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I malattia movie non sono esclusivo appannaggio dei film adolescenziali.
La morte, purtroppo, può arrivare ad ogni età.
Il cancro si presenta a casa Teague comunque troppo presto, a soli 34 anni, per una moglie e una madre con due bambine ancora piccole da crescere, con un matrimonio che deve trovare il suo equilibrio dopo un balzo di carriera.
Ci si aspetta un film drammatico (e L'amico del cuore lo è), focalizzato sulla battaglia di una donna nel strappare ogni attimo, ora, giorno per vivere ancora. Ma in realtà la macchina da presa non è puntata né sul giornalista di guerra Matthew né sulla moglie attrice teatrale a cui viene diagnosticato un cancro in fase terminale, l'attenzione è tutta per Dane.
Il loro migliore amico, quello che si è inserito fra loro così bene e che ora mette la sua vita in stand by, una vita che sembra in realtà già in stand by da troppo tempo, per aiutarli.
Trasferendosi senza remore, senza sentire discussioni, in casa loro.
Per aiutare lei ad affrontare il dolore.
Per aiutare le loro figlie a ritrovare il sorriso e un certo grado di stabilità.
Per aiutare lui a tenere una casa, una famiglia in piedi.
E in fondo anche per aiutare se stesso.
Il film si muove avanti e indietro nel tempo, anni prima e dopo la diagnosi, lasciando qua e là indizi che lentamente andranno scoperti e aiutando a non disperde l'attenzione e a tenere un equilibrio nei toni drammatici, romantici e leggeri della storia.
Il dramma è ovviamente in agguato, fa capolinea in corse improvvise all'ospedale, in sentenze che non lasciano scampo, in condivisioni necessarie, e arriva crudele a chiedere tutte le nostre lacrime sulle note di quella che è anche la mia canzone preferita dei Led Zeppelin (questa), il gruppo che "non capisco" ma che arriva al cuore.
C'è da dire che la parte finale eccede un po', come la malattia vera e propria si protrae, agonizzando e infierendo, chiedendo ancora e ancora le nostre lacrime, con quella morte ormai inevitabile che non arriva. Risparmiandoci comunque gran parte del dolore, dello sfinimento fisico e mentale che Teague ha raccontato nel suo articolo (lo si può leggere QUI).
Prima, ci sono comunque gli sprazzi di vitalità, di verità, una lista dei desideri da adempiere, amici da sfoltire.
C'è un matrimonio che si salva e c'è un amico di cui si capiscono le pene.
E le si condividono: nessun lavoro esaltante, un amore forse non così condiviso se si mette in disparte, nessun piano preciso per il futuro.
Jason Segel dimostra ancora una volta di essere un essere umano meraviglioso, aderisce perfettamente al ruolo di Dane e dopo averlo visto nella splendida Dispatches from Elsewhere (e pure nello scanzonato Forgetting Sarah Marshall), lo si ama ancora di più. Così come si capisce qual è l'Affleck giusto per cui tifare, quello che dopo l'Oscar con Manchester by the sea sceglie ruoli impegnati e dolorosi, provando anche a far pace con la sua vita privata turbolenta in tempi di #metoo. E infine, si finisce per voler bene a Dakota Johnson che vittima della stessa malattia di Kristen Stewart, dopo una saga di imbarazzante successo, torna a scegliere piccoli progetti in cui risplendere.
Il trio di attori è in stato di grazia, in un gioco di intimità e alchimia che arriva immediato.
Con il cammeo di Gwendoline Christie ad aggiungersi come un altro colpo al cuore.
L'amico del cuore come tutti i malattia movie chiede tanto allo spettatore, quasi troppo ad un certo punto, esagerando ed eccedendo nel minutaggio ma non nel racconto della sua storia.
Quella di un'amicizia speciale, un'amicizia che salva più vite, che regala momenti di lacrime, sì, ma anche insperati sorrisi sulle note di Carly Rae Jepsen.
Se non è magia questa, cos'altro può essere?
Voto: ☕☕☕/5
Sono incappato in due film Sky incentrati uno su un cancro al seno e l'altro sulla leucemia.
RispondiEliminaA me dà fastidio che un regista debba usare situazioni strappalacrime così facili. Mi innervosisce l'idiozia di chi lo fa, e per questo prima di vedere un altro film di questo tipo mi muovo con i piedi piombo.
Essendo spesso storie vere, ed essendoci tante storie simili, è normale che il cinema le affronti. C'è modo e modo ovviamente, l'importante è mantenere dignità e non svendere il dolore, ma renderlo una lezione. Qui ci si riesce.
EliminaNon mi commuovevo così da un po'. Un cast perfetto, una bella storia vera sulla gentilezza.
RispondiEliminaUn fiume di lacrime anche per me, e pensare che al fianco avevo un giovine cuore di pietra. Fossi stata da sola, il doppio dei fazzoletti consumavo!
EliminaStai cercando di diventare più piagnona e malata di malattia movie di me? ;)
RispondiEliminaA me stranamente questo non è piaciuto un granché. La narrazione non lineare non funziona molto. Ad esempio, la scena emotivamente più forte se la sono bruciata subito all'inizio, quando è impossibile essersi già affezionati ai personaggi. Mi sembra quindi che il tempo sia gestito un po' a caso.
Il personaggio di Jason Segel in effetti funziona, è il resto a scricchiolare. Dakota Johnson, che in altri film mi è piaciuta, qua mi è sembrata abbastanza fuori parte e incapace di regalarmi quelle lacrime che da un personaggio come il suo pretendevo. O forse è solo che avendo visto troppi film di questo genere ormai sono diventato troppo esigente. :)
Quella scena iniziale non la capivo neanch'io, ma quando rientra nella storia lo fa facendo ancora più male, e poi il resto dei salti aiuta a rendere ancora più forte la loro amicizia, fino alla rivelazione su Dane e la comparsa della cavaliera per eccellenza.
EliminaLa Johnson mi è parsa -come succede spesso in questi casi- più sana del dovuto, ma ho apprezzato che fosse defilata, che la storia si concentrasse su chi resta e deve fare i conti con la malattia.
Mi aiuta però non essere fan dei malattia movie in generale, e il fatto che quando non sono in formato teen, regalano belle storie come questa.
Quanto a piagnona, mi sa che lì non hai mai avuto possibilità di battermi. Tra questo e Nomadland già ti ho stracciato :)