#LaPromessa2024
Per anni, il migliore amico mi ha tormentata con le interpretazioni delle canzoni del musical, in particolare un'imitazione un filo meno seducente di Ulla.
Lo scorso anno, finalmente, mi sono vista per intero The Producers, il film tratto dal musical tratto dal film del 1967 di Mel Brooks capendo com'è che il migliore amico ci era andato in fissa.
Era naturale che il film originale, che in italiano i simpatici titolisti italiani hanno battezzato Per favore, non toccate le vecchiette è finito ne La Promessa di quest'anno.
Caso ha voluto che nel lento e non facile recupero (scusa Larry, ma a volte fai davvero venire i nervi!) di Curb your enthusiasm, la quarta stagione veda proprio Larry David avere il ruolo di Max Bialystock nel suo debutto a Broadway dopo vari incontri con un Mel Brooks che lo difende a spada tratta, nonostante gli incidenti alle prove con Ben Stiller e un'alchimia non facile con David Schwimmer. Cose che ne fanno forse la stagione che più ho preferito finora, perché in fondo fra mille parentesi e gaffe, ricalca proprio la trama di The Producers.
Sono arrivata agli sgoccioli, insomma, e come ultimo film de La Promessa mi sono vista il primo, l'originale.
Che è pure il primo film di Mel Brooks, e uno che esordisce prendendosi gioco di Hitler riempiendo il film di svastiche e uomini con il baffetto con il braccio teso è un ottimo biglietto da visita a Hollywood per capire con chi si ha a che fare.
È anche il film che ha lanciato definitivamente la carriera comica di Gene Wilder, in un sodalizio che altri succosi frutti ha portato.
Insomma, come non potevo non amarlo Per favore, non toccate le vecchiette dopo tutti i produttori che avevo visto e dopo una storia che è l'inizio di una carriera?
Già, come non potevo?
E com'è che invece ho faticato parecchio?
Colpa di una comicità che con il tempo è invecchiata, di attori urlanti che, beh, urlano.
Tanto.
Colpa di smorfie, e caos, e urla.
L'ho detto che urlano tutti?
Ecco, davvero troppe le urla che fin da subito entrano in scena, perché ormai la storia la conosco, la storia di un produttore che raggira le vecchiette e le tocca in continuazione e che grazie a un commercialista disincantato capisce che può guadagnare più da un fallimento a Broadway che da un successo e allora inizia a cercare la sceneggiatura peggiore, il coreografo e il costumista peggiori, l'attore peggiore…
Il bello, nel vederlo a posteriori, è stato trovare le piccole differenze rispetto al film del 2005, che approfondisce maggiormente il ruolo di Leo Bloom, che cambia un finale effettivamente molto veloce, che dà pure più spazio a Ulla e alleggerisce le scene con le vecchiette.
Quanto alla sua natura di musical, resta sconcertante e divertente.
Più che per le musiche che restano in testa (canticchiare sotto l'albero di Natale Springtime for Hitler è un contrasto difficile da spiegare) per i costumi assurdi di ballerine scosciate ricoperte da calici di birra, pretzel e stendardi.
La mia faccia corrispondeva a quella degli spettatori ignari a teatro.
Ho faticato però, per la viscidità di Zero Mostel, per le sue urla, riuscendo ad addolcirmi con Gene Wilder e quella faccia strana che c'ha che riporta subito all'infanzia.
Arrivo in fondo a una Promessa con il Natale che incombe e le classifiche di fine anno che premono e mi guardo un attimo indietro.
Che Studio 60 resta la serie TV che dovevo recuperare, Ghost la commedia romantica che ancora funziona, i Kramer come i Roses le famiglie che dovevo conoscere e la casa dei Cooper quella in cui è stato bellissimo trovare rifugio.
Ma è stato una Promessa in cui i baffetti e la zazzera nera di un piccolo individuo spaventoso ha fatto capolino due volte. E se i Produttori li preferisco in salsa moderna e musical, Lubitsch è quello che ne ha fatto la farsa più coraggiosa.
Strano anno, questo, in cui si è cercato forse di esorcizzare certe paure.
Chiudiamola qui, questa Promessa leggera ma non troppo, entusiasmante nonostante certe fatiche.
Respiro per qualche giorno in attesa di capire quali titoli finiranno in quella del 2025.
Ne vedrò sicuramente delle belle!
Il Maestro Mel difende a spada tratta il musical con cui ha collaborato, ottima versione ma niente, io sono legato all'originale, pazzo, drittissimo, con Wilder che si fa venire la faccia rossa per restituirci quando sia ossessivo Leo Bloom, ancora oggi l'originale è fonte di "citazioni involontarie", la nuova versione merita, ma è un po' troppo cantata per i miei gusti, mi basta la follia di "Springtime for Hitler" nella sua versione originale. Cheers!
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