Andiamo al Cinema
Colori pastello, simmetria, parlantine veloci, macchina da presa che si muove in modo geometrico.
Sì, è Wes Anderson.
Che oltre alla breve incursione su Netflix, è anche al cinema con un film presentato a Cannes.
Ma fin dalla sua anteprima, si è parlato più del cast che del film in sé.
Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Edward Norton, Adrien Brody, Liev Schreiber, Hope Davis, Steve Park, Rupert Friend, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Hong Chau, Willem Dafoe, Margot Robbie, Tony Revolori, Jake Ryan e Jeff Goldblum.
Certo, ci sono scene, inquadrature, che lasciano a bocca aperta.
Ci sono trovate e ci sono animazioni che fanno sorridere pieni di gioia, ma poi si cerca di scavare più a fondo e altro non c'è.
Il problema è sempre lì: in una storia che non sembra andare da nessuna parte, che poco lascia.
Ispirata al Covid, in parte, e a una quarantena forzata, ma in fondo di questa strana umanità che finisce rinchiusa in un motel lungo il deserto per un incontro ravvicinato del terzo tipo cosa ci importa?
Dei piccoli amori che nascono, di un lutto da superare anche troppo in fretta, di una gara fra geni e di alleanze fra geni?
Poco, appunto.
Ce n'è anche troppa di umanità in questo deserto per seguirla tutta, affezionarsi a tutti.
Ci si concentra sul cuore, allora, l'unico che batte per Schwartzman -che con barba al seguito dovrebbe omaggiare Stanley Kubrick finendo invece per essere un sosia di Paolo Ruffini-, assieme a una Johansson in versione Marilyn.
Non si respira nemmeno fuori scena, in quella cornice metanarrativa che mostra la produzione e l'allestimento dell'opera Asteroid City in un teatro, con attori che fanno gli attori, che entrano e escono di scena, narrata da Bryan Cranston e che dicendoci già la suddivisione dei capitoli, delle scene, rende per assurdo più lunghi i 90 minuti di durata del film.
In questo bianco e nero e in queste interruzioni spicca solo lei, Margot Robbie, personaggio tagliato dalla produzione che grazie alle note di Alexader Desplat emoziona con una sola scena. Una sola fotografia.
In questa umanità varia c'è chi spicca e chi viene sacrificato, c'è un Steve Carrell che sostituisce Bill Murray e non ha la sua incisività, ci sono Maya Hawke e Rupert Friend ma se ne poteva fare a meno, c'è Tom Hanks che chissà perché figura come primo nome in cartellone, c'è la solita macchietta di Tilda Swinton.
La domanda sorge spontanea: interessa più la forma del contenuto, ormai?
Interessano più i carrelli geometrici, le composizioni del set, i colori, i filtri, diventati ormai un marchio di fabbrica che pure l'Intelligenza Artificiale sa ricreare perseguitandoci con ogni film o pubblicità possibile girato à la Wes Anderson?
È diventato un problema questo suo essere imitato in continuazione, tra videoclip e pubblicità?
Sembra di sì.
Perché la magia che quell'effetto portava è sbiadita anche nelle mani del suo creatore.
Insomma, dopo French Dispatch, film ad episodi in parte riusciti, in parte da far rimanere nel cassetto delle idee da scartare, si fa strada l'idea di un regista a cui manca il guizzo, almeno in fase di scrittura.
Lo temo, quindi, il prossimo film di Wes.
Temo uno stile che sembra superato anche nelle sue mani, temo storie poco incisive e temo l'orda di attori che con lui, giustamente, vuole collaborare.
Temo, ma resto speranzosa.
Se anche il film non lo si capisce, non importa, continua a raccontare la tua storia, Wes.
Con un pizzico di cuore in più, magari.
You can't wake up if you don't fall asleep.
È un film da riguardare perché l'estetica distrae, ma i contenuti sono molteplici e la poetica di Anderson sempre coerente. In poche parole, mi è piaciuto tantissimo!
RispondiEliminaIl problema è che non viene voglia di rivederlo, se non per l'estetica appunto. Esci di sala con la testa piena ma che si svuota in fretta, insomma, poco mi è rimasto dei tantissimi personaggi raccontati.
EliminaAllora... sono tentato, ma non convintissimo. Alla fine so che lo vedrò lo stesso perché s'ha da vedere (e poi non è che l'offerta cinematografica sia chissà che al momento). Facciamo che se succede e mi ricordo torno qui.
RispondiEliminaUn Wes Anderson al cinema non si rifiuta mai, alla fine le sue soddisfazioni tecniche le dà ma il cuore di un tempo è da un'altra parte.
EliminaChe poi, riflettendoci, io ho visto solo Grand Budapest Hotel di suo. E mi era piaciuto moltissimo. Quindi domanda ovvia: a parte quest'ultimo lavoro, cosa devo recuperare per forza?
EliminaOh beh, direi I Tenebaum di sicuro, il mio preferito credo resti Moonrise Kingdom ma anche i due film di animazione (Fantastico Me. Fox e L'isola dei cani) sono alti in classifica 🙂 Per non sbagliare, vai di recuperone!
EliminaEccomi! L'ho visto. A parte l'estetica, non mi è piaciuto. I film privi di trama non li sopporto. L'unica cosa che ho apprezzato erano le citazioni a Mars Attack. Bocciatissimo!
EliminaCapisco, purtroppo. La trama sommersa dall'estetica è quasi risibile. Però dai altre chance a Wes, i suoi primi film avevano molto più cuore, credimi.
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