Oggi parliamo di un tema spinoso: la diffusione senza consenso di materiale porno.
Come lo affrontiamo?
Potremmo fare come Radu Jude che decide di raccontare delle disavventure di una professoressa il cui video amatoriale con il marito finisce in rete.
Non è porn revenge, non c'è vendetta, non c'è un ex o un conoscente a diffondere, ma un hackeraggio vecchio stile.
Il video finisce intercettato da alunni e genitori della scuola in cui insegna, portando ad una riunione, che diventa un processo a suo carico.
Ma prima, Radu Jude, prende tempo.
Il video, ce lo mostra integrale, creando non pochi sussulti, facendoci sentire in colpa, pure, nell'intrometterci nella privacy di una coppia.
Poi, senza maschera, ben vestita, questa professoressa la seguiamo per le strade (a senso unico) di Bucarest.
Tra commissioni, chiamate, la città stessa che interviene, la macchina da presa che si perde, si distrae, si concentra su altro.
Siamo, tra l'altro, in piena pandemia, e quindi la mascherina è d'obbligo e diventa motivo di litigio.
Seconda parte: un dizionario.
Utile?
A seguire, sì.
Parole che assumono un altro significato, parole a contesto sessuale, storico, universale, spiegate attraverso filmati di repertorio, stoccate politiche, sottotitoli ricchi di ironia.
Per parole che verranno usate, urlate, sostenute, nella terza parte.
Terza parte, finalmente, il processo.
Un processo che ha il sapore dell'eccesso, di quei processi mediatici che scaldano i social, con genitori inviperiti, ipocriti, saccenti e di parte.
Un processo che rimostra quel video, che degrada ancor più la professoressa Emi, che mostra così le brutte sfumature di chi si crede giudice sopra le parti.
E il finale?
Di finali, Radu Jude, ce ne lascia tre.
Tristemente reali, due, meravigliosamente assurdo l'ultimo, quello per cui fare il tifo.
Il risultato è un film che gioca bene la carta dell'attualità, pandemia compresa. Rimanendo in bilico tra dramma e commedia, puntando il dito contro modi di pensare più che di vivere.
Girato in economia e in libertà, senza grossi mezzi, ha il sapore di quei piccoli film d'essai che senza una vittoria a Berlino difficilmente sarebbe arrivato a noi.
Non didascalico e prorompente come il tema -e il titolo- facevano pensare, ma eccentrico, personale il giusto da colpire.
Voto: ☕☕☕/5
A me è piaciuto parecchio, anche se la prima parte, quella in città, ha messo a dura prova sia me che il povero Bolluomo costretto alla visione. Orribile il titolo italiano, davvero.
RispondiEliminaCon il titolo hanno cercato di avvicinarsi a una traduzione dall'inglese, ma l'effetto è meglio non commentarlo.
EliminaPer fortuna me lo sono vista da sola, il giovine avrebbe abbandonato alla seconda scena e ammetto che pure io ho faticato. Per fortuna, il dizionario e il processo, risollevano il tutto.
Ciao,
RispondiEliminagrazie per la recensione. Titolo italiano orribile, ma il film mi incuriosisce.. dove si puo nolegiare?
Dovrebbe arrivare anche in sala in questi giorni, altrimenti lo puoi noleggiare sul sito di MioCinema, ho visto che c'è ancora.
EliminaOk grazie poi guardo!
EliminaOk grazie poi guardo!
EliminaInteressante, vediamo se riesco a vederlo in qualche modo!
RispondiEliminaStrano e interessante, come scrivevo sopra, lo trovi sia in sala che a noleggio sul sito di MioCinema ;)
EliminaDavvero in Italia è arrivato con questo titolo? °___°
RispondiEliminaMi sembra che siamo dalle parti di quei film che possono rivelarsi geniali, oppure delle porcherie incredibili. Staremo a vedere...
La traduzione è quasi letterale dall'inglese, in romeno non so...
EliminaPassato un inizio ostico, il dizionario e il processo finale hanno il loro perché.
Resta di nicchia, da festival, però.