Per il secondo giorno di fila, mi smentisco.
Di voglia di vedere Florence non ce l'avevo.
Un po' perché la stessa storia -una cantante d'opera stonatissima che non sa di essere stonata e diventa per questo una piccola star- già l'avevo vista in mano i francesi, con il divertente Marguerite, in concorso a Venezia, piacevole e facilmente dimenticabile.
Un po' perché con gli anni che passano e le nomination che aumentano, Meryl Streep ha trovato posto nella mia agenda nera degli attori irritanti: troppo brava, troppo perfetta, troppo osannata ad ogni sua interpretazione.
Cedo a Florence, quindi, un po' per gli stessi motivi per cui ho ceduto a Sully: le nomination (questa volta arrivate, e copiose) ai Golden Globe, e la mancanza di altro se non cinepanettoni in sala.
Siamo nei desolanti anni della II Guerra Mondiale, in una New York privata dei suoi giovani, e alla ricerca di divertimento sano con cui non pensare troppo.
In questa New York, Florence e il marito, compagno di vita e manager, intrattengono i più con tableaux e spettacoli, con cene a menù ormai fisso. Ma Florence vuole di più, vuole tornare a cantare e non lo sa, non si rendere conto che la capacità per farlo non ce l'ha: stonata, inascoltabile, ridicola. Ma con tanto cuore.
Il marito, premuroso ma pur sempre fedifrago, le trova un nuovo insegnate di pianoforte, e la asseconda pur cercando di limitare i danni, pagando pubblico e critici, mettendo alla berlina i malpensanti.
Finché Florence non lo batte sul tempo, e il suo talento "particolare" viene a galla: sarà un inaspettato successo.
A differenza di Sully, con Florence la sorpresa non c'è stata.
Stephen Frears si limita a svolgere il suo compitino per bene e senza sbavature, ricreando un'epoca di frizzi e sollazzi che nasconde una certa malinconia, senza però il piglio esperto di un Woody Allen, creando un biopic in breve dove manca però una certa solidità (l'elemento della borsa da cui Florence non si separa, conta fin là).
Forte dell'avere dalla sua una Streep in formissima e che riesce a convincere tra gorgheggi ed occhi lucidi pure una restia come me, forte di avere un Hugh Grant smagliante e marpione dal cuore d'oro, la storia prosegue senza mai avere un climax, senza mai andare fuori rotta, mettendoci qualche cliché e qualche macchietta (Simon Helberg, per dire) a condire il tutto.
E il tutto si fa piuttosto prevedibile e piuttosto piatto, il tutto è così troppo perfettino da annoiare.
C'era quindi bisogno di questa versione inglese seppur americana? Non proprio.
C'era bisogno di vederla? A conti fatti, no.
Bel modo per chiudere l'anno delle recensioni, vero?
Regia Stephen Frears
Sceneggiatura Nicholas Martin
Cast Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg
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Margeruite mi h aveva annoiato, questo mi è piaciuto molto di più.
RispondiEliminaPianista compreso, che mi ha fatto morire dal ridere. :)
Marguerite aveva più dramma e più sostanza, qui si è fin troppo leggeri in alcuni punti e non si capisce bene dove si andrà a parare. Non che mi aspettassi di più, comunque.
EliminaL'ho visto ieri sera, in v.o., e ti dirò, mi è piaciuto. Cosmé McMoon é fantastico! Non
RispondiEliminasono mai stata una grande fan di Meryl Streep, ma è innegabile che sia immensa e bravissima. E anche qua non si smentisce.
Cosmé simpatico, sì, ma dopo un po' troppo macchietta per i miei gusti, o sarà che manca di solidità la trama di per sé.
EliminaLa Streep su cui sono sempre prevenuta, qui è davvero bravissima, non lo si può negare, tra lacrime e gorgheggi.
Visto che non c'è tutto questo bisogno di vederla, una nuova prova da prima della classe della Streep mi sa che me la posso risparmiare...
RispondiEliminaQui è forse più brava e in parte che nelle sue ultime uscite, però sì, il film non grida al miracolo e spero che non passi dai Golden Globe agli Oscar con troppa facilità.
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