Andiamo al Cinema a Noleggio
Andiamo con un vecchio formato che non passa mai di moda?
Andiamo.
C'è una protagonista femminile, tosta e diversa, pronta a rinascere e risplendere dopo anni ai margini, con la testa fra i libri e grandi aspirazioni.
C'è un sogno più che condivisibile: diventare scrittrice, che si declina in critica musicale, per un giornale di Londra.
Ci sono gli anni '90, con la loro musica così giusta, con quei piccoli grandi gruppi che suonano in ogni dove.
Ci sono eroine ed eroi da poster, lì ad animarsi e a dare consigli di vita e ad ascoltare i problemi della protagonista.
C'è una presa di coscienza del proprio corpo, la propria sessualità e pure dei propri gusti, con una rockstar a rubare il cuore.
Insomma, c'è un racconto "coming of age".
Mettici poi da contorno una famiglia non propriamente funzionale, con una madre in depressione post parto, un padre che sogna ancora di sfondare come musicista e un fratello gay che si sente messo da parte, e How to build a girl diventa presto il film da recuperare, quello che grida: mi adorerai!
Il timbro di garanzia lo dà Caitlin Moran, una giornalista e icona inglese che scopro solo ora ma che per la sua vita -qui in parte raccontata- diventa già un idolo.
E me lo dà anche Beanie Feldstein (scoprire che è la sorella di Jonah Hill mi ha lasciato di sasso) che ho adorato in Booksmart.
Allora, com'è che Dolly Wilde convince solo a metà?
Colpa del personaggio, eccessivo fino a diventare odioso?
Colpa di una sceneggiatura che parte in accelerazione, tira spesso il freno a mano e incastona qua e là bei momenti?
Colpa di un tono discontinuo, una musica che resta nei margini e certe soluzioni facili facili per mettere ostacoli a Dolly?
Più che probabile.
Per fortuna quei bei momenti ci sono.
Beanie, californiana com'è, riesce a confondersi benissimo con il suo accento inglese, e le sue tirate, i suoi momenti di fragilità, restano fra le cose da salvare.
Viene da pensare che quei personaggi appesi alla parete, da Freud a Cleopatra, dalle sorelle Bronte a Elizabeth Taylor tutti con volti di star (da Michael Sheen a Lily Allen, da Gemma Arterton a Sharon Horgan) potevano dare di più.
Rimedia il bel Alfie Allen (ogni volta mi dimentico che è il fratello di Lily e resto di sasso), tormentoso e tormentante cantate la cui hit su cui si punta non è certo indimenticabile, ma è un personaggio più di spessore capace poi di regalare quel bel finale.
Forse anche troppo lieto con tanto di Emma Thompson e sguardo in macchina, ma comunque in grado di accendere speranze e sogni chiusi in un cassetto.
Dolly Wilde non sarà leggendaria come il titolo italiano annuncia, ma questa costruzione di una ragazza la si accetta anche con i suoi difetti.
Voto: ☕☕½/5
Dal momento che neanche il film di Olivia Wilde mi aveva fatto urlare al miracolo, potrei evitarmi questa Beanie e aspettare direttamente di vederla nella nuova stagione di American Crime Story.
RispondiEliminaLì la attendo anch'io, chissà che non ne esca qualcosa di troppo patinato com'era Versace.
EliminaQui fa più antipatia e la storia non riesce a mantenersi in quota, con qualche ritocco poteva uscirne un bel racconto di formazione.
Le premesse per un nuovo cult cannibale sembrano esserci... :)
RispondiEliminaIl tuo parere tiepido però mi fa pensare che anche io potrei restare deluso.
Magari lo guarderò, abbassando un po' le aspettative.
Dolly potrebbe essere la tua nuova idola, potrei scommetterci.
EliminaPotresti lamentarti solo per la poca musica anni '90 presente, e per una hit che è troppo romantica per funzionare. O almeno, ha funzionato poco con me.