pagine sarà tutto così?
Tutto un litigio fra questi cugini Bone così diversi fra loro, il timido ma saggio Fone, appassionato di Moby Dick tanto da sognarlo, l'avaro Phoney e ovviamente il mio preferito, l'ottimista e tontarello Smiley?
Loro, cacciati da Boneville, (pardon, solo Phoney è stato cacciato, gli altri due l'hanno accompagnato) in fuga da concittadini offesi e arrabbiati, finiscono perduti e divisi nella Valle.
Ed è qui che, poco a poco, inizia la loro avventura, qui che il loro destino si lega a quello della bella Thorn, alla combattiva nonna Rose, a quella del locandiere Lucius.
Ci mette un po' questa storia a carburare, disseminando indizi fatti di sogni e draghi scomparsi, imbastendo nel mentre corse di mucche, scommesse clandestine e presentando le temibili creature ratto che ai Bone danno la caccia per farsene una quiche.
Ed è così che lentamente questa storia esplode e ci si presenta un mondo diverso: fatto di re e regine, di destini nascosti e di una guerra ormai imminente, fatto di battaglie in cui si muore e ci si sacrifica, in cui non si sa di chi fidarsi, fatto di tante fughe sottoterra, dentro foreste e vulcani inattivi inseguiti da enormi felini, e infine un lungo pellegrinaggio fino alla città di Atheia, dove lo scontro finale non può che svolgersi.



Tutto questo è Bone, e se Neil Gaiman si era ritrovato a rimpiangere quell'inizio comico e divertente, con insetti foglia, mamme opossum con i loro cuccioli, e un inverno che arriva improvviso, ma davvero improvviso con la sua neve a coprire tutto, poi pure lui ha cambiato idea.
Capisce il lavoro di preparazione fatto da Smith, la sua corsa a lunga termine.
Io a questi Bone, all'importanza dei vari personaggi (che siano avventori vecchi e giovani della locanda di Lucius, che siano animaletti orfani della Valle, che siano quelle stupide, stupide creature ratto), ho iniziato ad appassionarmi quando le cose hanno iniziato a farsi serie, quando una saga piena di magia, di creature diverse, di leggende e profezie ha iniziato a delinearsi proprio come se fossimo dentro a Il Signore degli Anelli o Harry Potter.
Se è meno famoso ai più -come lo era per me- forse è solo per il suo formato a fumetto.
Non ho altra spiegazione.
Che però, per me, lo rende ancor più bello.
Tavole in cui ci si perde la testa, soprattutto quelle a pagina piena, che inquadrano un mondo in rovina, un sogno che sembrava dimenticato, una battaglia in tutto il suo tumulto.
A colori il tutto è ancora più imponente, dato da una cura dei dettagli che sbirciando la versione classica in bianco e nero è diversa, a partire dai tratti dei Bone stessi: così semplici rispetto agli altri personaggi, fatti di linee e di bianco, a malapena un po' di rossore quando imbarazzati o innamorati. 



Il risultato li fa risaltare, a stagliarsi nella storia a mo' di guide, di aiutanti e a volte pure di cattivi.
Smiley con quell'espressione tonta, con il suo buon animo, il suo amore per Bartleby, la sua lealtà resta il preferito, con il saggio, taciturno drago rosso a tallonarlo, ma ovviamente Fone ha un posto speciale nel mio cuore: lui e la sua cotta impossibile verso Thorn, lui che è pronto a sacrificarsi, lui il cui destino ammetto di aver pensato/sperato più centrale. Ma i Bone, anche quando la profezia si rivela sbagliata, finiscono per essere spettatori coinvolti, aiutanti e pedine necessarie di una storia in cui finiscono letteralmente dentro per caso.
Certo, letto tutto d'un fiato ci si accorge di come alcuni passaggi vengono gestiti frettolosamente, cambi di opinione così veloci che probabilmente le uscite annuali facevano passare in secondo piano.
Ma passare le vacanze di Natale immersa in questa Valle, in quest'altro mondo a sé dove i colpi di scena non mancano, il divertimento nemmeno, è stato un altro bellissimo regalo che mi sono fatta.
Ora c'è un'altra trilogia di Jeff Smith dedicata ai Bone e ai loro eredi, ci sono spin-off e prequel e a quanto pare, pure una serie animata Netflix in produzione a sottolineare come a una saga, quando è così bella, si fatica davvero a dirle addio.



1 commento:

  1. Il tomo è stato tanto voluminoso (l'unica palestra fatta durante le vacanze? sì) quanto esoso, quindi tutti i seguiti conto di prenderli con calma in modo da gustarli di più e continuare a ricordare questa splendida avventura.
    All'inizio è stato davvero difficile ingranare, poi mi sono solo aggirata per casa sfogliando e stupendomi e ammirando il lavoro di Smith.
    Che storia!
    Com'è che la si sente nominare così poco?

    RispondiElimina