21 maggio 2020

Golden Exits

È già Ieri -2017-

Ritratto di un tipico film radical-chic e indie:

  • dev'essere ambientato a New York, possibilmente una New York non turistica, di quartiere,
  • i suoi personaggi sono belli e stropicciati, anzi, belli perché stropicciati,
  • fanno lavori che non sembrano lavori, ma che permettono di portare avanti una vita decisamente cool,
  • gli unici problemi che hanno sono problemi esistenziali, di coppia se proprio vogliamo variare un po',
  • il cast dev'essere formato da affezionati al genere indie e radical chic, con nuove leve pronte a prendere il loro posto.

Analizziamo ora Golden Exits, di Alex Ross Perry:




  • è ambientato a New York, sì, ma in quel quartiere di Brooklyn dalle case con i mattoni rossi, a nascondere appartamenti lussuosi e decisamente cool dove non a caso Alex Ross Perry è cresciuto e Chloë Sevigny vive,
  • i protagonisti possono essere definiti in sfumature che vanno dal viziato al disinteressato, casual ma non troppo anche nel modo di apparire
  • il lavoro e il loro sostentamento ruota tutto attorno alla figura artistica di un padre/suocero da poco mancato e dell'ordine da dare alla sua eredità: da gestire, da catalogare, da presentare. Questo l'unico lavoro che gli si richiede. Discorso a parte per due giovani sposi e produttori musicali.
  • Nel cercare di mettere ordine e di catalogare l'attività di un padre/suocero ingombrante, le due figlie bisticciano a distanza giudicandosi continuamente, con una giovane e bellissima australiana a mettersi in mezzo non solo a questa famiglia (facendo da stagista a quel marito/genero), ma anche ai due novelli sposi, invaghendosi di quell'amico d'infanzia ora ritrovato. C'è poi l'assistente dell'altra figlia, a sua volta sorella di quella moglie che forse si vuole tradire, che si lamenta di una vita che non riesce ad abbandonare. Confusi? Capisco.
  • A dare i volti a questi protagonisti snob, viziati e piuttosto egocentrici abbiamo le vecchie leve: Adam Horovitz (ex Beastie Boys), Mary-Louise Parker, Jason Schwartzman e Chloë Sevigny, e il nuovo che avanza rappresentato da Emily Browning, Analeigh Tipton e Lily Rabe. Un cast, insomma, davvero nutrito.


Mostrandoci stralci di questo loro anno passato a lavorare in un seminterrato, a scrutarsi, provocarsi, stuzzicarsi, a ingelosirsi o a lasciare che il cuore faccia il suo corso, Alex Ross Perry dimentica il punto fondamentale: se si vuole fare un film sugli snob di oggi senza esser snob, la carta dell'ironia non deve mancare.
Qui, quel pizzico di Woody Allen che sempre ti aspetti da un film ambientato in una piccola New York vissuta attraverso le vite di personaggi egocentrici e artistoidi, manca completamente.
Ci si annoia guardando queste vite annoiate, si mal sopportano i soliti frustrati Mary-Louise Parker e Jason Schwartzman pur innamorandosi ancora di Emily Browning e Analeigh Tipton e della loro freschezza.
Un vuoto che gira attorno al vuoto, volutamente girato in 16mm caldi e granulosi scelta, aiutatemi a dirlo, mooolto radical chic.
Se il fastidio non ha la meglio è solo perché si cerca di capire dove si vuole arrivare e quanto ancora a vuoto si può girare, e la giustifica inserita nella sceneggiatura che nessuno fa mai un film sulle vite ordinarie di persone ordinarie, non migliora la situazione.
Se non lo si fa, è perché non avrebbe niente da dire.

Voto: ☕☕/5


2 commenti:

  1. Potrebbe essere troppo radical-chic persino per me.
    Ma non ci giurerei... ahahah

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    1. Le protagoniste ti garberanno un po' tutte, ma il radicalchiccismo è qui all'ennesima potenza, sei avvertito ;)

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