Un pollice verde non lo sono ancora del tutto.
Me la cavo, ho le mie soddisfazioni, ma non ho pazienza, non ho metodo né purtroppo costanza.
Fortuna che c'è il giovine che è ormai un giardiniere provetto e fa del nostro giardino e del nostro orto dei piccoli miracoli.
Permettendomi pure di usare il plurale.
Ma di piante mi appassiono.
Mi appassiono delle storie che nascondono, dei fattarelli che le riguardano, di quelle ricerche botaniche e scoperte scientifiche che rendono il mondo vegetale molto più interessante -perché nascosto, perché spesso dimenticato- di quello animale.
Non a caso, stiamo parlando dell'85% della biomassa del pianeta.
E Stefano Mancuso non ci sta a farsi prevalere dal restante 0,3% con le sue leggi e occupazioni troppo, troppo in vista.
Torno a lui, georgofilo, alla sua divulgazione appassionante e leggera, divertente pure.
Tipico di una mente curiosa, di chi si affanna e fa ricerche, di chi non sta con le mani in mano.
Con le mani tra libri e terra, sì.
Raccoglie così piccole storie di grandi piante, suddividendole per capitoli che non hanno la medesima presa, va detto.
Ci si incaglia proprio all'inizio, quando le Piante della Libertà francese sono una aneddoto personale a tratti ripetitivo o con le Piante della Città, che facendosi portavoce di un messaggio ambientalista dove il verde deve regnare attorno, sopra, sotto e lungo le case delle nostre città, parla di un modello più che condivisibile cercando di convincere gli scettici di cui fortunatamente non faccio parte.
Poi, finalmente, si ingrana.
Lo si fa con le storie più curiose, con alberi che hanno permesso di risolvere crimini (quello del rapimento del piccolo Lindberg), alberi che rendono unici gli strumenti musicali, altri che sono finiti pure sulla Luna.
E di cui ammetto che vorrei un clone pure io, o almeno un abbraccio per il loro essere così speciali, dimenticati per anni dalla NASA stessa che però ora ha un loro elenco nel sito ufficiale.
Ma è la storia di un banano, l'albero della conoscenza per Mancuso, che più diverte e più fa capire com'è che un divulgatore così riesce a conquistare: con la sua curiosità e tenacia, con il suo divertirsi in mezzo a alberi e storie di alberi.
E dei loro frutti, come le banane che da frutti esotici per ricchi signori hanno finito per diventare un problema sanitario che New York in un primo tempo ha cercato di risolvere con dei maiali.
Ci sono piante che hanno permesso di farsi metodo scientifico e di conoscere la Storia nella sua datazione.
E poi c'è la generosità di un bosco, che mantiene in vita anche chi è morto, riportandomi alla mente la mai dimenticata quercia vista a Berlino, e nuovamente a Budapest giusto una settimana fa.
Il pollice s'inverdisce piano piano, lamiaquercia cresce che è un piacere e mi ha ormai superato in altezza, ma se spesso dimentico di dare sostegno a fiori che richiedono un po' d'acqua, è perché mi perdo nei racconti dei loro simili.
Chiedo scusa, prometto più impegno.
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